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Non ami i libri scritti da donne? Apriti cielo… Come un libraio pensa ingenuamente di poter leggere quel che gli pare senza pagarne lo scotto

- Di autrici nemmeno una? - domanda la giornalista di Repubblica in un’intervista di qualche giorno fa (http://goo.gl/dq5cQ1).

- Lo confesso, non ne leggo molte. E non volevo barare, né fare il politicamente corretto – risponde serafico Marco Bonassi, direttore della storica libreria Feltrinelli di piazza Ravegnana a Bologna.

Risposta talmente sibillina, certo, da apparire ambigua. Il Bonassi non legge dunque libri scritti da donne in quanto donne o la ragione del suo scarso interesse verso la scrittura femminile dipende da altro?

Di fronte al dubbio, l’esigenza di avere a disposizione qualche altro elemento prima di formulare giudizi si sarebbe dovuto imporre a qualsiasi mente equilibrata.

Così non è stato; l’inchiostro dell’intervista all’imprudente direttore della Feltrinelli bolognese aveva appena fatto in tempo ad asciugarsi, che si sono aperte le cateratte dell’indignazione e della collera, brutali, isteriche, incontrollate.

Esempio preclaro di «snobismo nei confronti della letteratura scritta da donne», ha tuonato Grazia Verasani per poi aggiungere che «il peggio è che una volta colto in fallo, il direttore della Feltrinelli è apparso fiero della propria lacuna, ribadendo la sua scelta». Come aveva infatti replicato il malcapitato? Che nel suo «campo di interesse, che spazia dalla filosofia all’astrofisica passando per la letteratura russa e mitteleuropea, le voci femminili sono oggettivamente poche. E comunque quelle poche le leggo». Poche o molte che siano, Bonassi cita infatti alcuni autrici che lo hanno intrigato, Serena Vitale, Marlene Haushofer e Patrizia Valduga.

La frittata però era ormai fatta.

Che difatti uno, tanto più se libraio, possa stendere la sua classifica dei dieci titoli di saggistica e narrativa preferiti non avendo come altro criterio di scelta il proprio, personalissimo godimento intellettuale non è ammissibile per le vestali e i sacerdoti nostrani della funzione ‘civile’ dell’arte. Tale funzione, anzi, impone di raccontare frottole ai lettori.

«Forse con una piccola bugia - suggerisce infatti Marilù Oliva in una lettera aperta a Bonassi - avrebbe fatto più bella figura e sarebbe stata una bella pacca sulla spalla alle battaglie per l’uguaglianza di genere che portiamo avanti quotidianamente».

I librai d’Italia sono avvertiti: per il futuro, sembra di capire, quando un cliente chiederà loro consiglio, dovranno proporre libri in numero pari, assicurando la parità di genere. Fino a quando non saranno attrezzati per questa sfida, l’Oliva raccomanda la seguente risposta:«lo confesso, non ne leggo molte (di donne). Ma mi rendo conto che è una mia lacuna e conto di colmarla presto».

Atteggiamento paternalistico (o materno), questo? Sarà, ma sempre meglio della reazione di Maurizio De Giovanni che, iracondo, ha sentenziato: «prendo solennemente l’impegno personale di non presentare mai più nella mia vita un libro alla Feltrinelli di Bologna, finché il direttore sarà questo mentecatto»

Di fronte a tale violenza verbale, per quanto ci riguarda, non possiamo che solidarizzare con lo sventurato Bonassi; anzi compiacerci con lui quando, a coloro che vogliono allestire l’ennesimo piazzale Loreto, risponde virilmente (si potrà dire virilmente e ritenersi al contempo parte del nostrano consesso civile o l’avverbio è rivelatore di maschilisti retaggi mai abbandonati in chi lo pronuncia?):«sono innocente e non ho niente di cui scusarmi».

Questo articolo è stato pubblicato qui

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