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Napoli: palazzo Fuga, a 30 anni dal sisma il restauro è ancora lontano

Una facciata lunga 354 metri ed alta 46; 103.000 mq di superficie utile, 430 stanze su quattro livelli, la più grande delle quali misura 8 metri in altezza: questo è Palazzo Fuga, il più grande edificio monumentale d’Europa. Frutto della genialità innovativa quanto megalomane del sovrano borbonico più illuminato, Carlo III, secondo il progetto originario dell’architetto Ferdinando Fuga (1751) avrebbe dovuto estendersi su una superficie ancor più vasta, con un prospetto di 600 metri di lunghezza e una larghezza di 135 metri. Avrebbe dovuto comprendere, inoltre, cinque grossi cortili ed in quello centrale era prevista un’imponente chiesa con pianta radiale a sei bracci.

Ideato per ospitare ben 8.000 derelitti di tutto il regno (sulla facciata campeggia ancora la scritta latina: regium totius regni pauperum hospicium) quest’opera colossale fu ed è rimasta nei secoli, un grandioso Albergo del Poveri”. Con questo nome, peraltro, Palazzo Fuga è più conosciuto, oltre che con quello popolare (vagamente turco-napoletano) di “Serraglio”.

In questi 350 anni, infatti, sono passati diverse migliaia di "ospiti" in questa megastruttura borbonica: mendicanti, vagabondi e soggetti senza fissa dimora ed occupazione stabile. Questa partenopea Corte dei Miracoli - suddivisa in quattro categorie: uomini, donne, ragazzi e ragazze – nell’ultimo secolo ha ospitato un po’ di tutto: dagli scugnizzi rinchiusi nel riformatorio ai malati di mente, dai sordomuti ai giovani poveri iscritti alla scuola di musica. Tra gli ultime residenti in questo popolare ‘ospizio’ c’erano anche parecchie vecchiette abbandonate, alcune delle quali vi rimasero sepolte quando un’ala dell’edificio crollò miseramente, in seguito al terremoto del 1980.

Mi è capitato di leggere, in questi giorni, un allarmante articolo sulle condizioni statiche di Palazzo Fuga, il cui ripristino –a quasi trent’anni dal sisma– è ancora ben lontano dall’essere attuato. Anni di progettazione, decine di consulenti di livello internazionale, tanti progetti di “restyling” e di “restauro critico”, un’infinità d’ipotesi di destinazione di quella vera e propria cittadella vasta 10 ettari: tutto per che cosa?

E’ vero che dal progetto di Fuga all’interruzione definitiva dei lavori di realizzazione di questo maestoso edificio trascorsero 68 anni. Però non mi sembra poi tantissimo tempo, visto che un trentennio ed ingenti risorse finanziarie già stanziate hanno sortito finora risultati limitati e precari.

Certo, oggi chi passa per piazza Carlo III può vedere la lunghissima facciata del Real Albergo del Poveri in tutto il suo splendore. Il guaio è che dietro le finestre scure che occhieggiano su quella distesa chiara c’è in buona parte ancora il vuoto, riempito da grovigli d’impalcature, puntelli provvisori e precari supporti. Basta che le piogge o una scossa tellurica li sollecitino troppo –sottolineano i tecnici– ed i solai cederanno, trascinandosi nel crollo le mura perimetrali di questo sconcertante “castello di carte”.

Oggi, in nome del Forum delle Culture che Napoli ospiterà nel 2013, questo grido d’allarme pare sia stato preso più sul serio e, ancora una volta, l’Amministrazione in carica promette d’investire somme importanti nel recupero di questo storico monumento, per impedirne il degrado. Proprio in questi giorni, fra l’altro, si è svolto a Napoli un convegno nazionali di bioarchitettura, incentrato sul possibile restauro “ecosostenibile” del prezioso edificio.

Sta di fatto, però, che nella nostra martoriata città bisognerebbe smetterla di evocare fantasiosi “regni del possibile”, per cominciare finalmente a realizzare “le possibilità del regno”, cioè una gestione attenta alle vere priorità ed esigenze della collettività, a partire dalla quotidianità dell’ordinario.

Il guaio è che, al contrario, di chiacchiere se ne sono fatte fin troppe, mentre lo stesso ingegnere Andrea Esposito –responsabile del progetto di recupero di Palazzo Fuga– ha dichiarato che finora si sono realizzati solo interventi occasionali di rattoppo, mentre pessime sono le condizioni della manutenzione, col già paventato rischio di crollo dell’imponente struttura borbonica.

Nello scorso luglio essa era stata inserita dalla Regione Campania, con almeno due anni di ritardo, nel progetto “Centro storico di Napoli”, destinando al suo restauro 20 milioni di euro, dei 100 complessivamente disponibili.

Bene! Eppure se il pensiero corre ai 17 milioni che il comune di Napoli –attraverso Bagnolifutura Spa che esso detiene al 90%– ha deciso di spendere per ospitare in un’area del tutto inappropriata un pretenzioso e gonfiato evento velico che durerà solo 9 giorni, replicando la spesa fra un anno, beh, ammetterete che c’è da incavolarsi!

Ma come: il Sindaco del rinnovamento, della discontinuità rispetto all’era bassoliniana e della gestione alternativa ed ecocompatibile del territorio non trova niente di meglio da finanziare con i soldi dei Napoletani del baraccone mediatico che gira intorno alle gare della America’s Cup ? E, per di più, lo decide e lo impone con una logica verticistica, contraddicendo il piano di autentico risanamento ambientale di un’area, quella di Bagnoli, che lobbies trasversali hanno deciso da anni di trasformare in ciò che qualcuno ha definito “la madre di tutte le speculazioni"?

Consiglio a tutti –in particolare a coloro che, come me e tanti altri, hanno deciso di sostenere l’elezione a sindaco di de Magistris– di andarsi a rileggere, adesso, il suo programma elettorale. Chi ha creduto che “Napoli è tua” potesse essere lo slogan di un rinnovamento dal basso, ecologista pacifico e solidale, cercherà invano in quelle dichiarazioni programmatiche le attuali priorità di chi ci amministra ormai da qualche mese.

Spendere 34 milioni di euro (17 per due tornate) per fare e disfare opere di non indifferente impatto ambientale in un’area inquinata da bonificare, per realizzare meno di 20 giorni di manifestazioni collaterali alla “Vuitton Cup” , nel mentre pare che bisogna rallegrarsi se si riesce ad ottenere dalla Regione 20 milioni per recuperare e sottrarre al degrado, se non al crollo, il bisecolare edificio più grande d’Europa, non mi sembra tollerabile!

Quando la finiremo con la celebrazione di “grandi eventi” che assomigliano piuttosto a dei grandi “venti”, vani ma capaci di disperdere montagne di denaro pubblico per arricchire i soliti noti?

Quando si riuscirà a rendere Napoli una città meno “anormale”, che campa solo sulle emergenze e che da decenni non conosce un’amministrazione che sappia ascoltare i cittadini e rispondere alle loro necessità d’ogni giorno?

“Coppe”, “Forum” ed altri altisonanti eventi dello stesso genere assomigliano troppo alla maestosa facciata restaurata di Palazzo Fuga, dietro la quale però regna il vuoto. O, peggio, dove continua ad affannarsi un’insaziabile torma di speculatori, faccendieri e politicanti, con le loro rispettive “corti dei miracoli”...

Facciamo sentire la nostra voce a chi aveva promesso di ascoltarla e diamoci da fare per evitare che, con la vuota facciata delle apparenze spagnolesche che ci ha troppo a lungo contraddistinto, crolli anche la speranza per un futuro diverso della nostra città.

 


 

 

 

 

 

 

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