• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Sport > PARIGI_ROUBAIX 2021. La fine del ventennio

PARIGI_ROUBAIX 2021. La fine del ventennio

CICLISMO – PARIGI_ROUBAIX 2021

L'Italia dopo oltre vent'anni ritorna ad aggiudicarsi la prestigiosa Parigi_Roubaix

Trionfa il neo Campione d'Europa Sonny Colbrelli, regalando alla nostra Nazione la 14^ affermazione nell'Inferno del Nord (la prima di questo millennio).

Finalmente, era ora! Attendevamo questo momento da molti, troppi anni. L'ultimo acuto italico era stato registrato nel lontano 1999, un millennio fa. In quell'anno per la Terra si verificava l'ultimo eclissi di sole del XX secolo, e per la nostra Penisola iniziava l'eclissi concernente la “corsa delle pietre”. Dopo 20 edizioni amare, in cui il nostro buon nome era risultato oscurato da prestazioni non in linea con la nostra tradizione, l'Italia del ciclismo è tornata a fregiarsi della Parigi_Roubaix, ovvero la regina della classiche, la corsa simultaneamente più fascinosa e più dura, più desiderata e più temibile, più amata e più odiata. La gara in cui si sposano a meraviglia la modernità del nuovo ciclismo con il vintage dei tempi remoti. La competizione che ogni ciclista, per una questione di principio e di etica sportiva, dovrebbe disputare almeno una volta nella vita, per intuire qual era il sacrificio a cui si sottoponeva il corridore d'un tempo, entrando in una sorta di cono spazio-temporale in cui l'eroismo di chi pedalava sulle strade sterrate e pietrose (montando sulla sella di bici improbabili) non era minimamente assimilabile al ciclismo odierno, reso decisamente più agevole da percorsi asfaltati e confortevoli (montando su bici iper leggere ed iper accessoriate). Il neo Campione d'Europa Sonny Colbrelli (nella foto), a 31 anni, lo avrà certamente intuito. Il fango, la pioggia, il freddo ed il solito immancabile pavè - icona della classica per antonomasia -: c'erano tutte le condizioni ideali per tuffarsi nell'era eroica di questo sport, la cui Roubaix ne ha da sempre incarnato l'essenza. Correrla è sempre stato (oggi più che mai) un privilegio, un onore ma anche un tremendo onere. Vincerla rasenta l'apice del supplizio sportivo, ma fortunatamente si tocca pure il culmine della beatitudine, in un'alternanza d'emozioni positive e tensioni maligne che rendono immortale chi le prova. Si è sempre detto che per raggiungere il Paradiso occorra passare per vie accidentate, ebbene la Roubaix è anche una metafora di vita, in cui per raggiungere l'immensità celeste bisogna passare necessariamente attraverso l'Inf(v)erno. Del Nord (ovviamente).

L'Italia era reduce da un lunghissimo digiuno, eppure il nostro rapporto con questa corsa in passato non è stato così tormentato come nel terzo millennio. Il primo successo giunse già alla 2^ edizione, e coinvolse Maurice Garin, un valdostano di Arivier (una cittadina di qualche centinaio di abitanti, adagiata sul fondovalle della Dora Baltea) che ben presto sarebbe stato naturalizzato francese, e sotto le nuove insegne (da “traditore” della Patria italica) avrebbe vinto la 1^ edizione del Tour de France. Nella Roubaix del 1897 Garin impiegò per vincere quasi 10 ore, precedendo allo sprint l'olandese M. Cordang. L'anno seguente avrebbe concesso il bis, rifilando al secondo classificato (il padrone di casa A. Stephane) quasi mezz'ora. Per un altro successo italiano bisognerà attendere addirittura il 1937, con Jules Rossi, un italiano emigrato da bambino in Francia. Quindi nel 1949 sarebbe arrivato il turno dello sfortunatissimo Serse Coppi, il quale riesce ad imporsi ex aequo col francese A. Mahè: pochi anni dopo Serse morirà in un drammatico incidente di corsa al Giro del Piemonte. Suo fratello, il campionissimo Fausto Coppi si sarebbe imposto nel 1950, uno dei pochi “tappisti” ad aggiudicarsela; quindi l'anno successivo si sarebbe registrato l'exploit un po' a sorpresa di Antonio Bevilacqua, capace di far mangiare la polvere a due giganti come L. Bobet ed il belga R. Van Steenbergen. Per un ulteriore successo italiano occorrerà attendere il '66, con gli azzurri che calano l'asso Felice Gimondi (in grado di rifilare oltre 4' alla concorrenza). Poi fra il 1978 e l'80 arriverà la favolosa trilogia di Francesco Moser, precedendo in un paio di occasioni un mostro sacro delle classiche (vincitore di 4 Roubaix, un record eguagliato più tardi da Tom Boonen) come il belga R. De Vlaeminck: prima del campione di Palù di Giovo solamente Octave Lapize, però in epoca pionieristica, era riuscito a centrare 3 successi consecutivi...A distanza di 15 anni taglierà per primo il traguardo il compianto Franco Ballerini, futuro CT della Nazionale (molti anni dopo sarebbe perito tragicamente durante una maledetta corsa di rally a soli 45 anni), concedendo il bis nel '98, davanti ad Andrea Tafi (staccatissimo a 4'16''; unica doppietta azzurra della storia), ultimo vincitore italiano nel '99, prima dell'assolo di domenica scorsa recante la firma del faro di Desenzano del Garda, che suggella un anno magico per l'Italia, in cui s'è lambito lo zenit della gloria.

Foto Pixabay

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità