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Mutilazioni dei genitali femminili, a dicembre il voto dell’Onu

Il 26 novembre è stato un giorno storico. Per la prima volta, il III Comitato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si occupa di questioni sociali, umanitarie e diritti umani, ha adottato una risoluzione, promossa significativamente da quasi tutti i paesi africani, sulle mutilazioni dei genitali femminili.

Il voto finale è previsto a dicembre, nella sessione plenaria dell’Assemblea generale, e non dovrebbe riservare sorprese. Nel III Comitato, i paesi favorevoli sono stati oltre 110.

Sebbene non vincolante, la risoluzione avrebbe un peso morale e politico considerevole.

La risoluzione è storica, perché colloca il taglio dei genitali delle bambine, spesso senza anestesia e in condizioni igieniche tali da favorire l’insorgenza di infezioni mortali, nell’ambito delle violazioni dei diritti umani.

Il testo della risoluzione sostiene un approccio olistico alla materia, sottolineando quanto sia importante dare voce e consapevolezza alle donnepromuovere e proteggere la salute sessuale e riproduttiva, anche attraverso adeguate campagne informative ed educative, e al contempo spezzare il ciclo mortale di discriminazione e violenza.

Le mutilazioni dei genitali femminili sono una pratica purtroppo comune in 28 paesi africani così come in Yemen, Iraq, Malesia, Indonesia e in alcune comunità dell’America meridionale. L’hanno subita dai 130 ai 150 milioni di donne. Ogni anno, altri tre milioni di bambine e ragazze sono a rischio, anche nelle comunità migranti nei paesi occidentaliItalia inclusa, dove peraltro esiste da sei anni una buona legge.

Dice chiaramente, la risoluzione, che ancora prima delle leggi, occorrono piani d’azione nazionali, dotati di risorse e meccanismi di valutazione, per accrescere la sensibilità collettiva. Non solo delle donne, ma anche degli uomini, se vogliamo che questa abietta pratica finisca una volta per tutte. I piani d’azione devono prevedere anche forme di protezione per le donne che chiedono asilo politico perché sono state costrette a sottoporsi, o rischiano di essere sottoposte, alla mutilazione dei genitali femminili.

Infine, la risoluzione formula concrete raccomandazioni per prevenire le mutilazioni dei genitali femminili, proteggere le bambine e le ragazze a rischio, porre fine all’impunità, fornire servizi e cure di sostegno per coloro che per tutta la vita porteranno con sé le conseguenze dell’intervento cui sono state sottoposte.

Governi, personalità, associazioni e coalizioni hanno fatto molto per arrivare al voto del III Comitato dell’Assemblea generale. La campagna europea END FGM ha lavorato per anni ai fianchi dell’Unione europea, ottenendo anche l’attenzione delParlamento europeo, sottoponendo agli stati membri una strategia e una serie di raccomandazioni, molte delle quali sono contenute nel testo della risoluzione approvata il 26 novembre.

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