Nelle regioni ucraine occupate gli insegnanti sono obbligati a seguire il programma russo
Alla vigilia della Giornata internazionale degli insegnanti, che in Ucraina si celebra il 6 ottobre, Amnesty International ha denunciato che i docenti ucraini nei territori occupati dalla Russia si trovano di fronte a una scelta straziante: fuggire dalle proprie case o essere costretti, con minacce, ricatti e violenze, a insegnare seguendo un programma volto a indottrinare gli studenti secondo la propaganda dello stato russo, che cerca tra l’altro di giustificare la guerra di aggressione contro l’Ucraina.
Gli insegnanti intervistati da Amnesty International hanno riferito che le autorità occupanti russe li hanno cercati con assiduità, spinti dall’urgenza di riaprire le scuole e di riportarvi gli stessi docenti che ci lavoravano prima. L’unico modo per evitare l’attenzione delle autorità russe era quello di nascondere la propria professione.
Svitlana, 38 anni, che insegna lingua e letteratura ucraina nella regione di Mykolaiv, ha raccontato:
“Ero molto spaventata che [i soldati russi] scoprissero che fossi un’insegnante. Ancora di più per via della materia che insegno. Gli insegnanti di lingua ucraina e di storia dell’Ucraina sono i loro principali nemici. Ho spiegato ai miei figli che, se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbero dovuto dire che facevo le pulizie a scuola”.
Allo stesso modo, Olha, un’insegnante di storia di 40 anni della regione di Kharkiv, ha descritto il suo terrore quando i soldati russi hanno perquisito la sua casa:
“Una volta i russi sono venuti a perquisire il mio appartamento. Ero terrorizzata che scoprissero i libri di testo di storia, le mappe e tutta la letteratura sulla storia dell’Ucraina che avevo nascosto. […] Ho visto i soldati russi devastare la scuola. La prima cosa che hanno fatto è stata bruciare tutti i libri ucraini, i simboli dello stato e le mappe”.
Oksana, una preside della regione di Kherson, ha riassunto una riunione cui era stata costretta a prendere parte:
“Hanno cercato di convincermi per tre ore. Non mi hanno minacciata, ma mi facevano pressione psicologica. Mi hanno detto che la regione di Kherson sarebbe stata per sempre russa e che l’Ucraina aveva smesso di lottare per noi. Mi hanno promesso un buono stipendio e mi hanno avvertita che, prima o poi, avrei dovuto accettare di lavorare per loro, perché non sarei sopravvissuta senza un reddito. C’era anche del ricatto emotivo. Mi hanno detto che avrei tradito i miei figli se mi fossi rifiutata di lavorare”.
A coloro che non volevano collaborare è stato chiesto di dimettersi. Tuttavia, questo non ha messo fine alle pressioni. I rappresentanti delle amministrazioni insediate dai russi si sono recati, senza preavviso, a casa degli insegnanti, anche più volte alla settimana, minacciandoli con la disoccupazione permanente, il rifiuto di assistenza sociale e medica e l’inserimento nelle cosiddette “liste nere” di persone a cui era vietato lasciare i territori occupati.
Quando le promesse di alti stipendi e promozioni, il ricatto emotivo e le minacce non riescono a costringere un insegnante a collaborare, le forze occupanti fanno ricorso alla violenza fisica e ai rapimenti.
Oleksandr, un preside e insegnante di geografia di 44 anni della regione di Zaporizhzhia, ha condiviso la sua tragica esperienza di rapimento e pestaggio da parte di uomini armati per aver rifiutato di riprendere il lavoro:
“Poco dopo il mio rifiuto di collaborare, quattro uomini armati sono venuti a casa mia. Due mi hanno afferrato e portato alla macchina. Mi hanno colpito con i fucili. Altri due uomini sono rimasti con mia moglie. Mi hanno portato nel cortile di una scuola e mi hanno picchiato di nuovo. Mi hanno chiamato ‘fascista’ e ‘nazista’. Mi hanno chiesto di partecipare a un evento scolastico…dove avrei dovuto ‘esprimere sostegno’ al funzionamento della scuola, posando per delle foto con i simboli dello stato russo. Quelle foto le avrebbero poi usate in seguito [per ricattarmi], come prova della mia collaborazione e del mio sostegno all’occupazione. Mi hanno minacciato dicendo che quelle foto sarebbero state sufficienti per le autorità ucraine per provare il mio sostegno all’occupazione e mettermi in prigione”.
La mattina dell’evento, Oleksandr ha ricevuto “un promemoria” da uno dei suoi rapitori. Non ha avuto altra scelta che partecipare.
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