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Oltre 600 i manifestanti uccisi in Iraq, 12 solo nell’ultima settimana

Amnesty International ha aggiornato a oltre 600 il numero dei manifestanti uccisi in Iraq dall’ottobre 2019 e ha denunciato un forte aumento della repressione, con 12 manifestanti uccisi solo nell’ultima settimana a Baghdad, Bassora, Kerbala e Diyala.

La campagna di morte delle autorità irachene è dunque ripresa, con l’impiego di proiettili veri e delle micidiali granate a uso militare di produzione serba e iraniana.

Uno degli episodi più gravi è accaduto il 21 gennaio a Baghdad sul cavalcavia della strada a scorrimento veloce Mohammed al-Qasim, presidiata da veicoli blindati con le insegne di un’unità speciale d’élite che risponde direttamente al primo ministro.

I militari che stavano sul cavalcavia hanno preso alcuni manifestanti e li hanno scaraventati giù, da sette metri di altezza.

Un fotografo ha ripreso un uomo che improvvisa una danza della vittoria dopo aver sparato una granata dal cavalcavia contro i manifestanti che si trovavano sulla strada sottostante.

La sera del 21 gennaio, sempre a Baghdad, la Guardia presidenziale ha invaso le strade di al-Dora, un quartiere residenziale e commerciale situato nella zona meridionale della città.

Questa è la testimonianza di un ragazzo che ha preso parte alle manifestazioni sin da ottobre:

“Le forze presidenziali erano presenti in massa al posto di blocco. A un certo punto hanno iniziato a sparare in aria e a catturare persone, giovani soprattutto. Siamo scappati in direzione di via al-Tuma, riparandoci nelle caffetterie, nei negozi e in una palestra. Ci hanno inseguiti sin lì portando via alcuni di noi e le persone che cercavano di fermarli. Poi hanno strappato i telefonini dalle mani di coloro che stavano riprendendo la scena e hanno arrestato chi opponeva resistenza”.

A Bassora, le notti del 21 e del 22 gennaio le forze di sicurezza hanno disperso le manifestazioni con brutali pestaggi e usando proiettili veri.

Ecco una testimonianza raccolta dalla città:

“Le forze di sicurezza arrivavano verso le 23 o intorno alla mezzanotte, quando i manifestanti erano di meno, e iniziavano a sparare. Come se fossero venute lì per ucciderci. Ho visto molte persone venire immobilizzate a terra e picchiate, alcuni avevano 14-15 anni. Quando tornavano nella zona dove era concentrato il grosso delle proteste, ci mostravano i segni delle bastonate e delle manganellate sulla schiena”.

 

 

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