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Quagliariello e i talk-show. Il dibattito non quaglia

Quagliariello e i talk-show. Il dibattito non quaglia

Mentre l’Europa sta vivendo uno dei momenti più drammatici della propria storia dalla fine della Seconda Guerra mondiale ed i soggetti senzienti si interrogano, non senza angoscia, sui rischi di default che potrebbero mietere lavoro, risparmi e vite umane, il prestigioso vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, si arrovella sui talk-show televisivi.

In una fondamentale intervista concessa al Tempo, il senatore ragiona a voce alta:

I partiti all’interno hanno una loro vita, fatta di posizioni articolate e, a volte, contrastanti. Si discute, si decide e alla fine la voce all’esterno è e deve essere unica. Altrimenti ci sarebbero due partiti. Nessuno nega che si sia creata una dissidenza all’interno del Pdl e che lo scontro tra Fini e Berlusconi sia avvenuto, ma non possiamo pensare che da adesso in avanti diventi un’abitudine che due persone elette tra le file dello stesso partito vengano invitate nei salotti del piccolo schermo in quanto portatori di due posizioni diverse. In questo modo quello che viene fuori è un’immagine falsata del partito. Chi si deve adeguare non siamo noi politici. Noi possiamo e dobbiamo declinare qualche invito. Ma devono essere gli editori e i conduttori dei talk show televisivi a tornare a rispettare le regole della comunicazione politica: un esponente per un partito”.

Questo è effettivamente uno dei problemi più gravi che la nostra Repubblica sta affrontando: la “dissidenza” interna al Pdl. Un partito nel quale è in via di consolidamento un vocabolario sovietizzante. C’è il “centralismo democratico” che tanto piace all’ex comunista Bondi; ci sono gli “epurati”, per autodefinizione di Italo Bocchino. E ora c’è pure la certificazione della dissidenza. Il filo che lega queste legittime angustie di Quagliariello è l’esigenza di poter “servire il popolo” nel migliore dei modi possibili, ovviamente. Agli “editori e conduttori di talk show televisivi” la solenne promessa di un percorso di rieducazione, in caso invitassero i “compagni pidiellini che sbagliano”.

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