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Oleodotto Dakota Access, la risposta di Intesa SanPaolo e la replica degli organizzatori della protesta

Durante la protesta on line contro Intesa SanPaolo per il suo appoggio all’oleodotto Dakota Access più di cento persone hanno scritto alla pagina Facebook della banca e moltissimi hanno inviato messaggi Twitter. 

 
 
“Intesa Sanpaolo ha un’esposizione contenuta nel progetto del Dakota Access Pipeline e conferma il suo impegno a considerare con la massima attenzione i temi sociali e ambientali, in coerenza con i principi espressi nel suo Codice Etico e con gli standard internazionali in campo sociale e ambientale cui aderisce, innanzitutto gli Equator Principles e il Global Compact delle Nazioni Unite, che risultano rispettati dal progetto. Restiamo a sua disposizione e la salutiamo cordialmente”.

Ed ecco la replica degli organizzatori della protesta: 

“Avete incontrato la tribù Sioux Standing Rock per capire le sue problematiche, come ha fatto il gruppo olandese ING? Dopo l’incontro, il 21 marzo scorso ING ha annunciato il totale ritiro dal progetto. Anche un’”esposizione contenuta” (comunque 339 milioni di dollari non sono proprio una somma irrisoria) è pur sempre un appoggio a un progetto criticato sia dall’ONU che da Amnesty International. 

Infatti Victoria Tauli-Corpuz, relatore speciale sui diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite, ha raggiunto la conclusione che le tribù non sono state adeguatamente consultate. Le istituzioni finanziarie, certe dell’attenta considerazione di questo delicato caso da parte delle autorità statunitensi e del coinvolgimento dei governi tribali da parte delle autorità, ritengono che i promotori esamineranno e terranno in considerazione tali raccomandazioni.

Il Global Compact e gli Equator Principles richiedono come minimo il coinvolgimento della comunità locale. Non è possibile costruire un oleodotto su un territorio su cui i Sioux hanno la legittima sovranità senza il loro consenso. 

Se davvero si vuole essere coerenti, bisogna seguire l’esempio di ING, BayernLB, il fondo pensione norvegese KLP e altri, come intere città statunitensi e di conseguenza interrompere del tutto i finanziamenti a questo progetto”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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