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Minniti che parla di (a) Salvini

Dissertazioni di ANGELO MADDALENA (*) su i nostri ministri degli Interni ma anche sull’importanza di studiare le fonti delle notizie e di fermarsi…per capire

Ho sempre detto che la legge Minniti è quella che neanche il ministro Maroni era riuscito a far approvare. Però, per amore di conoscenza e rispetto della complessità, vado a leggere l’intervista di Repubblica (7 giugno) a Marco Minniti. Così colgo alcuni aspetti che spiegano i danni possibili delle intenzioni di Salvini.

Quelle che citerò sono appunto parole di Minniti. Procedo per “battute” ma se volete l’intero testo dell’intervista andate su Repubblica on line.

Dice Minniti: «Salvini ripete che l’immigrazione è un business. Non ci può essere approccio più sbagliato. C’è chi lucra sulla pelle dei migranti, ovviamente, e colpire gli approfittatori è l’obiettivo delle indagini penali. Le migrazioni sono un fatto epocale, non dimentichiamolo. Bisogna combattere i trafficanti di uomini, non i richiedenti asilo in fuga dalla violenza. Dov’è la pacchia di cui parla Salvini?».

Alla domanda: «Cosa comporta allearsi con l’Ungheria, Austria e gruppo di Visegrad?» – come sembra volere fare Salvini – Minniti risponde: «Vuol dire diventare l’Hotspot dell’Europa, esattamente come vuole il gruppo dei Paesi dell’Europa centrale del gruppo di Visegrad. Ci stiamo consegnando mani e piedi al loro progetto di ridurre l’Italia a centro di controllo unico dei flussi migratori provenienti dall’Africa».

Altra domanda: «Il ministro Salvini ha dichiarato di voler rimpatriare 500 mila stranieri. E’ possibile?». Risposta: «E’ una ricetta vecchia, già annunciata dal governo Berlusconi nel 2001. Finì con la maxi sanatoria per 600 mila irregolari. Salvini dice anche di volere creare CIE in tutte le Regioni d’Italia: lo informo che i CIE non esistono più, e che se li vuole riaprire dovrà farlo con una legge dello Stato. Per non parlare di quella boutade, la posso considerare solo una boutade, che vuole i centri di accoglienza come prigioni da cui i richiedenti asilo non potrebbero uscire. Si violerebbe qualsiasi diritto e le norme dell’ONU».

Queste parole di Minniti, secondo alcuni – e giustamente – possono essere suggerite da “invidia” per non aver potuto fare lui quello che Salvini farà, sulla scia però del “buon lavoro” (così disse il nuovo ministro dell’Interno) fatto da Minniti stesso. Per esempio attrezzare CIE – magari con altro nome – in ogni Regione era fra le idee di Minniti. Per questo è interessante sentire Minniti parlare di una “boutade” di Salvini, contro «qualsiasi diritto e le norme dell’ONU».

Voglio fare un’altra osservazione sull’immediatezza dei social (come facebook, che uso, e altri che io non utuilizzo) e sulla loro devastazione comunicativa e “incontrollabilità”. Me ne ero accorto più di quindici anni fa, quando via mail mi scambiavo notizie e idee con un ex compagno di università che non vedevo da molto tempo. Sia io che lui ci accorgemmo che dovevamo evitare di affidarci alla mail perché le nostre discordanze rischiavano di diventare “violente” e che non guardandoci negli occhi la nostra “cattiveria” rischiava di scatenarsi senza il controllo o il contatto diretto del parlare faccia a faccia. Poi lui mi spedì una lettera …. cartacea (sembra sia passata un’epoca).

Una cosa interessante l’ho osservata guardando un programma di Rai Storia. C’’era la figlia di De Gasperi e alla domanda: «parlavate di politica con vostro padre?» lei ha risposto: «Quando gli chiedevo qualcosa dei suoi scambi e diverbi con Togliatti lui mi diceva: “Hai letto il giornale?” e alla mia risposta “No”, mi diceva: “Prima leggi il giornale e poi ne parliamo”». Un esempio lampante di una devastazione abominevole. Oggi è il contrario: uno dice la sua su facebook, magari postando un video di allarmismo mediatico senza né contestualizzare, né fare riferimento a notizie dei giornali, senza aver letto il giornale del giorno, cioè senza aver elaborato né valutato nel suo complesso la realtà: così aberrante da diventare quasi comico. Siamo diventati rincoglioniti, ci buttiamo a capofitto su una notizia senza sapere da dove arriva, senza controllare se i giornali hanno approfondito e soprattutto senza rispettare un principio di autorità che oggi potrebbe essere, che so, quanto hanno studiato Bauman, Noam Chomski, per non dire Baudrillard o altri studiosi della società dello spettacolo e della comunicazione di massa.

Postando un video uno potrebbe anche dire ad amici e conoscenti: tu hai competenza in queste cose? Mi puoi aiutare a capire?

Oppure – prima di “rilanciare” e commentare – ognuno potrebbe semplicemente indagare da dove arriva quel tipo di notizia, se chi, all’inizio, l’ha postata è credibile.

Niente di tutto questo: valanghe di fango sotto forma di post, senza sapere da dove provengono e da chi.

Poco tempo fa un ragazzo è stato arrestato per notizie false di aggressioni di africani ai danni di italiani, ma ha guadagnato migliaia di euro in poche settimane prima che lo denunciassero per istigazione all’odio razziale. Lui ha detto che non lo faceva per razzismo ma che comunque gli immigrati in Italia sono troppi!

Esistono una svalutazione e un disprezzo per la ricerca, per lo studio. Un tipo che conosco (si occupa di computer e di televisione) posta spesso video di immigrati che commettono reati o cose del genere. Ovviamente ha le sue teorie filo leghiste sui migranti. A parte le verifiche, fa osservazioni che a volte meriterebbero un approfondimento.

Non voglio dire che per parlare bisognerebbe avere una laurea, però studiare un po’ sì è necessario se si vuole provare a capire l’insieme delle cose. A lui direi provocatoriamente: se io per aggiustare un computer vengo a chiederti consigli o un contributo tecnico, perché tu non devi chiedermi una mano (mi sono laureato con una tesi sull’emigrazione) per capire quello che succede ad ampio raggio nella storia recente delle migrazioni nel Mediterraneo e in Europa?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.225) 11 giugno 2018 19:18

    Sottovoce >

    Certe ONG, continuando a mandare le loro imbarcazioni lungo le coste nord africane, hanno visto più che decuplicare gli introiti frutto di donazioni.

    Pur avendo sede in vari paesi d’Europa e imbarcazioni che battono bandiera straniera trovano validi motivi per stazionare solo vicino ai porti italiani, in attesa dell’autorizzazione ad approdare.


    Il loro “carico” innegabile di tanta dolente umanità non può bastare a disconoscere aspetti e modalità riconducibili ad un reale business.

    Spiacevole è constatare che noti “operatori”, degni di stima e gratitudine, interpellati su tali temi se la sbrigano dicendo di “non sapere”.


    I MIGRANTI non viaggiano per piacere e avendo opzioni alternative.

    Trattare di umanità non è uno spettacolo da Pantomima e Rimpiattino ...

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