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Pasquino, l’Italia e le “Istituzioni di Arlecchino”

Chi volesse approfondire lo studio dei sistemi politici può leggersi “Le istituzioni di arlecchino” (www.scriptaweb.it, 2008), un’altra creazione del famoso politologo Gianfranco Pasquino, che rappresenta un’accurata panoramica a 360 gradi dell’universo politico italiano.

Nel libro si parla quindi di leggi elettorali e di riforme costituzionali, di federalismo, di premierato, di presidenzialismo, ecc. Comunque, con il crollo delle ideologie, si è aperta la discussione sulle qualità e i rendimenti delle democrazie, che sono legate alla capacità di autocorrezione e di fare le riforme. In tutte le democrazie sono previste alternanze di partiti e il ricambio delle classi dirigenti e politiche. Tranne che in Italia (e in Giappone fino a l’altro ieri). Infatti in Italia, moltissimi politici dei vecchi partiti si sono riciclati nei nuovi partiti e “i politici nuovi non esistono; nel migliore dei casi, sono in Parlamento da almeno vent’anni: i più potenti fra loro all’incirca trent’anni, sei o sette legislature. È perfettamente comprensibile, pertanto, come quella circolazione di idee che si accompagna inevitabilmente e felicemente alla circolazione delle persone risulti molto limitata, sempre più carente nel caso italiano”, rispetto ai più importanti paesi europei (p. 19 e 20).

Nell’Italia repubblicana degli ultimi vent’anni “lo stile di governo è stato caratterizzato non dalla leadership, ma dalla mediazione e i rapporti fra governi e opposizione sono stati improntati non alla competizione su proposte e programmi alternativi, ma alla consociazione su interessi e risorse” (Pasquino, p. 20). Sono quattro i fattori che spiegano queste sistematiche carenze di governance, di alternanza e di riforme: “il sistema istituzionale, l’improponibilità dell’alternando, la natura del partito dominante, la configurazione delle coalizioni di governo” (p. 21).

Un buon sistema istituzionale dovrebbe “garantire partecipazione e influenza politica ai cittadini; consentire rappresentanza politica a tutti gli interessi, più o meno organizzati (anche non a livello parlamentare); rendere possibile, facile, trasparente e verificabile la decisione” (p. 21). Invece una forza alternativa diventa improponibile quando trascura i cittadini e quando “i suoi rappresentanti difendono a denti stretti tutti gli spazi di rappresentanza conquistati, tutte le modalità consolidate di contrattazione consociativa, tutte le rendite di posizione acquisite” (p. 27). Le diverse azioni politiche dipendono poi anche dalla natura del partito dominante, cioè di quel partito che ottiene la maggioranza relativa e che non può essere escluso dalle coalizioni di governo, e che detiene circa l’80 per cento del potere con circa il 30 per cento dei voti. In genere questo partito deve anche intrattenere rapporti molto stretti con il Vaticano, gli organi fondamentali dello Stato (magistratura e forze di polizia) e le organizzazioni internazionali e i grandi paesi esteri (in primis gli Stati Uniti). Inoltre la storia delle coalizioni di governo italiane rivela i gravi problemi della non decisionalità e della scarsa o nulla “assunzione delle responsabilità individuali e collettive di quanto le coalizioni fanno e non fanno” (p. 36). C’è poi il gravissimo problema della lottizzazione che “è figlia della rappresentanza proporzionale e nipote delle coalizioni di governo multipartitiche. Può essere spezzata e ridimensionata soltanto attraverso l’alternanza e la riduzione dell’area del settore pubblico lottizzabile” (p. 38). Purtroppo l’alternanza non garantisce il riformismo, però “senza alternanza il riformismo appare quasi impossibile” (p. 40) e si rafforzano le oligarchie e gli abusi di potere.

Anche le elezioni dell’aprile 2008 hanno dimostrato l’estremo conservatorismo della politica e della società italiana: “il Partito Democratico e la quasi totalità dei suoi dirigenti, che hanno perso sonoramente le elezioni, ma hanno conservato il posto e i privilegi, hanno preferito eludere le riflessioni dedicandosi alla costruzione di quelle che chiamano pudicamente Fondazioni, ma che sono sostanzialmente aggregazioni di sostenitori pronti ad organizzarsi in vigorose, non sappiamo quanto “pensanti” e innovative correnti” (p. 7). E persistono i politici di professione che non hanno mai lavorato nella loro vita. E sarebbe ora che si dedicassero al volontariato invece di continuare a succhiare soldi da tutte le parti (gli stipendi, i bonus e le varie commissioni). Almeno in Cina gli incapaci vengono mandati via e segnati a vita. Questo perché i cinesi hanno la dignità per reagire.

In tutte le democrazie occidentali o di derivazione occidentale come il Giappone il sistema politico bipolare è entrato in crisi: gli elettori sono costantemente in calo e le due correnti politiche di “destra e di sinistra” non sono in grado di apportare nuove idee e linfa vitale alla società e all’economia. Le mediazioni e le consociazioni con i gruppi bancari, finanziari e industriali sono la regola e l’interesse nei confronti di tutti i cittadini è l’eccezione. Infatti a troppi rappresentanti di governo e dell’opposizione può risultare facile mettersi d’accordo anche perché si sa che basta aspettare una o due legislature e poi anche gli oppositori si ritroveranno al governo. Forse solo la nascita di un terzo modo di fare politica e quindi di una Terza Forza in grado di allearsi a turno con parti della destra o della sinistra, può garantire in molti casi e in molti periodi storici la scelta delle idee e delle soluzioni migliori, o perlomeno la scelta altrettanto vantaggiosa dei mali minori (che è la possibilità di scelta più diffusa nel mondo reale dei cittadini, che è ben diverso da quello ideale ).

E il vero salto di qualità nell’evoluzione politica e civile si farà quando si smetterà di seguire la regola primitiva e animalesca “dell’ordine di beccata” che privilegia i più anziani: infatti come ci spiega bene la scienza etologica noi seguiamo ancora le regole dei primati dove i più vecchi si pappano quasi tutti e ai più giovani vengono riservate le briciole. Quando rimangono…

Pasquino desidera una nuova sinistra italiana moderna, riformista, non ideologica e di stampo socialdemocratico europeo. Io invece desidererei anche un Terzo Orizzonte migliorista di interposizione e negoziazione, creato dalla fusione di alcuni movimenti autonomi dei cittadini e dai movimenti di alcuni nuovi politici molto innovativi. E forse verrà anche il turno dell’Italia Futura e dell’originale movimento europeo Newropeans, che vuole rinnovare le istituzioni europee facendo il primo passo di dare il diritto di voto ai sedicenni per poter rinnovare una società piena di facce da museo delle cere. Infatti l’abnorme invecchiamento della popolazione si riflette pure in un abnorme invecchiamento delle idee e dell’economia. Inoltre i vecchi e gli anziani che operano in politica godono di un vantaggio spropositato: durante i loro numerosi anni di vita hanno incamerato tutta una serie di contatti e relazioni che hanno mostruosamente innalzato la loro visibilità e fama, nonostante i moltissimi casi di inconsistenza e debolezza intellettuale e morale.

Infine arrivo alla questione centrale della politica di oggi e di ogni tempo: “il potere politico nasce dal sistema elettorale” e “sono i cittadini a dovere tentare di imporre il sistema elettorale che preferiscono” (nota di p. 206). Altrimenti ci si lascia prendere per i fondelli come è accaduto da due legislature attraverso la legge porcata e truffaldina che sottrae ai cittadini il potere di decidere i propri rappresentanti parlamentari e affida tutto in mano ai Padrini a capo dei partiti.

 P. S. “Non l’età conta; bensì lo sguardo addestrato a scrutare senza pregiudizi nelle realtà della vita, la capacità di sopportarle e l’intima maturità di fronte ad esse” (Max Weber).

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