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Padova, licenziamento magazzino Pam. Blocchi all’interporto

Il 30 settembre è stata la seconda giornata di mobilitazione fuori dall'interporto di Padova in meno di due settimane.

La prima volta era appena stato ucciso Abd ElSalam, a Piacenza, e i lavoratori del magazzino Pam di Padova reggevano uno striscione con il suo nome. La seconda raccontavano come, anche loro, ad ogni blocco e rallentamento (l'unica forma di lotta efficace per ottenere il rispetto dei diritti sindacali) si sentano in pericolo.

La prima volta un camionista aveva spinto un lavoratore avanti di un metro e la seconda, mentre il presidente di Interporto spa provocava i manifestanti da una ventina di metri di distanza, un altro camion provava a buttarsi in un piccolo spazio apertosi fra i cordoni.

Ma perché i lavoratori dei magazzini erano davanti ai cancelli dell'interporto?

I motivi sono molti e fin troppo noti, principalmente legati all'uso delle cooperative, ai contratti a termine, alla non applicazione del ccnl. In particolare in questo caso c'è l'ennesimo caso di licenziamento ingiusto, fatto tramite la subdola procedura di esclusione da socio della cooperativa, la quale comporta l'immediata perdita del lavoro senza potersi appellare ad un normale tribunale del lavoro. Si tratta di un licenziamento illegittimo che ha il solo scopo di intimidire i lavoratori che alzano la testa e rivendicano condizioni di lavoro dignitose. Una rappresaglia bella e buona che mira ad ostacolare la sindacalizzazione e le forme di autotutela dei facchini.

La risposta dei lavoratori, organizzati in ADL Cobas, non si è fatta attendere. A bloccare l'ingresso e l'uscita dall'interporto dei camion della grande distribuzione c'erano i colleghi di Abdin e i lavoratori di tanti altri magazzini, al grido di "Se toccano uno toccano tutti!"

Qui sotto, le loro voci e la loro rabbia.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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