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Niccolò Fabi. Annunciare la morte di un figlio su Facebook

Niccolò Fabi. Annunciare la morte di un figlio su Facebook

C’è qualcosa di diverso nel modo di comunicare della gente?
O è semplicemente diversa la modalità con cui si forniscono notizie?


Perché di notizia si tratta, in effetti.
La figlia di Niccolò Fabi, appena due anni, è morta la notte tra il tre e il quattro luglio per una meningite fulminante.
La notizia riguarda la morte di una bambina, l’ennesima vittima di un killer che ancora appare invincibile per la medicina moderna: la meningite.
Ma, indubbiamente, la notizia è anche: ‘la figlia di’.
Ci sono diversi ‘strati’ insomma, in questa notizia.
Che però, notizia lo è diventata dopo la sua divulgazione.
Perché non è stato un giornalista bensì uno dei protagonisti, il padre per l’appunto, il cantante Niccolò Fabi, ad annunciarlo.
E per farlo, non ha scelto i microfoni ma uno strumento web, un social network.

Allora d’improvviso la notizia non è un’altra.
Muore la figlia di Niccolò Fabi, il cantante dà la notizia du Fb

Il modo pare quasi più rilevante, interessante, del contenuto stesso.
Perché, sotto molti punti di vista, quel modo è contenuto, parte della notizia.

Che le modalità comunicative siano in evoluzione non è più discutibile dai tempi delle prime email, per non parlare degli sms, le chat, skype fino ai recenti twitter e - per l’appunto - Facebook (ma ce ne sarebbero molti altri, di strumenti web aggregativi).

I fan e gli ‘amici’ di Niccolò Fabi su Facebook hanno potuto (possono tutt’ora) esprimere quello che in gergo tecnico viene definito un ‘feedback diretto’, possono rispondere al cantante in privato (col rischio di non essere poi letti dal cantante o chi per lui accede all’account Fb e alla sezione dei messaggi) ma soprattutto in pubblico, seguendo la scia delle stesse dichiarazioni di Fabi sul social network (al cinque luglio, pare che siano già oltre cinquemila, i messaggi lasciati sulla bacheca).
L’atto, l’annuncio pubblico attraverso un mezzo di comunicazione potenzialmente di massa (potenzialmente perché lo strumento fornisce modalità di gestione della privacy), pare autorizzare ogni possibile risposta, commento, dichiarazione altrui e tra gli ‘altrui’ intendo proprio chiunque.

E non si tratta nemmeno di scomodare etiche o etichette, secondo me.
“Fabi racconta il suo dramma su facebook”.
Ecco cos’è realmente successo.
Le parole hanno raccontato, hanno espresso emozioni, fatto dichiarazioni, preso posizioni, di fronte a un evento intimo, privato, che riguarda la morte, che coinvolge gli affetti profondi di un padre, che prima ancora è un uomo.
Un uomo che davanti alla morte improvvisa della figlia ha scelto di comunicare anche in questo modo.

Qualcosa sta cambiando, tra le fitte e sfuggenti maglie delle modalità comunicative della gente, la gente-tutta.

In una recente puntata del noto programma americano Late Show, David Letterman ha ironizzato sull’ipotesi di aprire un account su twitter proponendo una carrellata di frasi ‘adatte’ al mezzo di comunicazione, frasi come ‘ore sette e dieci: freddo, ho perso un calzino’ oppure ‘ore sedici: volevo guardare la partita, mi sono addormentato’. E viene da pensare che anche nella battaglia tra nuovi e vecchi mezzi di comunicazione ci siano diversi strati. Esattamente come quando una testata specializzata in gossip annuncia che Ashton Kutcher farà ‘qualcosa’ perché l’attore stesso lo ha scritto su twitter.

In ogni caso.
Di meningite si muore ancora.
In Italia.
Bambini compresi.
Senza scomodare statistiche, dichiarazioni competenti e popolarità.

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