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Prossime elezioni politiche: Camera al centro-sinistra e Senato al centro-destra?

Fare delle previsioni sulle elezioni, quando non si sa quando si voterà, con quale sistema elettorale e con quali partiti e coalizioni è come azzeccare il superenalotto del secolo. Però bisogna provarci perché è sulla base di queste aspettative che lorsignori cercheranno di imbastire una qualche legge elettorale a loro uso e consumo.

Partiamo supponendo che la legge resti quella attuale. In primo luogo identifichiamo i poli che, grosso modo, potrebbero essere tre:

Destra (Pdl, civiche collegate, Destra di Storace forse, ma è poco probabile, la Lega)

Centro sinistra (Pd, Udc, eventuali civiche come quella dei sindaci o quella ispirata da Repubblica, di cui si parla)

M5Stelle.

Restano fuori, da collocare: Lega, Fli-Fini, socialisti, radicali, Sel, Idv, Rifondazione, Pdci ed alcune possibili novità come la lista di Cordero di Montezomolo, Alba o una lista di ispirazione Fiom. Allo stato dei fatti, una lista Cordero-Monti sembra una ipotesi tramontata. Nessuno di questi gruppi ha la forza, da solo o in coalizione, di costituire un polo competitivo, per cui, o si presenterà da solo, sperando nel 4%, o finirà per scegliere una coalizione. A poter plausibilmente sperare in un 4% da soli ci sono solo Lega, Sel ed Idv, che potrebbero correre una avventura solitaria, mentre dei nuovi possibili partiti, solo Montezemolo potrebbe coltivare la speranza del 4%, ma con molti rischi di restare a terra. Gli altri o si accasano in qualche coalizione o, piuttosto, devono confluire in qualche altra lista perché non hanno il 2% che gli assicurerebbe di entrare in Parlamento attraverso una coalizione.

Per cui facciamo questa ipotesi:

Lega: da sola o con la destra berlusconiana.

Montezemolo: da solo o con il centro sinistra.

Fli: probabilmente in qualche lista del centro destra o in qualcuna del polo di centro sinistra (ad es. Udc, Api o simili).

Api: più o meno come per Fli

Sel: con il centro sinistra o con una coalizione propria con Alba, Fiom e forse Idv, più difficilmente con 5 stelle.

Radicali: forse con 5 stelle.

Socialisti: in qualche lista nella coalizione di centro sinistra, più difficilmente nel polo Sel se esso dovesse costituirsi.

Pdci: nelle liste Pd.

Rifondazione: in qualche lista del centro sinistra o di un eventuale polo Sel, ma non è da escludere una intesa con l’Idv.

Alba e Fiom, nel centro sinistra o in un eventuale polo-lista con Sel.

Nel complesso, possiamo trascurare Fli, Api, socialisti, radicali, Alba, Rifondazione e Fiom come sostanzialmente irrilevanti ai fini della competizione finale (si tratta, probabilmente di meno del 10% da dividersi, che, quindi si compensa). Qualche variazione apprezzabile può venire dalle scelte di Lega, Sel, Idv e, forse, Cordero. Diamo l’Idv per perso alla coalizione di centro sinistra e per accorpato al M5s o da solo. Consideriamo per ciascuno dei tre blocchi una forchetta fra il minimo ed il massimo.

Abbiamo questo quadro:

Destra: è la forchetta più ampia, sia perché occorre considerare le scelte della Lega (e, forse, di Cordero), sia perché è difficile valutare quanto potranno recuperare dall’astensione le eventuali civiche di contorno. Per cui diremmo che, per ora, appare credibile una forchetta molto ampia: dal 23 al 39%. Ovviamente il risultato massimo postula sia il massimo di ampiezza della coalizione (Lega, forse Cordero, pezzi di Udc, Fini, gruppi locali) sia una larga confluenza di astenuti. Mentre, il risultato minimo, corrisponde grosso modo all’area storica di Forza Italia, pur diversamente distribuita e registrerebbe l’insuccesso sia della ricerca di alleati che della raccolta di voto astensionista.

Centro-Sinistra: anche qui occorre considerare una serie di variabili legate all’ampiezza della coalizione (rilevante è il caso di Sel e la possibilità che si formi un polo alternativo intorno ad essa), a quanti voti porterà effettivamente Casini e quanti ne eroderà ancora Grillo. Per cui possiamo considerare una forchetta dal 27% (l’area solita del Pd con qualche contorno di Udc-Api) al 39-43% (coalizione vasta che include sia l’Udc che Sel, e buon contenimento delle eventuali perdite verso la Destra e verso Grillo)

M5s: qui la forchetta si fa meno ampia, sia perché l’ipotesi di alleanza si riduce alla sola Idv (al massimo anche a Sel), sia perché la banda di oscillazione dei consensi è più contenuta. Nelle amministrative M5s ha “sfondato” solo in due regioni (Piemonte ed Emilia), ha avuto risultati discreti in altre tre (Liguria, Veneto e Toscana), ha “arrancato” in Lombardia ed ha stentato in tutto il centro-sud, insomma, il bottino presumibile di maggio si aggira un po’ sotto il 9%. Come è naturale, da allora è iniziato il doppio fenomeno della “luna di miele con gli elettori” e della “corsa al carro del vincitore” da parte di aspiranti parlamentari. I sondaggi parlano di un 19-20% che, però, potrebbe essere eccessivo, sia perché questo registra gli umori immediatamente posteriori al successo di maggio, sia perché il ritorno in massa di elettori astensionisti verso i due poli maggiori (e a quello di destra in particolare) ridimensionerebbe un po’ il risultato grilliano. D’altra parte, se l’approfondirsi della crisi e lo spappolamento di immagine dei partiti giocano a favore di Grillo, però è anche vero che un eventuale insuccesso a Parma e la formazione delle liste (che è facile prevedere tormentata) potrebbero giocargli contro.

Il punto delicato riguarda il sud e la Lombardia: sia nell’uno che nell’altra il movimento non è andato al di là del 3% e spesso è restato molto al di sotto di questa asticella, questo significa che, se questo dato non si modifica sensibilmente, per raggiungere il 20% nazionale, il M5s ha bisogno di prendere il 34-35% nelle rimanenti regioni, il che non appare realistico. A dare una spinta decisiva nel sud (Napoli, Palermo, Molise) potrebbero arrivare i rinforzi dell’Idv che qualche contributo lo darebbe anche in Lombardia. Calcolando qualche ulteriore flusso elettorale dal Pd e da Rifondazione, è possibile che questo polo si assesti fra il 15% (risultato peggiore che sconta una “fermata” nell’afflusso di consensi ed un certo rientro di astensionisti a favore dei due poli maggiori) ed il 25-27% (risultato che sconta sia l’ingresso in coalizione dell’Idv sia il massimo di espansione dei consensi al movimento).

Un eventuale polo Sel-Alba-Fiom-Rifondazione potrebbe raggiungere il 7-9% che salirebbe ad un possibile 12-13% con l’Idv (se dovesse fallire l’intesa Di Pietro-Grillo): abbastanza per dare un colpo serio alla coalizione di centro sinistra, ma troppo poco per entrare in competizione, per cui potrebbe trovarsi in difficoltà per il solito discorso del “voto utile”. Poi ci sarebbe quel 6-10% di eventuali “non collocati” che vanno in solitaria.

Considerando le mediane, abbiamo questi valori: Destra 31%, Centro sinistra 35%, M5s 21%, eventuale polo Sel 10%.

Pertanto, a tutt’oggi, chi sta messo meglio è il blocco Pd-Udc con il suo 35%, ma deve guardarsi da tre insidie convergenti: la “resurrezione” del Cavaliere, l’erosione di voti sui due fianchi e l’eventuale presenza di un polo Sel. Dunque, una partita non decisa, anche se Bersani resta il favorito. Alla Camera questo basterebbe, ma i guai verrebbero dal Senato. Infatti, alla Camera, con la legge attuale, un solo voto di scarto basta per aggiudicarsi il 54% dei seggi, ma al Senato le cose stanno diversamente, perché il premio scatta regione per regione (e non è possibile fare altrimenti, perché la Costituzione prevede che il sistema elettorale del Senato sia su base regionale) e questo spesso si compensa. Allora vediamo come potrebbe andare: probabilmente la Destra (con la Lega dentro) vincerebbe in Veneto e Sicilia, dove, però, sia Centro Sinistra che Grillo si spartirebbero i seggi di proporzionale mentre il Centro sinistra quasi certamente vincerà nelle quattro regioni tradizionalmente “rosse” (Emilia, Toscana, Umbria e Marche) dove gli altri si accontenterebbero dei seggi di proporzionale.

Le altre regioni (Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna) sarebbero tutte in bilico. Il M5s potrebbe avere qualche possibilità di arrivare primo in Piemonte o in Molise, mentre un eventuale polo Sel potrebbe puntare sulla Puglia. Ma, nel complesso è ragionevole che i due poli maggiori si spartirebbero tutti i premi di maggioranza regionali o quasi. Il guaio è che, anche in questo caso, potremmo avere un esito di questo tipo:

Destra: 140-145 seggi.
Centro Sinistra ed eventuale polo Sel: 140-145 seggi.
M5s-Idv 30-35 seggi.
Altri 0-5 seggi.

Cioè, nessuno avrebbe la maggioranza: anzi, per effetto della eventuale concorrenza a sinistra (nel complesso il M5s attinge più al serbatoio di sinistra che a quello di destra e l’eventuale polo Sel attingerebbe solo a quello di sinistra) la destra potrebbe conquistare quasi tutte le regioni in bilico, superando i 170 seggi e, dunque, conquistando la maggioranza assoluta con un effetto “anatra zoppa”: Camera al centro sinistra e Senato alla destra.

A complicare le cose c’è poi il primo impegno del nuovo Parlamento: l’elezione del Presidente e non è detto che il centro sinistra, pur conquistando la Camera, abbia la maggioranza, sia per l’eventuale sconfitta al Senato, sia per effetto dei delegati regionali, fra i quali prevarrebbero quelli di destra, stanti i rapporti di forza formatisi nel 2010. E si consideri che occorrerebbe trovare un nome di compromesso (Monti?) anche solo per sciogliere il Parlamento ed andare a nuove elezioni, perché quello in carica sarebbe nel semestre bianco e non potrebbe sciogliere le camere.

Bella situazione, vero?

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