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Operaie Tacconi, 240 giorni in occupazione: “Non siamo veline, né escort”

L’appuntamento è il 10 settembre a stazione Termini per radunarci prima del corteo. Ci siamo tutti, i redattori del blog e gli operai. Fiat di Melfi, Vinyls di Porto Torres, Omsa Faenza, Aiazzone, Precari della scuola, Teleperformance… c’è anche Rosa della Tacconi Sud di Latina. Purtroppo è venuta da sola, e fino all’ultimo era in forse anche la sua partecipazione.

Da 240 giorni, le ex-operaie della fabbrica, presidiano lo stabile giorno e notte. Da 29 donne che erano all’inizio di questa avventura, solo una decina sono ancora in grado di occupare dopo quasi un anno. Rosa è la rappresentante sindacale di queste lavoratrici e si preoccupa costantemente della sua fabbrica e delle sue colleghe. “In questi giorni ci sono continue visite dei carabinieri – mi dice al telefono – e poi tra noi ci sono anche delle mamme che hanno diritto almeno al fine settimana da passare con la famiglia, quindi è difficile venire a Roma”.

Però alle 13 era lì, proprio per quelle mamme, prima di tutto donne, che hanno diritto non solo al fine settimana per la famiglia, ma a tante altre cose. Come il lavoro per poter mantenere quella famiglia.

Alle 15 ci fermiamo in Piazza della Repubblica, per aspettare l’inizio del corteo. Rosa rilascia alcune interviste alle tv e anche a giornali, per far vedere ancora una volta all’Italia, che c’è una parte sempre in aumento, della popolazione, che è costretta a lottare per salvare i proprio diritti. Per dire, come un anno fa su Annozero che: “Non siamo veline, né escort”.

Dopo due ore di attesa, iniziamo il nostro Tavolo sul lavoro, aperto proprio da Rosa “Perché devo tornare alla fabbrica che ho la notte lì”, spiega durante il suo discorso.

Non abbiamo il microfono per il momento, ma con l’ausilio di un megafono si fa forza e racconta la sua storia, avvolta nel camice azzurro che indossava ogni giorno al lavoro. Spiega che da 240 giorni la fabbrica è la loro casa. Racconta la lotta, le difficoltà. Il datore di lavoro che ha messo in liquidità le operaie senza pagarle, compresi gli arretrati. La stessa persona che il 22 dicembre 2010 ha annunciato con un telegramma, che la fabbrica stava chiudendo.

Tutti pensavano che avrebbero mollato, perché sono solo donne, invece loro lottano e resistono. Hanno portato il loro datore di lavoro in tribunale, stanno cercando un compratore, ed hanno già in mente diversi progetti per far sopravvivere la fabbrica. Hanno bisogno solo di qualcuno che creda in loro, e investa soprattutto in queste donne che hanno dimostrato quanto è forte la loro volontà.

Rosa nelle sue note su facebook aveva parlato della Tacconi Sud come di un relitto, che lei e le sue colleghe stavano cercando di fare arrivare in porto, nonostante tutti l’avessero abbandonato, con tutto l’equipaggio a bordo.

Il 10 settembre questo relitto è sbarcato a Roma e ha fatto vedere all’Italia come ci si rimette in piedi, come non si affonda. Terminato l’intervento Rosa riprende il treno per Latina, per raggiungere le sue colleghe e passare la notte là dove il pensiero è rimasto tutto il giorno. Alla sua fabbrica.

di Alessia Colanero

Nella foto: Rosa della Tacconi, a Roma con L'isola dei cassintegrati

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