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Quei "moderati" sanguinari: la realtà si prende la sua rivincita

Quell’aggettivo "moderato", ossessivamente ripetuto per anni aveva finito per nascondere la realtà che, adesso, si prende la sua rivincita. Non erano e non sono regimi "moderati" ma regimi autoritari "amici" guidati da dittattori che tutelavano, sulle spalle dei propri popoli, gli interessi economici e geopolitici dell’occidente. Così Luigi Sandri, già inviato dell’ANSA a Tel Aviv ci spiega cosa sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo.

Pistoia. Quell'aggettivo "moderato", ossessivamente ripetuto per anni aveva finito per nascondere la realtà che, adesso, si prende la sua rivincita. Non erano e non sono regimi "moderati" ma regimi autoritari "amici", guidati da ditattori che tutelavano e tutelano, sulle spalle dei loro popoli, gli interessi economici e geopolitici dell'occidente.

Luigi Sandri non ha certo l’aspetto del grande “inviato”, eppure lo è. E’ stato corrispondente dell’ANSA da Mosca e Tel Aviv e adesso spiega, con grande lucidità e parole semplici, a poche persone curiose, la posta in gioco nel Maghreb, nei paesi arabi e in quelli del Golfo. Hai subito l’impressione che trabocchi di cose da dire e faccia fatica a contenerle, nell’ora scarsa di introduzione che gli viene concessa. Con il disincanto di chi conosce le cose del mondo ma non ha abdicato al cinismo e alla rassegnazione, ti regala una serie di “perle” che vale la pena condividere. Spesso prende in mano il telefonino e dice “Ora hanno questo!” e intende dire che la rivoluzione digitale non è certo la causa di quello che succede, ma lo strumento indispensabile per “fare comunità” e impedire il “divide et impera” da sempre arma letale dei regimi autoritari e dittatoriali.

Te lo immagini nel cuore della storia futura, quando racconta di ciò che ha appena ascoltato in Libano o nei colloqui con le giovani donne di Teheran. Stiamo assistendo a qualcosa di epocale, ci dice, la storia sarà divisa dall’anno 2011 e noi abbiamo la fortuna di essere presenti. Non sappiamo quello che accadrà, come si evolveranno le cose. D’altra parte non lo sanno e non lo sapevano i grandi della terra, i potenti che hanno a disposizione servizi segreti e grandi reti diplomatiche. Fino a pochi giorni fa, credevano ancora nell’immutabilità del quadro internazionale. Credevano ancora alla favola che avevano inventato, coniando l’aggettivo “moderati” per i regimi “amici”. Anche noi avevamo finito per crederci, avendolo ascoltato, quell’aggettivo, ossessivamente ripetuto da un’informazione sempre più pigra e, non è un paradosso, disinformata.

Mubarak era un moderato, così come Ben Ali e Gheddafi. In realtà erano solo regimi che stavano “dalla nostra parte”, che avevano accettato le nostre condizioni in cambio di ampie royalties e della conservazione dei privilegi e del potere. Il velo è squarciato e, adesso, si apre una fase nuova di cui non siamo in grado di prevedere gli esiti e che dovremmo affrontare con una consapevolezza: avremo a che fare con realtà che pretendono di essere trattate “da pari a pari”, che non accetteranno più di far pagare ai propri popoli il prezzo della stabilità geopolitica e del benessere occidentale. Dovremo contrattare nuovamente le condizioni, e questo non sarà indolore. Tutto questo avrà un prezzo e inciderà sul nostro benessere e sul nostro stile di vita.

Sandri sembra sapere ciò di cui parla, quando afferma che la situazione mediorientale dipende dalla decisione egiziana sul valico di Rafah, l’unica via di libertà possibile per i palestinesi di Gaza, ora chiusa, domani chissà. Sembra sapere il fatto suo quando afferma, con decisione, che saranno le donne a cambiare l’Iran, quelle donne che frequentano le università più degli uomini, che parlano l’inglese e che dicono del velo: “deve essere una scelta, non un’imposizione”. Sembra convincente quando dice che i popoli a sud del Mediterraneo non capiscono i nostri “doppi giochi”, la nostra difesa della democrazia a corrente alternata e la nostra “superiorità” esibita che ci rende insopportabili ai loro occhi.

Vedremo, tra non molto, se queste considerazioni potranno dirsi profetiche. Nel frattempo, il terremoto geopolitico in atto ci mostra chiaramente due realtà: l’impreparazione dei nostri politici e il ruolo che possiamo giocare noi, gente comune. Sul primo fronte, l’ammonimento è senza mezzi termini: i nostri politici, i nostri parlamentari, hanno mandato i nostri giovani soldati in guerra in un paese, l’Afghanistan, di cui non avrebbero saputo individuare i confini; ora, questa gente non saprebbe dire che differenza c’è tra un sunnita e uno sciita, sebbene da lì passi la possibilità di nuove guerre e di nuovi nostri coinvolgimenti. L’ignoranza al potere. Sul secondo fronte, piccoli gesti possono aiutare a cambiare l’atteggiamento ostile verso l’occidente. Tramite i social networks o nelle nostre città, raggiungiamo i cittadini egiziani, tunisini, libici, iraniani e facciamo sentire loro la nostra vicinanza. Facciamo gesti gratuiti di solidarietà, facciamo capire loro che apprezziamo il loro sacrificio e siamo dalla loro parte, nonostante i governi e le cancellerie. Un milione di gesti può produrre il diffondersi di sentimenti di empatia di cui ci si ricorderà quando la democrazia conquisterà il potere: la rabbia contro i governi amici dei dittatori potrà essere mitigata dalla simpatia verso i semplici cittadini, amici presenti nella difficoltà più grande.

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