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PNRR, il rischio dei cantieri al collo

Data l'esplosione di costi aggiuntivi e l'assenza di cuscinetti finanziari per fronteggiarli, occorre iniziare a pensare seriamente alla riduzione delle opere del Recovery

 

Prosegue lo stress del PNRR italiano, alle prese con forti aumenti dei costi che hanno indotto Giorgia Meloni, già in campagna elettorale, a ipotizzare di chiedere alla Commissione Ue una rimodulazione del piano, senza mai realmente esplicitare i termini della richiesta.

Nel frattempo, da Bruxelles sono arrivati altri 21 miliardi, di cui 10 di sovvenzioni e 11 di prestiti, quale riconoscimento del raggiungimento delle tappe dello stato di avanzamento dei lavori, anche se non ancora di quelli sul terreno. Ma c’è un problema che pende sull’intero cantiere del PNRR in tutta Europa: gli extracosti da inflazione che gravano sugli appalti e che preoccupano amministratori locali e imprese assegnatarie dei lavori.

IL FONDO PER GLI EXTRACOSTI

Il governo Draghi, col decreto Aiuti, aveva stanziato un apposito fondo per gli extracosti, operante per lavorazioni eseguite nell’anno 2022 e solo per appalti il cui termine di presentazione delle offerte è scaduto il 31 dicembre 2021. Le aziende hanno lamentato la lentezza delle assegnazioni dei fondi, chiedendo maggiori automatismi.

Il problema è che per il 2023 al momento non esiste nulla del genere a bilancio, e reperire quei fondi non sarà semplice. Da qui la richiesta alla Ue del governo italiano, ancora non dettagliata operativamente, di una revisione del programma. Ma in che termini, esattamente?

Diciamo che lo shock inflazionistico è di tale magnitudine che fa saltare le misure di attenuazione delle dinamiche dei prezzi che erano state previste. Che fare, quindi? Il problema italiano, e questo lo segnalo da tempi non sospetti, è di essere andato all-in sulle erogazioni e aver pure aggiunto un fondo “fuorisacco” di trenta miliardi. Una maggior prudenza sarebbe stata consigliabile, guardando anche ai paesi che sono partiti con le sovvenzioni, cioè il fondo perduto, riservando il tiraggio dei prestiti per un momento successivo. Per non parlare del rischio di drogare la crescita con opere inutili prima del conseguente affondamento del Pil. Altra fulgida tradizione del keynesismo italiano, almeno sin quando sono durate le risorse fiscali.

E tuttavia il “momento successivo” non poteva essere eccessivamente procrastinato, visto che il Recovery è costruito per essere spesato in un arco temporale comunque ristretto.

RIDIMENSIONARE IL PROGRAMMA PER EVITARE INCOMPIUTE

Ora il rischio è quello di dover compiere una scelta: o stanziare fondi di compensazione degli extracosti, e quindi pesare in modo anche significativo sui conti pubblici, oppure operare una selezione tra progetti, cancellandone alcuni per concentrarsi su altri.

Appare piuttosto improbabile che la Ue emetta nuovo debito per conguagliare la maggiore onerosità intervenuta. Anche l’ipotesi di allungare i tempi non pare essere percorribile: se i costi resteranno elevati per qualche anno, il rischio è lasciare l’Italia piena di opere incompiute. E sarebbe una catastrofe.

Riguardo alle lamentele della premier circa la “lentezza” negli esborsi (21 miliardi spesi sinora nel 2022 contro i 33,5 iscritti nel DEF dello scorso aprile), questo è uno stress test, invero diabolico, della capacità di spesa efficace ed efficiente di un paese che da decenni si segnala per l’esatto contrario. Temo che a breve qualcuno possa uscirsene dicendo che tutto il PNRR è una trappola contro la nostra meravigliosa Nazione.

Per quel poco che può valere, anche il governo spagnolo è fortemente criticato per l’apparente lentezza negli esborsi. Un numero su tutti: a fine settembre, solo il 22,3% dei 28,4 miliardi di sovvenzioni messe a bilancio per quest’anno è stato erogato. Malgrado ciò, la ministra dell’economia e vice premier dice che tutto procede “a velocità di crociera”. Forse la frase è comunque vera, e la velocità di crociera è una passeggiata non in termini di facilità ma proprio di avanzamento. Mal comune, mezzo gaudio? Direi di no ma evidentemente il compito è erculeo, tra controllo di sprechi e malversazioni e capacità operative della burocrazia pubblica.

Come che sia, le circostanze indicano che il PNRR sarà una sfida durissima e anche una reale minaccia di mettere una pietra (anzi, un cantiere) al collo del paese. E anche di questo vi ho parlato. Quindi diventa imperativo fare il tifo per il governo e la maggioranza. Almeno, per quella parte di governo e maggioranza che sono mossi dal principio di realtà e non dall’ambizione di sopravvivere politicamente anche a costo di affondare definitivamente il paese con operazioni demenziali, lato spesa e lato entrate. Ma questo ve lo sto ripetendo da tempo, vero?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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