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Norvegia: Oslo e Utoya, a che punto siamo?

Sembra che ad Oslo ci sia stata un’esplosione: nient’altro. Così la storia ci ha sorpresi ancora una volta, e in un attimo la Norvegia finisce sulle prime pagine di gran parte del mondo occidentale per un evento criminoso. Quel mondo occidentale abituato a guardare dalla poltrona di casa le immagini di attentati in mondi lontani, di piazze sventrate e corpi martoriati è costretto ora ad angosciarsi per il terrorismo casereccio della porta accanto, che ha provocato ad oggi, come si legge sul sito del vg.no, 76 morti, di cui 68 della sparatoia di Utoya e 8 dell’esplosione di Oslo, e quasi un centinaio di feriti tra Utoya e Oslo 30; senza contare le persone ancora disperse.

Questo sito ha scritto molto sui fatti di Oslo, ma proviamo ora a ricapitolare brevemente la successione degli eventi

Alle 15.22 scoppia una bomba, posizionata in una macchina fuori dal palazzo del Governo norvegese, vicino alla sede dell’ufficio del Primo Ministro e al Ministero del Petrolio e dell’Energia. Non si conosce ancora l’entità dei danni, ma la vicinanza del Ministero potrebbe far pensare a un attacco verso il controllo dell’oro nero. Oppure, come scrivono alcuni, un attacco di Al Qaeda. Di fronte al luogo della deflagrazione si trova anche la sede di un giornale, il Verdens Gang, dove la bomba non miete, fortunatamente, vittime. Sul sito web del quotidiano cominciano a comparire le prime notizie e le prime immagini, che rivelano uno scenario impensabile. La redazione, con professionalità, dopo lo scoppio "resta sulla notizia", informando il mondo e gli stessi abitanti di Oslo di quanto stesse accadendo sotto i loro occhi. Ancora impegnati a contare le vittime e i feriti della bomba giungono dei “cinguettii” da Twitter che segnalano degli spari in un summer camp.
 
Inizialmente sembra un caso, ma velocemente sempre più tweet segnalano spari, morti e panico all'incontro dei giovani del Partito Laburista, formazione politica a cui appartiene anche del Primo Ministro Jens Stoltenberg. E’ un caso? La polizia ammette che i due fatti potrebbero essere collegati e che quest'ultimo potrebbe essere il vero bersaglio. Solo dopo si scoprirà che questi sarebbe stato solo uno tra i tanti. Intanto l’attentatore viene catturato, mietendo, si pensa, una ventina di vittime. E’ un norvegese. Alle 22.45 arriva la conferma e verso l'una di notte viene scoperta la sua identità: Anders Behring Breivik, 32 anni. La giornata sembra essere finita, ma poco prima delle 4.00 un altro elemento viene alla luce: sono 80 le persone, soprattutto ragazzi, uccise dal norvegese DOC.
 
La stampa attonita dovrà cambiare le prime pagine. Quello che si pensava essere un “altro” attentato del fondamentalismo islamico si trasforma in un attacco venuto dall’interno. Un interno che si fa via via più profondo e agghiacciante. Il giorno successivo alla strage, sabato, compare in internet un libro di 1500 pagine che sembra essere stato scritto da Anders e pubblicato su internet, poco prima di compiere il massacro, con al suo interno le indicazioni per vedere un video (ormai rimosso, ndr) riepilogativo del suo pensiero. Rapidamente si cominciano a mettere insieme tutti i pezzi: l’unico suo messaggio postato su Twitter ("Una persona con una convinzione ha la stessa forza di 100mila che pensano solo ai loro interessi", citazione di John Stuart Mills), alcuni suoi commenti su post in cui diceva di essere un nazionalista, il suo profilo Facebook che alle 4 di notte scompare improvvisamente. Man mano che si ricostruiscono gli avvenimenti appare un quadro studiato nei minimi particolari: 9 anni di una vita vissuti in preparazione a questo giorno, preparando un piano per ogni possibile fine di questa operazione, che lui stesso definisce non piacevole, ma necessaria in nome della crociata contro l’invasione musulmana, marxista e capitalista che starebbe distruggendo la purezza di un’Europa bianca, cristiana e nazionalista. Un sovranazionalismo che, a partire da idee quali “razza”, etnia e religione riconosce l’Europa come un’unica entità che deve combattere gli invasori. Un movimento europeo che sembra unire le frange della destra più estrema. Tutta la sua ideologia gira intorno a un concetto però: il multiculturalismo. Un concetto da combattere, secondo ABB (come hanno chiesto di chiamarlo gli esperti), colpevole dei problemi delle società europee. Una guerra in cui già sembra sapere esattamente quante persone debbano morire per ogni Stato, quali partiti politici sostengano questa ideologia e quali punizioni debbano essere inflitte in base alla gravità del tradimento in un supposto futuro “processo di Norimberga”.
 
Una domanda però si ripropone: è fallito veramente il multiculturalismo? La Merkel e Cameron avevano annunciato il fallimento di questa ideologia nei loro rispettivi paesi. Da questa tragedia potrebbe tuttavia nascere una spinta nuova per riaffrontare seriamente il problema dell’immigrazione e dell’integrazione delle culture. C’è bisogno di un dialogo profondo che analizzi i reali problemi della convivenza civile alla luce delle differenze culturali, ma che ne sappia mettere in risalto i punti di forza, anche per evitare di trasformare gli effetti nelle cause: un’educazione che prepari al confronto e alla mediazione, partendo dai valori di una coscienza civica. L’identità, nazionale e non, è qualcosa di fluido, che cambia continuamente, che esiste solo in un dato momento e in un dato luogo; pensare di fermarla pietrificandola o di riportarla indietro è irrealizzabile. La contaminazione è un processo che si è sempre avuto e che è la storia dell’uomo. L’uomo stesso è il risultato dei suoi incontri, scontri, della propria educazione e dei luoghi dove ha vissuto. Accettare che le società non siano monoliti invariabili, con la serenità che per questo il proprio io non verrebbe fagocitato da invasori o ideologie nefaste, potrebbe essere un punto di partenza per aprire un dibattito sulla tanto dissacrata da ABB multiculturalità. Non si lasci che le proprie insicurezze, paure, i propri rancori e insoddisfazioni facciano del multiculturalismo un alibi alla violenza e all’intolleranza.

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.214) 28 luglio 2011 12:05

    Se ABB combatte il multiculturalismo con una strage terroristica questo non vuol dire che il multiculturalismo sia giusto o sbagliato, oppure che il multiculturalismo vada incoraggiato o sconsigliato, oppure che tutti i cittadini, fino all’ultimo, debbano essere convinti della bonta’ del multiculturalismo.

     Vuol dire che bisogna impedire che chi non concorda con il multiculturalismo compia atti terroristici, e questo si fa indagando sul terrorismo e prevenendolo. Questo significa scoprire chi lo organizza e condannare gli organizzatori, cominciando da subito a sospettare di chi ci vuole convincere della teoria del pazzo solitario.

     Io ho esposto qui il mio parere

    http://www.agoravox.it/Breivik-il-pazzo-isolato-che-ha.html?debut_forums=0#forum36370

     e l’ultimo aggiornamento (leggibile come commento) e’ che il premier norvegese Stoltenberg ha deciso di istituire la “commissione 22 luglio” che indaghi sulla strage, sui mandanti  e anche e soprattutto sulla polizia norvegese.

     

    Geri Steve

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