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Michel Camilo: un recital solistico al Cotton Club di Tokyo

Michel Camilo (Santo Domingo, Repubblica Dominicana, 4 aprile 1954), dopo alcune serate a dirigere una nutrita big band al Blue Note, si è esibito per un giorno al Cotton Club di Tokyo, da solo al pianoforte.

 

Ha mostrato notevoli doti tecniche, una veemenza incredibile nel percuotere la tastiera, unita ad un uso frequente del pedale, l’eleganza di uno stile con molti riferimenti alla musica classica, probabilmente dovuti ai tredici anni di studio al Conservatorio Nazionale della sua città. Ma in lui convivono anche i ritmi caraibici del CentroAmerica e il Jazz statunitense, perfezionato quando si trasferì a New York nel 1979.

Nel primo set, cui ho assistito, con la simpatia di un amabile entertainer, Camilo ha eseguito otto pezzi, bis compreso, alternando nel repertorio brani originali a pezzi famosi. Tra i primi, ha eseguito “Island beat”, particolarmente gradevole, ritmato e trascinante, Un inizio con il consueto pedale a riproporre la basica “Clave” cubana nella parte bassa della tastiera, mentre in quella più alta eseguiva un tema cantabile, sviluppandolo poi in furiose improvvisazioni, per dar vita ad un intersecazione di Mambo, Guajira e Descarga, assai frequente nel Jazz Latino.

E’ altresì un compositore che ama le Ballad malinconico-romantiche e lo dimostra in “A place in time”, con uno stile che a tratti ha ricordato quello di certe “Piano Improvisations” di Chick Corea.

 

C’è poi, purtroppo per il pubblico, l’omaggio alla moglie, presente al concerto, per il suo compleanno. Camilo, esternando alla platea l’amore per lei, definendola “la mia musa ispiratrice”, rispolvera il suo “Sandra’s Serenade”. Vorrebbe essere un brano dolce ma, ahimè, come capita spesso, oltrepassa il limite, giungendo al dolciastro, come a dire “quanto bene ti voglio; voglio dire a tutti l’amore che ho per te”, etc.

Va meglio con “Take five”, il famoso 5/4 del sassofonista Paul Desmond, inciso in origine nel disco “Time Out”(1959) dal Dave Brubeck Quartet. Godibili e originali, con un retrogusto latino, le sue improvvisazioni hanno riscosto l’attenzione e l’applauso degli astanti.

 

Il pezzo più entusiasmante risulta una Medley composta da tre brani, “I got Rhythm”(1930) dei fratelli Gershwin; “Caravan”(1937) di Duke Ellington; “Sing, sing, sing”(1936) di Louis Prima, un omaggio alla “Swing Era”. Molti i cambi di tempo, le accelerazioni a velocità supersoniche e la consueta irruenza percussiva, che lo fanno sudare. Noto però tra i presenti qualcuno che dorme, immagine frequente in Giappone, soprattutto nei numerosissimi treni che percorrono la capitale. Nello stile di Camilo noto spesso un accompagnamento swingante tipico dello “Stride piano”.

Applausi generosi inducono il nostro a ritornare per il consueto bis. Sembra una ballad, di primo acchito, una sensazione dovuta ad una lunga e lenta introduzione. Ma poi il pezzo si rivela un “Baiao”, brasiliano, vale a dire un ritmo musicale nordestino accompagnato dalla danza, molto popolare nelle regioni del Nord e del Nordest del Paese sudamericano.

Photos courtesy of COTTON CLUB, Japan
Photo by Yuka Yamaji

 

 

 

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