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Quando il business del porno non tira più

I due pesi massimi del porno statunitense, Larry Flint e Joe Francis si accingono a chiedere 5 miliardi di dollari di fondi federali di salvataggio, a sostegno di un’industria che i due considerano meritevole di bailout, esattamente come quella automobilistica.

Le evidenze di crisi del settore non sono tuttavia univoche: il fondo hedge AdultVest, specializzato nell’adult entertainment, nel 2008 avrebbe conseguito un rendimento del 50 per cento, almeno secondo quanto sostiene il suo fondatore Francis Koenig.



Un dato da prendere con beneficio d’inventario, poiché non vi è modo di certificare la performance, e considerando il pessimo andamento delle imprese quotate del settore della pornografia. La piccola “morale” di questa notizia è che il “Grande Bailout d’America” difficilmente riuscirà a discernere tra aziende sane ma destabilizzate dalla crisi (quindi meritevoli di temporaneo sostegno pubblico) ed aziende destinate a soccombere per errori strategici del management e debolezza competitiva.

In questo senso, uno dei principali effetti collaterali negativi del bailout sarà il blocco o il rallentamento della naturale ecologia delle popolazioni aziendali. Qualcosa in cui noi italiani abbiamo indiscussa expertise, avendo passato decenni a sprecare denaro dei contribuenti per tenere in vita aziende decotte.

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