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Monte Verità

Che c'è di meglio per una giovane moglie del 1920, di famiglia ben locata o benestante, di etichetta si direbbe, residente a Vienna e madre di due bambine, mantenuta dal marito-padrone che annuncia come tutto deve andare e che “porta i soldi a casa”, un fotografo che dirige tutti gli affari familiari e comanda perfino nella posa per una foto “Datevi un contegno!”?

Di meglio – non solo per una donna del 1920 ma anche d'oggi – ci sarebbe una bella fuga. La poveretta soffre d'asma e subisce i rapporti amorosi, molto formali con lui, da essi sono nate le due figlie, un amore senza amore, in quelle occasioni subisce persino l'”ordine” “mi devi il mio diritto...tu e il tuo stupido rantolo … devi adempiere ai tuoi doveri”.

Così accade: una fuga, un viaggio verso Locarno dove sa esserci un luogo ove le persone vivono libere, secondo natura, semplicemente e coi frutti della terra, alloggiate in baracche di legno, in forma comunitaria, dove dare spazio ai propri “brividi di libertà ” e di esprimersi in corpo e anima, cercando qualcosa, magari una società nuova, senza costrizioni e con poche regole (le “Comuni” di giorni recenti, gli hippies?). Il posto – come il film – si chiama Monte Verità, le era stato consigliato da Otto Gross, studioso della psiche che aveva conosciuto quando questi si trovarono di passaggio a Vienna tempo prima. Nel film Otto è anche bello, difficile resistergli: egli dice che col sesso non smette di lavorare, fa parte della professione e poi... chi non accoglierebbe la giovane e indifesa signora Leitner dallo sguardo di adolescente smarrita,

Quel centro non è solo nel film: è esistito per davvero. Ne parla in un articolo del Fatto Quotidiano del 5 luglio 2023 lo studioso Filippomaria Pontani, da Castelfranco Veneto, 47enne insegnante di Filologia classica alla Cà Foscari di Venezia formatosi alla Scuola Normale superiore di Pisa.

Monte Verità è un colle acquistato nel 1900 da un ereditiere fiammingo e una teosofa (cercare sul vocabolario o su Wikipedia!) montenegrina. Vi risiedette una varia umanità, eterogenea di uomini nuovi e desiderosi di rapporti liberi (e “bebé a profusione”), l''articolo lo dice, dice pure che lì alloggiarono personalità famose: Isadora Duncan, Max Weber, Rudolf Steiner, l' anarchico Eric Mühsam, Otto Gross (proprio lui, a mò di coordinatore della comunità nel film) stimati all'epoca da Freud e Jung, e poi Hermann Hesse “in fuga dalla nevrosi e dall'alcolismo” (v/ articolo) che in sue opere trasfuse il concetto di “Ohne Zwang - Senza Costrizione.

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