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Nessuna giustizia per gli italiani uccisi da Mubarak?

Sebastiano CONTI, Giovanni CONTI, Daniela BASTIANUTTI, Paola BASTIANUTTI, Daniela MAIORANA, Rita PRIVITERA.

Sono i nomi dei sei italiani morti nell'attentato di Sharm el Sheikh del 23 luglio 2005.

Oggi sappiamo che ad ordinare l'attentato fu Gamal, il figlio del dittatore Mubarak, e che ad eseguirlo furono elementi del regime di Mubarak. E lo sappiamo da fonte di prima mano, i documenti con i quali l'ordine di compiere la strage si è fatto strada nella burocrazia del regime. Alle famiglie dei sei e a quelle dei numerosi feriti italiani nell'attentato è invece stato detto che i loro cari sono morti per colpa di al Qaeda.

Probabilmente molti di loro ne sono ancora convinti e con loro chi ne conserva il ricordo, visto che la notizia non ha avuto grande rilevanza. La famosa al Qaeda d'Egitto. E mai nome fu più azzeccato, visto che sempre dietro la stessa sigla il governo ha nascosto anche il recente attentato alla chiesa copta di Alessandria e che l'organizzazione, ora è dimostrato, è esistita solo nella propaganda del regime egiziano. Sarebbe il caso che qualche giornalista si recasse presso i parenti delle vittime a raccogliere le loro reazioni, cogliendo l'occasione per informarli qualora non siano aggiornati. Ma sarebbe soprattutto il caso che il governo italiano si attivasse in loro favore. Sia nel senso di fungere da stimolo e garanzia per le indagini in Egitto, che costituendosi parte attiva e sostenendo quei familiari delle vittime che volessero prendere parte al processo per chiedere giustizia o avanzare richieste risarcitorie nei confronti del governo egiziano o del ricchissimo leader e di suo figlio. I quali, anche se ormai in disgrazia, dispongono sicuramente d'ingenti patrimoni sequestrabili in Italia o nell'Unione Europea. Se non accade è solo perché il governo abdica ai suoi doveri morali nei confronti dei parenti delle vittime, perché è stato complice fino all'ultimo (e anche oltre) di Mubarak, che come tale è depositario di imbarazzanti verità sugli affari italiani in Egitto. Tutte cose che per Berlusconi e Frattini valgono molto di più della giustizia per i parenti delle vittime, italiane e no, del dittatore. Si chiami Mubarak, Ben Alì o Gheddafi non fa differenza, gli affari con quei corrottissimi regimi devono restare riservati come i nomi di quanti ne hanno tratto vantaggio mentre altri italiani erano mandati a morire, a Sharm el Sheikh come in Iraq e in Afghanistan, uccisi da nemici che i nostri stessi alleati hanno provveduto a impersonare.

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