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PFM in Sardegna: "Celebration" cantando Faber

Rock metallico e poesia pura, l’esperimento assurdo consacrò il 13 gennaio 1979 al Teatro Tenda di Firenze, un modo nuovo d’intendere musica e testo. L’incontro, rivoluzionario per l’epoca, tra Fabrizio De Andrè e quattro rocker, sancì una pietra miliare nella storia musicale italiana che fece scuola in tutto il mondo.

La riproduzione di quel concerto ha riportato la P.F.M. a riempire da oltre 2 anni le location italiane con rinnovato entusiasmo. “PFM canta De Andrè” titola il progetto che ha consumato in oltre due ore di emozioni i tremila accorsi all’anfiteatro Maria Pia di Alghero, mercoledì 15 luglio.
 
Nella prima della mini tournee sarda, organizzata dall’associazione La Via del Collegio, la band si è presentata sul palco catalano alle ventidue, guidata dal leader storico Franz Di Cioccio. Basta ricordare il nome di Fabrizio e lo scoscio di applausi è naturale. Ne seguiranno tanti altri, dopo il trittico che apre la serata con “Bocca di Rosa” – “La canzone di Piero” e “Un giudice”. Brani arrangiati nelle note originali di 30 anni fa, assicura il solista, che alterna la conduzione dello spettacolo a prove superiori alla batteria. Insieme sul palco, attempati e imbiancati nelle chiome, sfoggeranno pezzi esemplari: Franco Mussida (chitarra elettrica) e Patrick Djivas (basso).

C’è il virtuoso violino del giovane Lucio Fabbri a completare una sezione acustica formidabile. Lega piu’ generazioni e famiglie, riunite sugli spalti e in platea nell’arena, accordati sulle stesse note.


Che raccontano un percorso irripetibile (quello degli anni ’70) arricchito dai testi poetici del cantautore genovese, scomparso 10 anni fa. Alcuni brani ricalcano le allegorie rivoluzionarie del Faber, ispirate ai vangeli apocrifi (tratti dall’album "Buona Novella" - 1970). Producono visioni di palme e scenari della Galilea vicini alle arsure barbaricine, che diedero i natali ai testi nel lontano 1978. Di quella fertile collaborazione Mussida riproduce un’esaltante slang in rigido idioma sardo (“Zighi de Tucci”).

Non mancano le ballad country dettate dal violino di Fabbri (“Angelina”) ed i poemi insuperabili e introspettivi (“Giugno 73” – “La canzone di Marinella”), che completano la parte dedicata all’autore genovese. Decisamente rock la ripresa, caratterizzate dalle produzioni PFM, che comprendono dei soli di alta scuola di Franco Mussida, cui segue a ruota il basso imponente di Djivas. Temi ambientali preconizzati dai “figli dei fiori” (“Out of run about”), sempre piu attuali, insieme alla Pace ed alla convivenza fra i popoli. Danzano i giovanissimi, figli dei fan, riuniti a ridosso delle prime file in platea e anticipano il cult finale.

Coinvolge tutti sotto il palco, oramai scatenati sulle rime de “Il Pescatore”. La mezzanotte è andata via generosamente, ma l’entusiasmo sul palco trabocca insieme al sudore. La leggenda sfuma con “Celebration”.

Continua a Cagliari nel suggestivo Anfiteatro Romano (ultima tappa del tour sardo) e ancora in ogni luogo, dove spira leggera, la Musa del rock.

Commenti all'articolo

  • Di kevin (---.---.---.170) 17 luglio 2009 23:14

    ma quale rock metallico!?..suvvia,la loro musica era definita pop sinfonico o pop romantico,oggi ribattezzata progressive.
    Saluti.

    • Di (---.---.---.143) 18 luglio 2009 00:14

      Sono d’accordo con te, infatti dici la loro musica "...era definita..."..Per ripetere gli stereotipi non occorre scrivere altro...mi sembra che anche altri gruppi dell’epoca (Jetro Tull..per esempio..) avessero influenze pop e melodiche, se provi a risentirli dal vivo, i contributi elettronici o "metallici" che non sono secondari, non sviliscono ne ridimensionano la musica, progressiva o sinfonica di PFM. Diversamente sarebbe inutile riproporre 30 anni dopo, le stesse cose con gli stessi linguaggi.

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