Poltergeist, la parte migliore sono i pagliacci

Non è male il Poltergeist di Gil Kenan (come sapete tendo a non considerare i remake in relazione ai film che li hanno ispirati ma come entità autonome), ha una buona preparazione, molto classica, degli ottimi dettagli, splendidi effetti speciali, alcune sequenze interessanti. Poi però si perde nella soluzione della vicenda, che viene butatta lì in due minuti e tanti saluti.

Lui e lei si trasferiscono nella nuova casa con la figlia adolescente ed i due bambini più piccoli. la casa nuova non piace a nessuno ma la crisi e la perdita del lavoro li costringe alla scelta.

In realtà alla bambina la casa piaciucchia, soprattutto le piace parlare con alcuni amici che vivono nell’armadio e nella televisione. I quali amici ad un certo punto la risucchiano in un aldilà parallelo.

Per tirarla fuori dalle pareti della casa ci sarà bisogno dell’intervento di un famoso acchiappafantasmi televisivo.

La vicenda, lo vedete, è molto tradizionale, come pure la preparazione.

Il momento migliore è però proprio la preparazione, con i primi rumori, le prime cose strane e – soprattutto – la sequenza molto inquietante dei pagliacci (del resto, si sa, i pagliacci al cinema hanno una lunga tradizione di inquietudini).

Gli spiriti che provocano il poltergeist vengono affrontati da una squadra di acchiappafantasmi che usa un mix di mezzi antichi (una corda fissata al muro) e moderni (localizzatori gps e un drone).

L’ingresso in scena di Jared Harris è da star hollywoodiana (o da Peter Vincent se preferite) e il film funziona.

Peccato solo che poi al momento buono, quando tutto si deve risolvere, si tira via in due minuti una soluzione davvero troppo semplice.