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Quelli che la Mondadori

La legge sullo sconto fiscale a Mondadori, ha aperto una questione sull’opportunità etico/politica del prosieguo della collaborazione tra alcuni scrittori antiberlusconiani e la casa editrice.
 
Molti di questi intellettuali hanno confermato il rapporto di lavoro, per l’inesistenza di pratiche censorie nel gruppo di Segrate. In particolare hanno sostenuto che non c’è motivo di interrompere la collaborazione con una casa editrice, quando questa assicura ampia libertà nella pubblicazione dei libri.
 
Allo stesso modo ha risposto Eugenio Scalfari nel fondo del 25 agosto.
 
Le motivazioni addotte dagli scrittori e dal Direttore per giustificare la permanenza in Mondadori, non mi sembrano in sintonia con il problema prospettato. Le sollecitazioni di Mancuso, il filosofo che ha sollevato il problema, non nascono da un caso censorio. La questione non riguarda la libertà di espressione dell’autore, il grado di libertà goduto dallo stesso, ma l’incidenza del rapporto di lavoro sull’autorevolezza dello stesso, sulla sua credibilità presso il lettore.
 
Il problema riguarda:
- la praticabilità di un rapporto di lavoro di uno scrittore critico del berlusconismo, con un’azienda di Berlusconi;
- la coerenza e quindi la credibilità dello scrittore (la credibilità è un patrimonio prezioso per uno scrittore giacchè si riflette sulla credibilità dei suoi libri);
- il rapporto scrittori e lettori più che il rapporto Mondadori/ scrittori;
 
E’credibile un autore, critico del conflitto d’interessi, che lavora per un datore di lavoro in conflitto d’interessi? E’ credibile uno scrittore castigatore degli abusi di potere, se lavora per un soggetto che utilizza il suo potere politico per favorire le proprie aziende? E’ credibile uno scrittore che si batte per la morale dell’impresa , se lavora per un’azienda la cui vita, da un certo momento in poi, è stata lambita da vicende penali?
 
Queste sono le domande insite nella questione sollevata del teologo Mancuso, a cui gli autori della Mondadori dovevano rispondere. E invece hanno parlato di libertà di espressione, di correttezza dei dirigenti della casa editrice regalando alla stessa una patente di liberalità.
 
E d’altra parte la fedeltà degli scrittori alla casa editrice, non è un’operazione neutra. Una società editrice abbandonata dai suoi scrittori è delegittimata perde autorevolezza e forza. Viceversa una società editrice che conserva i suoi scrittori, viene legittimata e acquista prestigio ed importanza.
 
Un bel regalo per il gruppo di Segrate! Il fatto è che non si può criticare Berlusconi e poi aiutarlo, non si può criticare il suo potere mediatico e poi irrobustirlo.
 
E mentre si dibattono in queste contraddizioni, e perdono pezzi di credibilità, lasciano nello sconcerto e nel dubbio i loro lettori che nei libri e negli articoli leggono invettive contro la legge bavaglio voluta dal padrone della Mondadori, e negli attestati di fedeltà alla casa editrice, una esaltazione dello spirito liberale della casa editrice.
 
L’assenza di censura in Mondadori non deriva da un approccio liberal al mondo della cultura, ma da una precisa scelta economica e politica. La Mondadori non ha interesse a censurare un libro, perderebbe quattrini ed autori. Ma c’è la libertà di espressione! A che vale, però, se essa è inquinata dall’inaffidabilità di chi scrive e dal dubbio di chi legge?
 
Un bel affare per la Mondadori la libertà di espressione!
Una patacca elargita in cambio della credibilità di chi scrive e del dubbio e dello sconcerto di chi legge.

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