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Memoria e Libertà: Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia

Quarant’anni sono passati ad oggi dagli eventi passati alla storia come i fatti di Avola.

 
Avola, grande centro in provincia di Siracusa. In quel dì, del 2 dicembre del 1968, durante una manifestazione bracciantile lungo la strada statale che porta a Noto, la polizia spara.
Rimangono, morti, sull’asfalto stradale, due figli del popolo contadino della Sicilia: Angelo Sigona – venticinque anni - e Giuseppe Scibilia – 48 anni, padre di tre figli-.

Il fuoco di piombo, forte e micidiale, lascia sulla percorso ben 48 feriti, di cui cinque colpiti in modo alquanto grave. Ritrovati sul selciato tre chilogrammi di bossoli.
I contadini e i braccianti di Siracusa lottavano per conquistare migliori condizioni del duro lavoro: aumento del salario giornaliero, soppressione delle differenze delle paghe in atto nell’ambito della provincia, rispetto dei contratti precedentemente conquistati, l’operatività delle commissioni paritetiche di controllo per eliminare gli enormi abusi in atto.
 
Venivano rivendicate le rivendicazioni storiche: l’abolizione delle “gabbie salariali” (le differenze retributive in atto in Italia). * l’ingaggio in “piazza” tramite l’uso del “caporale”. * la revisione, quindi, delle norme del collocamento lavorativo.
Il 2 dicembre nella provincia fu sciopero generale. Vera e grande manifestazione di popolo. Presenti, in gran numero, donne e bambini, che con grande entusiasmo sostenevano i loro “porta frumento”.
I tragici fatti non finirono lì, sul sangue versato.
 
Immediatamente dopo, nel gennaio del 1969, 163 partecipanti alla manifestazione, braccianti e sindacalisti, furono denunciati, incriminati di blocco stradale. Successivamente, nel 1970, furono inviati 85 mandati di comparizione.
Per l’eccidio nessuno pagò. Nel 1970 l’inchiesta giudiziaria fu definitivamente archiviata.
 
Il 4 dicembre, in Italia, fu sciopero generale.
Nell’evento si consumò il “canto del cigno” di riscossa dei contadini e dei braccianti siciliani.
Quelli del pane e cipolla. Degli sfruttati senza fine, i reietti da sempre… dai padroni, degli agrari, di ieri…di oggi.
Una storia, questa, di vessazioni e dolori inauditi (consumata, poi, in tentativo di riscatto, nelle “bibliche” “emigrazioni forzate nelle Americhe, in Europa e in Australia), che, nell’ambito della storia moderna, come sfruttatori, ha avuto sempre i padroni del “cambia casacca” a proprio uso e convenienza. Prima con i borbonici, poi con i savoia, dopo ancora con i fascisti, quindi, per ultimo, con gli alleati politici e dei mafiosi.
 
Dal 48 (dell’ottocento), dall’epopea dei fasci siciliani di oltre cent’anni addietro, dalle mitiche occupazioni delle terre del post e del dopo delle due guerre mondiali, Loro, i contadini e i braccianti siciliani sono stati sempre in prima fila, per conquistare dignità, rispetto, diritti e libertà.
Non più schiavi.
 
E’ proprio per questa lunga storia che oggi, due dicembre, a quarant’anni dei tragici fatti, necessita rispettare la memoria di Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia. Emblemi di memoria, libertà e democrazia.
 
 
 
 
 
 
 
 

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