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Monterotondo Marittimo … un limone da strizzare a morte!

Forse non tutti sanno che in questo modesto borgo si produce elettricità da geotermia per l’85% del fabbisogno di tutta la provincia grossetana e, come se ciò non bastasse, già è attivo un impianto di compostaggio di rifiuti speciali per 16.100 t/a provenienti dall’ATO9. Il contributo in termini di servizi al resto della società da parte di questi 1.300 abitanti risulta più che soddisfacente, ed anzi meriterebbe un encomio ed una specifica onorificenza.

Nulla di tutto ciò!

Se già si fa tanto, si deve fare ancora di più! 

A beneficio di altri comuni che, senza alcun degrado ambientale ed inquinamento, possono realizzare sul loro territorio attività più salubri e di sensibile richiamo turistico.

L’Amministrazione di Monterotondo ritiene che un ulteriore impianto, di incenerimento di fanghi dei depuratori, rappresenti “… un valore aggiunto al territorio” ed un’ottima opportunità per Monterotondo. E’ in corso la relativa procedura di Valutazione di Impatto Ambientale presso gli uffici della Provincia e, nonostante le reazioni contrarie di comitati, partiti, singoli cittadini, imprenditori agricoli, rappresentanti di categorie, etc., l’iter è ormai in dirittura di arrivo.

Ma la beffa definitiva è venuta dagli amministratori comunali lo scorso 6 febbraio 2009 nella presentazione dei risultati dell’esame del Comitato dei Garanti circa l’ammissibilità del Referendum comunale sull’inceneritore di rifiuti richiesto da circa 400 residenti.

A seguito della valutazione delle leggi vigenti e della tipologia di impianto – nella fattispece si ribadisce trattarsi di un “impianto di incenerimento di rifiuti urbani” – i Garanti (Segretario Comunale di Monterotondo, il Difensore Civico Regionale, il Difensore Civico Comprensoriale) hanno ritenuto che la procedura di rilascio delle autorizzazioni sia di competenza della Provincia, e, pertanto, dichiarano “l’inammissibilità della proposta referendaria” a livello comunale.

Pertanto appare un paradosso la clausola del Piano Strutturale di Monterotondo che vincola alla volontà popolare la scelta di un impianto a biomassa agricola e forestale, mentre un inceneritore di rifiuti, dall’impatto ambientale e socioeconomico nettamente superiore, può liberamente essere installato senza una democratica espressione di consenso o opposizione.

Ma nella stessa riunione è stata annunciata una grande novità da parte del Sindaco in persona. Un nuovo progetto verrà presentato ufficialmente a breve per un ulteriore impianto “sperimentale” di trattamento dei soliti rifiuti urbani con la tecnologia di “gassificazione” per circa 5 t/g. Sempre a detta del Sindaco, la caratteristica di sperimentalità consentirebbe l’autorizzazione senza l’applicazione della procedura VIA e sotto la responsabilità della Regione. Questa tecnologia in Italia non è affatto una novità e non si comprende cosa debba essere ancora “sperimentato” in merito; inoltre questo impianto è preoccupante in quanto si configura come “seconda linea” di produzione che, grazie alla millantata “sperimentalità” non sarà neppure soggetta ai “fastidi” della procedura VIA.

Che si intenda trasformare Monterotondo in una pattumiera della Toscana, e forse oltre, appare ormai chiaro a chiunque, stante la complicità dell’Amministrazione comunale!

Non è altrettanto sicuro che ciò sia lecito a soli 3 Km dal paese, a stretto contatto di un tessuto socioeconomico con 2 allevamenti di pecore e relativi premiati caseifici, 1 allevamento biologico di cinta senese e relativo salumificio, 2 aziende vinicole di produzione del vino Monteregio DOC, 10 agriturismi, e varie aziende agricole con apprezzate produzioni di olio extravergine e castagne, mettendo a rischio in tal modo l’economia e l’occupazione connessa, in un territorio rurale percorso dalla “Strada del vino e dei sapori”, con rilevanti vestigia archeologiche medievali, che attiva un crescente turismo enogastronomico e culturale. Il tutto in un catino di pochi Km quadrati.

Ossia, se legittimamente un unico soggetto imprenditoriale possa prevaricare gli interessi dei tanti imprenditori agricoli privati che qui operano e traggono fonte di reddito, con gravi danni alle loro attività ed al valore delle proprietà, oltre che al paesaggio e all’ambiente, pregiudicando circa un centinaio di posti di lavoro, compreso l’indotto, senza possibilità di opposizione, e senza concreti vantaggi per la popolazione di alcun genere.



Questo è un “attentato al territorio”, una desertificazione annunciata!

L’esito del referendum autogestito svoltosi nei giorni 18 e 19 c.m. a Monterotondo Marittimo sulla realizzazione del’inceneritore di fanghi prossimo al paese è stata
una schiacciante maggioranza di 570 voti contrari, contro i 17 favorevoli, dopo una vicenda che ormai si trascinava da parecchi mesi tra referendum si o no.
La consultazione popolare, prevista nel Piano Strutturale comunale e sbandierata nel programma elettorale 2004 della maggioranza, era stata dapprima elusa dall’Amministrazione, poi osteggiata in ogni modo, fino a costringere alla nascita di un “Comitato pro referendum”, alla raccolta delle firme, alla richiesta dell’indizione ed infine all’autogestione dell’iniziativa.

L’impianto previsto, ancora in corso di Valutazione di Impatto Ambientale presso il competente ufficio della Provincia, prevede l’incenerimento di 30.000 tonnellate/anno di fanghi di depuratori dell’ATO allargato (Grosseto+Siena+Arezzo) e di 15.000 tonnellate/anno di massa vegetale, oltre ad elevati quantitativi di gas GPL, con una localizzazione inefficiente, una tecnologia inadeguata, elevate emissioni di inquinanti.

Che la popolazione di Monterotondo osteggi l’assurda ipotesi impiantistica non è difficile comprenderlo, e non solo per motivi di salute (ufficialmente classificato come “impianto insalubre di prima classe”), ma anche per la tutela dei propri interessi connessi alla perdita di valore delle proprietà e di tutti i prodotti agricoli qui attualmente commercializzati.

Tra l’altro ben due precedenti tentativi di attività industriali basate sempre sui rifiuti qui hanno chiuso in passato con un buco di investimenti per almeno 18 milioni di euro, con perdite anche per l’Amministrazione comunale, oltre che per i contribuenti. Iniziative che hanno portato solo inutile consumo di territorio, degrado, problemi agli abitanti, poche unità di lavoro precario ed in condizioni da terzo mondo. E si sa che non c’è due senza tre!

Da molti anni la popolazione chiede invece a gran voce il rilancio delle terme su base innovativa, e con i 18 milioni di euro sinora gettati al vento si sarebbero realizzati almeno due stabilimenti termali, con sensibile occupazione, niente emissioni, ed una valorizzazione di tutto il territorio.

L’Amministrazione comunale, nonostante una consulenza specifica di Nomisma (pagata 25.000 euro) è sorda e cieca verso questi modelli di sviluppo, forse per incompetenza nella materia, e continua ad invischiarsi in improbabili progetti industriali, fonti di fallimenti e di perdita di consenso popolare, come risulta evidente dall’esito del referendum!

E non vale neppure l’adagio per cui “sbagliando si impara!”; qui, la madre dell’asino è sempre incinta!

Basteranno 570 NO a far cambiare rotta definitivamente all’Amministrazione circa gli impianti di incenerimento e trattamento rifiuti?

Si accettano scommesse!

Commenti all'articolo

  • Di Un abitante (---.---.---.104) 30 aprile 2009 10:58

    Situazioni del genere dovrebbero indignare, non solo la popolazione vittima di prevaricazione, ma anche la classe politica tutta, ammesso che un’etica ed una responsabilità alberghino ancora nei rappresentanti politici di vario livello.
    Invece purtroppo si assiste a strumentalizzazioni partitiche volte unicamente alla gestione del potere, in cui gli interessi della popolazione sono totalmente ignorati o manipolati ad arte, nell’ottica di un business disinvolto.
    Sarà necessaria una guerra civile, o basterà ricordarsene il 6 e 7 giugno?
    Staremo a vedere, ma la lotta per ottenere il rispetto dei nostri diritti non smetterà.
    Almeno fino a che c’è internet!!!

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