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Obama’s speech: niente di speciale


E’ stato abbastanza prevedibile il discorso che il neo eletto presidente degli USA Barack Obama ha tenuto ieri davanti all’intero Congresso Americano.

Molti commentatori, ad esempio l’Economist, lo lasciano intendere osservando che non si è trattato di un vero e proprio indirizzo sullo Stato dell’Unione, come la consuetudine avrebbe voluto, trattandosi della prima enunciazione pubblica del Presidente a sole cinque settimane dal suo insediamento.
Ieri sera, 24 febbraio 2009, il consueto “Yes we can” che ha accompagnato Obama in tutta la campagna elettorale, si è invece improvvisamente trasformato in un “Yes we must”. In altre parole, più che una prospettiva di vittoria, l’esortazione si è materializzata in una sorta di spauracchio: se non vogliamo soccombere, dobbiamo fare tutti notevoli sacrifici. Con una promessa finale: la crisi ci renderà più forti.
In quasi un’ora di allocuzione, intervallata qua e là da pause di riflessione accompagnate da una straordinaria profondità di intonazione di voce (l’oratoria è un punto forte del Presidente) ecco squadernati i tre argomenti su cui punta d’ora in poi la politica degli Stati Uniti d’America: energia, salute, educazione.
Energia: si punterà sulle fonti rinnovabili, acqua, luce solare, energia eolica, come mezzi per rendere il Paese sempre meno dipendente dal petrolio. Con un investimento statale di 15 miliardi di dollari all’anno, Obama conta di raddoppiare nel giro di tre anni la produzione energetica.
 
Salute: più cittadini USA potranno godere in futuro dell’assistenza sanitaria.
Educazione: ogni cittadino USA avrà garantita un’istruzione superiore, potrà avere accesso alla scuola superiore avvalendosi di contributi statali e vere e proprie borse di studio. Non ha specificato tuttavia il Presidente con quali risorse economiche questi ultimi due punti potranno essere realizzati.

E qui si incontrano i particolari più dolenti: l’economia in una recessione dalle dimensioni macroscopiche. In primo luogo il deficit: 1,3 trilioni di dollari. Obama si ripromette di ridurlo a 533 miliardi di dollari per il 2013 abolendo tra l’altro i privilegi fiscali concessi dal suo predecessore e riducendo le spese militari con il ritiro delle truppe dall’Irak.
 
Proprio su queste prospettive di ricupero economico si appuntano le critiche non soltanto dei repubblicani ma anche di alcuni suoi compagni democratici. Già il pacchetto di 787 miliardi di dollari concesso per venire in aiuto all’economia è stato oggetto di enormi dissensi. Ma adesso si intensificano le critiche per l’aiuto dato ai banchieri che in questo momento sono i personaggi più vilipesi e più odiati dall’intera popolazione. Tant’è che nel suo discorso Obama ha sentito il dovere di precisare: “ So quanto sia impopolare in questo momento l’aiuto ai banchieri poiché sono proprio loro i maggiori responsabili della disastrosa situazione in cui ci troviamo, però vi assicuro che farò di tutto per ovviare al problema”.
 
E la politica estera? Le relazioni con l’Europa e il resto del mondo? Sono domande che restano in sospeso. Tanto si sa, l’esperienza è ancora bruciante, gli USA condizionano il resto del mondo e a noi, proprio come ha detto Obama, non resta che sperare.
 
 
 
 
 
 

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 25 febbraio 2009 19:45

     La vedo un pò diversamente. Obama non è un mago che può cambiare, con il potere della parola o con la bacchetta magica, la profondità e la qualità della crisi.
    Tuttavia sta cercando di evitare che ci si lasci andare verso una china drammatica come lo stato dei mercati finanziari lascia intravedere.
    Ci è riuscito con il suo discorso? Certo, come dicono i cinesi "le parole non cuocciono il riso" e dunque non è parlando che si risolvono i problemi complessi che ha davanti.
    Ciò premesso, parlando egli ha cercato di contrastare la deriva della disperazione ed in qualche modo qualcosa è riuscito a portare a casa.
    Il mercato ieri ha reagito positivamente alle sue parole anche se oggi sembra di nuovo sotto pressione per i pessimi dati sul consumo delle famiglie.
    Io ho ascoltato il suo messaggio e mi è sembrato abbastanza motivante.
    Questo non vuol dire che i problemi siano risolti nè sarebbe credibile pensare ad una cosa del genere.

  • Di mabo (---.---.---.227) 25 febbraio 2009 21:25

    Mi associo all’analisi di Rocco aggiungendo che qualunque osservatore acuto avrebbe prefigurato il cammino del presidente un percorso ad ostacoli.

    Almeno Obama è lungimirante e  consapevole del disagio dei meno abbienti, in assoluta antitesi rispetto al suo predecessore e questo è un buon segno per tutti noi.

    Un saluto

    Mauro Bonaccorso

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.154) 26 febbraio 2009 01:38
    Damiano Mazzotti

    Ora è chiaro che c’è una dittatura bancaria se nemmeno il Presidente degli stati Uniti non può cacciare via nemmeno un direttore generale di una banca... Quindi possiamo fare a meno di andare a votare anche in Europa finchè il sistema bancario internazionale non crollerà da solo come un’elefante ubriaco...

  • Di virginia (---.---.---.96) 26 febbraio 2009 10:41

    Il discorso non è stato certo entusiasmante, ma non poteva che essere così. I discorsi ufficiali sono fatti più per rincuorare, convincere la popolazione della propria buona fede. In effetti Obama non avrebbe potuto dire e fare di più. Concordo con Rocco e penso che chi è rimasto freddo e distante dalle parole del Presidente sono stati soprattutto i Media europei ( nel mio articolo, oltre all’Economist, ho linkato Le Figaro, la Frankfurter Allgemeine Zeitung e il Timesonline).
    L’Europa guarda agli USA perché sa che da lì ci può arrivare tutto il bene e il male possibile.E forse ci si aspetta che gli USA possano risolvere anche i nostri problemi. Non ci resta che sperare.

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