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Mercato del lavoro: cosa racconta il Rapporto Istat 2019?

L’occupazione calca un trend positivo e supera i livelli pre-crisi, ma è un dato in chiaroscuro.

Il mercato del lavoro è un parametro fondamentale per comprendere quali siano i cambiamenti sociali e territoriali più rilevanti in Italia dopo la crisi del 2008, così come lo stato di salute dei molteplici soggetti coinvolti. In estrema sintesi, riguarda direttamente la popolazione attiva (15-64 anni), pari a 39 milioni di cittadini italiani, oltre che le imprese presenti sul territorio nazionale dal lato della domanda e lo Stato e i policy makers per quanto concerne la regolazione del mercato stesso.

Com’è cambiata la segmentazione del mercato del lavoro nel decennio post-crisi

I dati del Rapporto Istat 2019, formulati su base decennale, mostrano un confronto interessante sull’evoluzione della società italiana dal 2008 al 2018.

Anzitutto, si distinguono trend positivi da un punto di vista macro. Il tasso di occupazione, pari al 58,5%, registra un aumento di mezzo punto percentuale rispetto al 2009, raggiungendo quasi lo storico record del 2008 (58,6%). Si tratta di un segnale importante, specialmente considerando che il livello occupazionale del quinquennio iniziato con la recessione del 2009 è rimasto sistematicamente più basso di almeno 1,5 punti percentuali rispetto al rilevamento attuale.

Tuttavia, valutando il tasso di occupazione in base al genere, al prevalente e storico impiego di forza lavorativa maschile si contrappone una nuova tendenza: l’occupazione femminile sale infatti al 49,5%, in particolare grazie ad una buona tenuta negli anni della recessione e ad un’impennata a partire dal 2013. Al contempo, se il gender gap si assottiglia, ciò è anche dovuto ad una marcata crisi delle attività ad alta intensità lavorativa, le quali sono tradizionalmente svolte più dagli uomini che dalle donne. Infatti, su base decennale (2008-2018), si osserva una variazione del -2,5% nel tasso di occupazione maschile. Nel medesimo lasso di tempo, il divario di genere nel livello di occupazione passa da 23 punti percentuali a 18. Tuttavia, si tratta di dati ancora inferiori alla media europea sia per quanto riguarda l’occupazione femminile sia per il gap di genere: secondo i dati del 2017, infatti, il tasso di occupazione rosa è mediamente 5 punti percentuali maggiore in Europa, mentre il divario occupazionale tra i due generi è pari al 10,8%.

Tasso di occupazione maschile, femminile e totale in Italia

Il livello di disoccupazione, invece, si riduce per il quarto anno consecutivo e scende al 10,6%, ma non colma il differenziale rispetto al 2008, quando si attestava al 6,7%.

Tasso di disoccupazione maschile, femminile e totale in Italia

Il fenomeno della disoccupazione mostra inoltre importanti divergenze sul piano territoriale. Infatti, i dati attestano la disoccupazione al 6,8% nel Nord Italia, al 10% nel Centro e al 19,4% nel Mezzogiorno. Da un’analisi dinamica emerge una crescita dei divari territoriali su base decennale: tutte le macroaree mostrano infatti dati sfavorevoli rispetto al tasso di disoccupazione del 2008, ma il Sud accusa ritardi maggiori (+6,4%) rispetto al Centro (+3,4%) e al Nord (+2,7%).

Tasso di disoccupazione per macroarea italiana

Inoltre, utilizzando come variabile il titolo di studio conseguito, si evidenzia una relazione inversamente proporzionale tra disoccupazione e capitale umano, giungendo così all’individuazione di importanti divari nella popolazione. Naturalmente, non si tratta di una novità, ma ciò che si vuole evidenziare è che l’attuale tasso di disoccupazione della popolazione laureata (5,9%) risulta lievemente superiore quello del 2008. Al contrario, la disoccupazione ha colpito più profondamente la fascia di cittadini che hanno conseguito un diploma o un titolo di studio inferiore.

Tasso di disoccupazione per titolo di studio in Italia

In questa prospettiva, proprio un elevato titolo di studio garantisce una maggiore occupability, ma soprattutto riduce i classici cleavages sociali relativi ad età e genere. Osservando in particolare il range tra i 25 e i 34 anni, si osserva una disoccupazione pari al 12,3% tra i laureati contro una media nazionale del 16,2% per lo stesso intervallo di età. Per di più, l’ultimo trimestre del 2018 e il primo del 2019 segnalano che la disoccupazione maschile e femminile sono ormai giunte in parità tra gli under 35.

Un terzo indicatore macro di rilievo riguarda il tasso di inattività che, seppur ancora elevato rispetto alla media europea, cala dal 37,1% del 2008 al 34,4% del 2018, dato nazionale più basso raggiunto dal 2000 a oggi. La diminuzione si spiega principalmente con il calo di inattivi nella popolazione femminile, che vede diminuire il dato al 43,8% (-4,6% sul corrispettivo decennale). Analogamente a quanto visto per il tasso di disoccupazione, alti titoli di studio determinano un deciso ribasso dell’inattività della popolazione. Per contro, le differenze sono più accentuate per quanto concerne la ripartizione territoriale: la percentuale più alta di inattivi si registra nel Mezzogiorno (45,3%), a seguire vi è il Centro (30%) e il dato più basso è al Nord (27,8%).

Tasso di inattività per genere, per macroarea e totale in Italia

Infine, suddividendo la popolazione attiva (15-64 anni) tra under 35 e over 35 è possibile individuare uno dei divari più importanti della società italiana: tra i primi l’inattività riguarda un giovane su due, e precisamente il 49%, mentre tra gli over 35 il dato crolla al 27,4%. Ci troviamo dunque in presenza di uno dei fenomeni protagonisti del decennio post-crisi quando si analizzano gli stessi cluster in prospettiva dinamica: infatti, l’inattività per gli under 35 è cresciuta di 5,9% punti percentuali in soli dieci anni, mentre nello stesso periodo di tempo è diminuita del 6,4%per gli over 35.

Tasso di inattività per classe di età in Italia

Articolo a cura di Daniele Rovida.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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