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Quanto fumo sulla Tobin Tax

L'estensore della proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione di una imposta sulle transazioni valutarie, avanzata dalla associazione ATTAC e depositata in Parlamento nel 2002 con 180.000 firme di sostegno, spiega i risvolti dell'odierna proposta di Tobin Tax

 

Quando Keynes (1936) e Tobin (1972) proposero, rispettivamente, un’imposta sulle transazioni finanziarie e un’imposta sulle transazioni valutarie, il loro scopo prioritario era quello di fissare un’aliquota sufficientemente elevata in modo da scoraggiare le transazioni. Il proposito principale, infatti, non era quello di ricavare gettito dagli scambi di titoli o di valuta. Al contrario, l’intento era di scoraggiare quegli scambi. In particolare, Keynes mirava a render costose le transazioni al fine di ridimensionare il ruolo della Borsa. Tobin puntava a rendere onerosi i movimenti internazionali di capitale in modo da ripristinare almeno in parte la sovranità dei singoli paesi sulla politica monetaria.

L’imposta di cui si parla oggi, invece, viene concepita con un’aliquota bassa, che cioè non scoraggi le transazioni. Il motivo è semplice: si vuole ottenere gettito fiscale dagli scambi, per cui questi non devono essere disincentivati. Apparentemente, tirare fuori un po’ di soldi dagli operatori finanziari sembra una mossa giusta e radicale, degna della tassa talvolta ribattezzata “Robin Hood”. Ma la verità è che, in tal modo, la vecchia e oggettivamente interessante proposta dei due maestri del pensiero economico viene ridotta alla stregua di un piccolo pedaggio: si dice infatti agli operatori finanziari che essi sono assolutamente liberi di scorazzare sulle autostrade dei mercati internazionali, purché ad ogni passaggio paghino un modestissimo obolo…

Naturalmente, l’adozione di una imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe comunque esser salutata con favore, se non altro perché magari, in seguito, lo strumento potrebbe essere riorientato sui suoi veri obiettivi originari.

E’ chiaro però che considerare questa imposta - specialmente la sua attuale versione - come una “panacea” è semplicemente ridicolo. La polemica corrente intorno alla "imposta pedaggio autostradale" è dunque in gran parte fatta di fumo, e ci distrae soltanto dai problemi urgenti che incombono sulle nostre teste.

Emiliano Brancaccio*

* estensore della proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione di una imposta sulle transazioni valutarie, avanzata dalla associazione ATTAC e depositata in Parlamento nel 2002 con 180.000 firme di sostegno.

 

Per approfondimenti

 

Il granello di sabbia. I pro e i contro della Tobin tax (a cura di R. Bellofiore e E. Brancaccio)

La Tobin tax tra compatibilismo e conflittualismo 
(in E. Brancaccio, La crisi del pensiero unico)

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.108) 13 gennaio 2012 11:49
    Damiano Mazzotti

    Ha mai sentito parlare di prendere due piccioni con una fava? Con la giusta aliquota si potrebbero ridurre le transazioni finanziarie troppo speculative e incassare un bel po’ di tasse.

    I veri economisti dovrebbero applicare i loro studi matematici anche a queste cose.

  • Di (---.---.---.85) 13 gennaio 2012 12:13

    Mazzotti, hai mai sentito parlare del fatto che per determinare la "giusta" aliquota, come dici tu, bisogna definire i parametri della funzione obiettivo? Il prof. Brancaccio insiste sulla necessità di fissare i parametri in modo soprattutto da scoraggiare le transazioni. Come vedi, i famosi "due piccioni" non i prendono tanto facilmente come pensi. 

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