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Milleproroghe. Paga e taci, somaro italiano

Dopo il pensionamento della vecchia legge Finanziaria, il decreto Milleproroghe è diventato il nuovo baccanale della spesa pubblica, come testimoniato dai 1800 emendamenti contati dagli uffici delle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio di Palazzo Madama. Del resto, il Milleproroghe, oltre alla delega sul federalismo, è l’unica diligenza legislativa assaltabile in questo momento. Tra le perle degli emendamenti, ve ne segnaliamo due che hanno elevata probabilità di essere accolti, vista la provenienza.

Ad esempio, il relatore per la Commissione Affari costituzionali del Senato, Lucio Malan, ha presentato alcune proposte che puntano (udite, udite) ad incrementare le risorse per Pompei. Una proposta, dice Malan “concordata con il ministero dei Beni culturali per incrementare il personale e le risorse per la salvaguardia del sito archeologico”. E pazienza che le risorse Pompei le ha sempre avute, e pure in eccedenza. Ma forse questo emendamento serviva per salvare la buccia a Sandro Bondi, e quindi ora potrebbe pure essere ritirato, per la gioia di noi contribuenti.

Il secondo emendamento, invece, rappresenta l’ennesima puntata di una saga pluriennale, prevede l’ennesima proroga (semestrale) per il pagamento delle quote latte ed ha come primo firmatario il leghista Gianpaolo Vallardi. Con la proposta si chiede ”al fine di far fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero-caseario” di differire al 30 giugno 2011 il pagamento previsto dai piani di rateizzazione entro il 31 dicembre scorso. Il tutto con un cartellino del prezzo di 30 milioni di euro, 60 miliardi del vecchio conio e dopo avere pagato, nel secondo semestre del 2010, per effetto dell’ultima proroga, altri 5 milioni di euro di multe a Bruxelles, che si sommano agli 1,7 miliardi di euro pagati finora. Del resto sapete come sono, i leghisti: gente di parola, soprattutto quando si tratta di tenere buoni alcuni propri rumorosi elettori con soldi dei contribuenti italiani.

Attendiamo il placet di Mister Austerità, qualcosa ci dice che arriverà anche stavolta. Dai severamente equanimi tagli lineari alle mancette selettive il passo è più breve di quanto sembri, soprattutto quando c’è di mezzo la Lega. Nel frattempo, qualcuno allerti la Sciarelli: ci siamo persi il ministro Galan.

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