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Monti e D’Alema, attenti a quei due

Mario Monti e Massimo D'Alema sono senza dubbio i due personaggi chiave di questa calda estate italiana. Entrambi lucidi nel perseguire i propri obiettivi, entrambi determinanti nel configurare il quadro politico e istituzionale pre e anche post elettorale. Monti tetro e sobrio, come al solito. Maxdalema sussiegoso e presuntuosetto anzi che no, come al solito. Ma questo è solo accidente e non sostanza, come avrebbe detto Aristotele.

Lo spread
Monti è abile nel giostrare con l'altalena dei tassi di interesse sul nostro debito, cioè con il differenziale (lo spread) fra il rendimento dei nostri titoli di stato e quello dei titoli di stato tedeschi. Finora avevo pensato che le continue oscillazioni dello spread fra i 450 e i 550 punti senza mai scendere fosse l'indice di una totale incapacità del governo di controllare e guidare i processi finanziari che ci riguardano più da vicino. Ma adesso comincio ad avere qualche dubbio. Il presidente del consiglio ci è o ci fa? In realtà mi sembra che Monti, che certamente subisce anche lui le varianti finanziarie determinate dai "mercati", utilizzi le oscillazioni dello spread come "arma di intimidazione di massa", per far passare l'idea della necessità delle misure antipopolari più odiose, come unica alternativa alla "caduta nel baratro", impaurendo le popolazione italiana e ricattando i partiti che in Parlamento lo sostengono.

Anche D'Alema utilizza l'altalena dello spread. Non per far passare le linee guida del liberismo. A questo ci pensa il governo, e comunque D'Alema non può essere considerato un liberista ma semmai un liberale, forse - ma non è detto - un po' di sinistra. Max ha il problema di convincere la base del suo partito e l'elettorato del centro sinistra che l'accordo con l'Udc di Casini è, sì, un rospo da ingoiare ma è indispensabile, se si vogliono battere le destre e si vuole quindi evitare che lo spread vada a 1.200. Come Monti in preda a un attacco di sincerità ha incautamente detto di recente in un'intervista al Wall Street Journal. Accordo che comporta il far digerire l'archiviazione dei diritti civili, la definitiva mortificazione dei diritti del lavoro, l'intangibilità della politica estera e le continue violazioni della Costituzione.

L'Europa


Monti e D'Alema sono entrambi "europeisti", diciamo così. Monti lo è in quanto legato mani e piedi anche ideologicamente all'Europa della Merkel, D'Alema lo è in quanto convinto che il prossimo governo non potrà che perseguire la linea del rigore imposta dalla Troika già ai tempi della fase finale del governo Berlusconi, e cioè da Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Unione europea. Quanto sia distante dalla realtà stravolta e capovolta dell'Europa di oggi l'europeismo del progetto federativo europeo delle origini, un po' naïve ma rispettabilissimo, è quasi superfluo ricordarlo. L'ideale di un'Unione europea come unione democratica dei popoli europei è stata degradata in un primo tempo a basso e burocratico compromesso fra una federazione basata sugli stati e quindi sui governi e una federazione basata sui popoli. L'unica istituzione con un minimo di legittimità democratica essendo il Parlamento europeo, pressoché privo di poteri, tutti lasciati alle tecnocrazie europee. Successivamente, con l'avvento dei governi di destra in Europa, l'Ue è diventata prima un'unione europea liberista a tutto tondo e poi arena dell'aggressione dei paesi più forti, autodefinitisi "virtuosi", in combutta con i grandi centri della speculazione mondiale, contro i paesi più deboli, chiamati sprezzantemente "paesi cicala" (dove si canta e non si lavora) o addirittura Piigs (maiali), e cioè Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

Sia da Monti che da D'Alema non uno straccio di idea alternativa a questo tipo di Europa. Da parte di Monti perché in fondo gli va bene così, o almeno se ne frega, altre essendo le sue personali priorità. Da parte di D'Alema perché la più che ventennale attitudine ad adeguarsi completamente ai vincoli politici e sociali del capitalismo europeo e anglosassone ha spento, in lui come in gran parte del gruppo dirigente del Pd, ogni capacità non dico di praticare una linea un minimo alternativa ma addirittura di immaginarla. D'Alema e il gruppo dirigente del Pd sono semplicemente terrorizzati dall'idea di dover affrontare l'anno prossimo i "mercati", il governo tedesco e i burocrati di Bruxelles senza Monti o senza un Monti.

Le elezioni
Monti vuole finire il suo mandato e quindi vuole che si vada a votare nel 2013. Per avere più tempo per completare almeno una parte del "lavoro sporco", per meglio condizionare le politiche del futuro governo e per presentarsi quindi con le carte in regola di fronte ai suoi amici di Bruxelles come l'uomo che ha messo in riga gli italiani, notoriamente poco amanti del lavoro, privi di senso di responsabilità e dediti allo spreco. E' una questione di prestigio personale su cui il personaggio ha giocato tutto se stesso. Anche D'Alema auspica che si vada a votare l'anno prossimo nonostante che tutte le proiezioni elettorali diano oggi il Pd come il primo partito. Occorre infatti tempo, molto tempo, per trovare la quadra fra Pd, Udc e Sel da far digerire ai rispettivi elettorati. E occorre tempo, molto tempo, per trovare l'accordo con le destre per fare una legge elettorale "ammazza Grillo" e che inoltre dia il premio di maggioranza non alla coalizione vincente ma al primo partito di questa coalizione, che si prevede sarà il Pd.

Se qualcuno si illude che Sel e la debole sinistra interna del Pd possano condizionare le scelte di quel finto brav'uomo di Bersani, con i suoi detti popolareschi e il suo accento emiliano, farà bene a leggersi l'intervista che D'Alema ha concesso proprio in questi giorni al Messaggero (9 agosto). Al di là di alcune affermazioni anche condivisibili messe qua e là per far digerire la sostanza delle cose, varrà la pena riportare una frase che è il messaggio centrale dell'intervista: "Stiamo lavorando per costruire un asse di governo che garantisca la continuità giusta con questo esecutivo sul piano della credibilità internazionale, del rigore finanziario e della coerenza con le scelte e con gli accordi sottoscritti in sede europea". Più chiaro di così! Serve altro?

Si voterà per un governo senza conoscerne il programma
Ad oggi, l'accordo faticosamente raggiunto sembra essere il seguente. Alle prossime elezioni Pd, Sel e Udc si presenteranno ognuno per conto proprio con il proprio programma, che i rispettivi elettori voteranno presumibilmente in modo convinto. Ma ne siamo proprio sicuri? Poi, dopo le elezioni si farà un governo, tutti insieme, appassionatamente. Con quale programma? Non si sa. Con quanta rissosità interna? Non si sa. Con quale speranza di superare il primo anno di legislatura? Non si sa. Auguri agli elettori del centrosinistra.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.215) 13 agosto 2012 17:44

    Si tratta di due individui assolutamente inaffidabili: perciò calzano a pennello all’italico volgo!

  • Di (---.---.---.113) 13 agosto 2012 19:58

    Resipiscenza >

    Alla Festa Leghista di Avio (Trentino) il prossimo fine settimana “la moneta ufficiale sarà la lira e i prezzi del cibo e delle bevande saranno al costo storico in lire”.
    Stando agli organizzatori si dimostrerà così, a chi ha “introdotto l’euro a tavolino” (ivi compreso Monti), i danni causati. Danni che i cittadini scontano in termini di costo della vita.

    Gli organizzatori non ricordano più che il 1° gennaio 2002 Bossi e Castelli erano Ministri del governo Berlusconi?
    Come hanno dimenticato che dal Ministro Tremonti fu giudicato immotivato (controindicato) qualsiasi “intervallo” di doppio regime monetario.
    All’epoca, nelle vie e nelle piazze, divenne d’uso corrente l’espressione: “1 euro per ogni 1.000 lire”.
    Nel paese del Barbiere e il Lupo non mancano soluzioni singolari …

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