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Marocco: quando i turisti vanno oltre alle “foto con gli animali”

Ai turisti che visitano il Marocco vengono spesso proposte foto a pagamento con le bertucce. Ma qualcosa sta cambiando, e molti visitatori rifiutano di alimentare questi meccanismi illegali ai danni della fauna selvatica.

di Eleonora Degano

 Cosa succede quando la fauna selvatica incontra il turismo? In genere nulla di buono, anche perché la nostra percezione del benessere degli animali è spesso del tutto sfasata. Già anni fa uno studio dell’Università di Oxford aveva mostrato che i milioni di persone che annualmente pagano per attrazioni che coinvolgono animali selvatici non si rendono conto dell’impatto su di loro, anche quando subiscono veri e propri maltrattamenti.

Secondo la World Tourism Organization delle Nazioni Unite, almeno il 7% del turismo mondiale è legato alla fauna selvatica e sono sempre di più i turisti che viaggiano alla ricerca di esperienze “vere” a stretto contatto con culture locali e ambiente. Ma l’ambiente è in pericolo e così le moltissime specie animali che lo abitano, minacciate dalla distruzione e frammentazione del loro habitat, dai cambiamenti climatici, dalla caccia, dal bracconaggio e dall’antropizzazione che non si ferma mai.

Lo sfruttamento

Se il quadro generale sembra tutto fuorché promettente, non mancano a volte i barlumi di speranza. Ad esempio quando lo sfruttamento degli animali selvatici a scopi economici viene percepito negativamente dai turisti, che a volte vanno oltre le apparenze e rifiutano di alimentare ulteriormente le dinamiche di maltrattamento.

Succede in Marocco, dove le bertucce (Macaca sylvanus L.) vengono spesso proposte ai turisti per fare le foto, portando ai “proprietari” guadagni che in pochi giorni superano gli introiti mensili di una famiglia marocchina media.

Fotografia di Kristina Stazaker

Ma molti turisti non ci stanno più, come mostrano i risultati presentati da poco alla conferenza della British Ecological Society e pubblicati su Anthrozoös: da un sondaggio su 513 turisti nazionali e internazionali è emerso che l’88% di loro non aveva mai fatto foto con le scimmie né aveva intenzione di farlo, mentre 200 lo trovavano del tutto inaccettabile. La maggior parte di questi turisti ha anche sollevato perplessità riguardo all’igiene e alla possibilità che con un così stretto contatto i primati possano trasmettere patologie agli esseri umani.

L’80% di queste persone non sapeva che usare le bertucce come attrazioni in questo modo, detenendole in cattività, è illegale in Marocco.

In che situazioni un turista che visita il Marocco si vede proporre l’opportunità di una foto con questi piccoli primati? Le bertucce di questa specie sono l’unica specie di primate endemica del paese: non vivono in nessun altro luogo al mondo e sono annoverate come “a rischio di estinzione” nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Possederle come pet non è legale come non lo è sottoporle a queste pratiche a scopi economici, eppure questo non ha fermato molti locali che le usano per attirare i turisti.

Succede in molte grandi città marocchine, soprattutto nel mercato di Piazza Jamaa el Fna, Patrimonio dell’Umanità UNESCO a Marrakech. Una piccola bertuccia può finire nelle foto a pagamento dei visitatori, nel bel mezzo di un affollato mercato, anche 18 volte l’ora.

Alcuni dei turisti intervistati dai ricercatori avevano fatto la foto con le bertucce e l’hanno descritta come la rara opportunità di interagire con questi animali. Metà di queste persone, tuttavia, ha detto di non aver apprezzato l’esperienza perché i proprietari delle bertucce avevano insistito molto e maltrattato gli animali.

Conservazione e popolarità

Anche in natura le bertucce non se la passano affatto bene, e a partire dagli anni ’80 il loro habitat è andato scemando mentre sempre più esemplari – cuccioli in particolari – vengono strappati dal loro ambiente per essere venduti sul mercato nero come pet. In meno di 40 anni il loro numero è crollato di oltre il 50%.

Secondo Kristina Stazaker, leader della ricerca, “vedere i primati tenuti come pet o come decorazione per le foto, che sia sui media o in una località turistica, può portare le persone a pensare che ce ne siano molti e che siano animali adatti a vivere come pet”.

Un’idea che trova conferma in diversi studi, anche recenti, che hanno valutato la nostra percezione assolutamente distorta della conservazione degli animali in natura. Una ricerca uscita ad aprile su PLOS Biology ha mostrato che la popolarità di una specie può finire per condannarla, generando in noi una sorta di indifferenza nel momento in cui la vediamo spesso. Quanto spesso? Secondo gli autori dello studio, condotto su un campione francese, in Francia una persona vede più leoni in un mese tra media e pubblicità di quanti ce ne siano nell’intera Africa occidentale.

Secondo Stazaker e colleghi, la questione delle bertucce ha diverse conseguenze, legate non solo al benessere degli animali. Piazza Jamaa el Fna è un luogo di enorme attrattiva ma potrebbe perderla rapidamente se tra i turisti si diffondesse la percezione che gli animali che vi incontrano vengono maltrattati. Sarebbe un peccato, aggiungono i ricercatori, se i visitatori tornassero a casa con ricordi sgradevoli per via di queste pratiche contro ogni etica.

Un buon compromesso sarebbe, come fatto altrove, puntare sull’ecoturismo e consentire a chi voglia davvero un’esperienza reale – a una rispettosa distanza dagli animali – di viverla nei parchi naturali del paese come il parco nazionale di Ifrane o le cascate di Ouzoud. Il risultato sarebbe più positivo per i turisti, per la loro percezione del paese e rappresenterebbe un’ulteriore fonte di introiti virtuosi – se ben gestito – provenienti dal turismo.

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Questo articolo è stato pubblicato qui

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