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Padova: locale vietato a cani e albanesi

Le due normalissime ragazze albanesi hanno dovuto rinunciare al loro divertimento a causa di un'assurda discriminazione razziale

“Vietato l'ingresso ai cani”, c'è scritto sulla porta, il locale notturno più alla moda ed esclusivo della Padova-bene, nella centrale Via Sarpi, animato dagli universitari che frequentano uno dei più antichi atenei d'Europa: ci mancherebbe altro, vien da pensare, si tratta comunque di un locale in cui ci si va per ballare e per consumare un drink in allegra compagnia.

Da venerdì notte, però, in quel locale è vietato pure l'ingresso agli albanesi, maschi o femmine che siano. La denuncia proviene da due ragazze, immigrate da tempo immemore dalla vicina Illiria. Le due si sono messe a protestare ad alta voce chiedendo di poter parlare con il direttore della struttura ma per tutta risposta è sopraggiunto un altro buttafuori che senza tanti complimenti le ha invitate a sloggiare. Beffardo, poi, ha soggiunto: “Non siete l'unica razza indesiderata, neanche i rumeni li vogliamo”. Sarà, ma qualche minuto dopo alcune bellissime ragazze originarie dello Stato neo-comunitario sono state fatte entrare.

Il vergognoso episodio è emerso grazie alla testimonianza di alcuni giovani veneti che, assistito alla scena schifati, hanno deciso, per solidarietà, di rinunciare ad entrare nel locale. La gran parte dei giovani che quella sera si trovava alla porta insieme alle due giovani originarie d'Oltre-Adriatico è invece entrata, non dimostrandosi solidale con il dramma che Albana ed Eneriketa stavano vivendo.

Un giovane padovano presente quella sera, Gianluca Francescato, ha dichiarato alla stampa orripilato: “Le due albanesi, perfettamente sobrie, cercavano di far valere i propri diritti esprimendosi in un italiano quasi perfetto. Nessuno, però, le ascoltava, anzi la maggioranza era infastidita dalla loro presenza. Ho capito che quel locale è un luogo nauseante e sono andato altrove”.

Il locale, nato solamente tre mesi fa da una costola del Banale, altro noto locale notturno di Padova, è gestito però non da italiani ma - e qui sta la vera sorpresa - immigrati a loro volta. Sono vietnamiti. Uno dei legali rappresentanti della società che lo gestisce si chiama Thang Vien ed ha trentotto anni. Racconta che gli albanesi non sono soliti vestirsi con signorilità ma che il loro atteggiamento è quello dei classici “tamarri”.

Racconta, pure, che spesso e volentieri provocano risse, non disdegnando di usare il coltello od altre armi, per semplici questioni di donne. Racconta che sono soliti entrare nei locali in gruppi numerosi tutti formati da connazionali. In definitiva si evince che secondo i vietnamiti non tutte le nazionalità sono uguali e alcune ormai si vedono costantemente assegnato il ruolo di cattivi.

Padova è una città governata dalla sinistra, il sindaco Zanonato proviene dalle fila del Partito Democratico, ma tra muri, fili spinati e locali vietati agli albanesi si ha, quasi quasi, la percezione di trovarsi nel profondo Sud degli Stati Uniti ai tempi della segregazione razziale. Tanti romeni, perfettamente integrati, addirittura ci dicono che c'è maggior attenzione ai loro bisogni nelle città governate dalla Lega Nord come Treviso o Verona.

A Palazzo comunale, nella maggior città universitaria del Nord-est, siede tra i banchi della maggioranza la consigliera del Partito Democratico, Nona Evghenjie, romena, eletta grazie ai suffragi dei suoi connazionali, che in quanto comunitari possono votare alle elezioni locali, ma anche grazie ai voti di molti patavini autoctoni.

Al momento dell'insediamento affermò: “dal mio scranno di Consigliere lotterò affinché a Padova siano bandite le discriminazioni”. Ora, dal momento che la materia degli esercizi di somministrazione e dei locali da ballo è anche di competenza comunale, tanti sono gli extra-comunitari, appartenenti a nazionalità discriminate, ad aspettarsi con fiducia da lei un intervento in Consiglio.

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