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Pareggio di Bilancio: perché va abrogato

Il pareggio di bilancio è il cardine della politica di austerità.

Certo che è strano sentire il Presidente del Consiglio proclamare la lotta santa contro l'austerità dell’Europa, mentre conserva nella nostra costituzione il pareggio di bilancio, che è il cardine della politica del rigore, e fa approvare dalla sua maggioranza, la legge sulla scuola, sulla sanità, e sul lavoro, che ne sono espressione ed applicazione.

Il pareggio di bilancio è la spina dorsale della politica rigorista, perché istituzionalizza il principio che lo Stato non può fare debiti, e quindi impedisce allo stato di impostare, politiche pubbliche espansive, di sostenere i propri cittadini che vogliono avviare un’impresa.

Preclude allo stato di investire a debito, nella sanità, nell’educazione e nella ricerca, e di incrementare, quella risorsa immateriale che è il capitale umano.

Ostacola la formazione del risparmio.

Se lo Stato fa politiche di deficit, ovvero se fa spesa pubblica, e introduce nel sistema, più denaro di quanto ne toglie con le tasse, può creare le condizioni per sollecitare il risparmio da parte dei cittadini.

 Ma il pareggio di bilancio preclude queste politiche. Il pareggio di bilancio ostacola la crescita.

Il pareggio di bilancio rende illegale la politica keynesiana, e precludere l'intervento pubblico in economia, che ha permesso con gli investimenti statali la ricostruzione del paese, e il contributo fornito dal sistema a ppss e in particolare dall’Iri.

Toglie pienezza e forza alle politiche espansive dello Stato, ai diritti fondamentali della persona.

E allora se l’obiettivo è la crescita, occorre rimuovere tutto ciò che l’ostacola, e quindi tutti i vincoli per lo Stato di qualsivoglia intervento in deficit spending sull’economia.

Bisogna iniziare a fare pulizia in casa nostra, a partire dagli articoli 81 e 119 della Costituzione.

Non esiste alcun impedimento giuridico o normativo al riguardo.

Il pareggio di bilancio, non deriva dai trattati, ma dal patto “europlus”, che è un accordo non vincolante, con cui i capi di stato e di governo, si sono impegnati ad introdurre in costituzione le regole del patto di stabilità e di crescita.

Il pareggio di bilancio soffoca i diritti fondamentali della persona. In uno stato costretto ad operare in una camicia di forza, che gli impedisce di indebitarsi, anche per curare i propri cittadini, per portare la luce elettrica o una strada ad un paesino isolato, che fine fanno i diritti fondamentali della persona?

I diritti della persona vengono assoggettati alle compatibilità economiche e finanziarie, definite dal governo italiano, ma gestite dalla Commissione attraverso il consenso o il rigetto, della richiesta di flessibilità presentata dagli stati.

E così succede che con la gestione delle compatibilità economiche e finanziarie, la Commissione, un organismo burocratico che non è stato votato da nessuno, gestisce anche i diritti fondamentali della persona.

Il pareggio di bilancio è incompatibile con la nostra costituzione

E tutto ciò è compatibile con l’“l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale “previsto dall’articolo 2?

E tutto ciò è compatibile con la tutela del risparmio di cui all'articolo 47 della costituzione?

Uno Stato che non può svolgere una funzione economica attiva, deve necessariamente affidarsi ai privati.

Investimenti privati, scuola privata, sanità privata, tutto ciò è compatibile con l’impianto della nostra costituzione?

Conclusioni

C'è l’ha presente questo Renzi, oppure l’ha dimenticato? E allora se l’ha presente, non può condizionare, con il pareggio di bilancio, i diritti fondamentali della persona.

Se non si spazzano via gli articoli 81 e 119 cost, il governo a Bruxelles resterà prigioniero della flessibilità, e di chi la concede o la nega.

E in questa condizione, non può fare quello che andrebbe fatto, cioè chiedere un Consiglio dei capi di Stato e di governo, di ridiscutere i trattati, il ruolo della Banca centrale, il rilancio degli investimenti.

In conclusione non può ridiscutere il pensiero economico liberale, che si fa legge suprema ed espropria i popoli dei diritti fondamentali della persona, ma anche del diritto di scegliere un governo deciso a ricorrere ad investimenti pubblici a deficit.

E quello che è successo in Grecia, che è la testimonianza e l’accusa della deriva autoritaria iperliberista del pareggio di bilancio.

 

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