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Noi, coltivatori di speranza per la Siria

È straziante che i giovani in Siria vengano sistematicamente massacrati. 83 ragazzi, giovani con sogni e speranze, sono morti nell’università di Aleppo il 15 gennaio. Sono stati uccisi da una bomba. Stavano facendo gli esami, perché la vita continua in Siria, nonostante tutto.

Sono quasi due anni - quasi due anni! - che assistiamo a un macello senza fine che coinvolge la popolazione siriana. È sconcertante sentire persone che negano l’autenticità di questa rivoluzione legittimando, invece, Assad e il perpetrarsi di questo genocidio (non c’è altra parola che renda l’idea di quello che accade se non questa). Speranze e sogni di un intero popolo, un popolo che ha chiesto tante altre volte nei 40 anni di dittatura trascorsi la Libertà, si arenano sui corpi senza vita dei più giovani. Due anni fa, quando tutto cominciò - mi sembra ieri - non immaginavo quanto i siriani in Siria avrebbero dovuto pagare, nessuno lo sapeva. Eravamo tutti consapevoli che la strada verso la libertà sarebbe stata lunga e sanguinosa, ma non così. Nessuno credeva che in Siria così tanti padri avrebbero dovuto scavare la fossa per i loro figli. “C’è speranza?” mi domandano e la mia risposta è “Sì, se tutti ci impegneremo”. “Il dolore deve interessarci anche quando non è il nostro” solo da questo principio potremo coltivare speranza per i siriani e aiutarli, un giorno, a sostituire la vendetta con la giustizia.

Da oggi, cominciamo a spronare noi stessi chiedendoci “Dopo quasi due anni, cosa posso fare per aiutare i miei coetanei in Siria?”.

Shady Hamadi

Vuoi fare qualcosa subito? Firma la petizione Siria: proteggere i civili è la priorità assoluta!

Leggi la lettera del 14 gennaio 2013, con cui la Svizzera e altri 56 stati membri di ogni continente hanno chiesto l’immediato deferimento della situazione in Siria al procuratore della Corte penale internazionale, provvedimento che Amnesty International sollecita dall’aprile 2011.

Documento di denuncia del 19 settembre 2012 di Amnesty International, tramite il quale Amnesty denuncia l’alto numero di vittime civili e nuove prove sulla campagna di attacchi indiscriminati da parte dell’ esercito siriano.

Tutti gli approfondimenti sulla Siria“Schiaccerò la gola di tuo figlio col piede. Te lo rimanderò come Ghayath Mattar.” Sono le parole che avrebbe pronunciato un agente delle forze di sicurezza alla madre del ventiduenne Muhammad Muhammad Al Hamwi, quando suo figlio e suo marito sono stati arrestati. Ghayath Mattar era un giovane attivista non violento di Daraya, deceduto in custodia, probabilmente sotto tortura, quattro giorni dopo il suo arresto il 6 settembre.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.148) 18 gennaio 2013 14:29

    a mettere le bombe all’univerità dialeppo sono stati i ribelli e non so che idea di libertò vogliono porare ..forse come quella in libia che alla fine bbiao scoprto che erano jhadisti assetati di sanguei? su you tube è pieno di filmati agghiaccianti di ribell che sgozzano che fanno volare dai tetti i sostenitori del regime, autobombe, linciaggi di cristiani ma u tutto questo imedia si chiudono in un vergognoso siienzio. esisterà mai un tribunale internazionale anche per questi crimini??? è loro di raccontare la verità a 360 gradi.

     

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