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Quando l’ateo insegnerà religione...

Sì o no alla presenza dell’insegnante di religione agli scrutini, per attribuire i crediti agli studenti che hanno studiato la materia? Sbaglia il TAR quando dice no, sbaglia il ministro Gelmini che vuole cambiare la sentenza del TAR, sbaglia la Chiesa che ricorre allo spauracchio dell’illuminismo.

Il problema vero e di fondo non è l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche o statali, ma l’insegnamento della religione CATTOLICA in Italia o l’insegnamento della religione MUSULMANA in Egitto.

Per inquadrare esattamente il problema, bisognerebbe sganciare l’insegnamento della religione dal particolare credo religioso e fare diventare la teologia una scienza, con propri statuto e metodologia, con regole per le ricerche e le pubblicazioni, con le specifiche materie da insegnare e da apprendere, con i vari titoli rilasciati dalle Università Statali.

Oggi invece, per diventare docenti di religione cattolica nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, bisogna aver studiato teologia in una Università Cattolica e ricevere il mandato del Vescovo per partecipare al concorso ed essere inseriti in graduatoria . Praticamente l’insegnamento della religione in quanto cattolica è un monopolio della Chiesa al quale essa non vuole rinunciare perchè le procura innumerevoli vantaggi.

L’abolizione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole è un errore, in quanto questa posizione riflette il vetero laicismo. La corretta posizione laica dice sì all’insegnamento della religione come scienza ed invita la Chiesa ad adeguarsi.

La difesa ad oltranza dell’insegnamento della religione cattolica, mostra che alla Chiesa importa più il proselitismo che non di aiutare l’uomo a definire la sua identità religiosa con gli strumenti offerti dalla teologia come scienza e dalle scienze, come la psicologia, la psicanalisi, le neuroscienze.

Una volta istituite le facoltà di teologia o religione nelle Università Statali, vi potrebbero accedere studenti di fede cattolica, buddista, islamica,protestante od anche atei, e si risolverebbe così anche l’altro problema, dell’insegnamento della religione in una società pluralistica, multiculturale, multietnica evitando di finire nella bolgia della nomina degli insegnanti di ogni religione da infilare nelle scuole pubbliche.

Ciò che è risolutivo è considerare essenziale la religione e non la fede. Che ci siano e siano garantite le ragioni per credere, e non al contrario, come oggi avviene, che la credibilità della religione discende dalla fede, cioè dal dato rivelato, cosa che fatalmente sfocia nelle lotta religiosa, in quanto ogni confessione religiosa è portata a difendere la propria rivelazione come certa e migliore rispetto all’altra o alle altre.

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