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Ma fatemi il piacere.
Le Camere farebbero meglio ad occuparsi d’altro, piuttosto che della Storia che non conoscono, o, peggio, della repressione dei reati di opinione, quindi non passibili di nessuna reprimenda, tanto meno del carcere. Tutto questo iperattivismo giustizialista ingenera piuttosto il sospetto che si abbia paura delle contro-argomentazioni altrui, delle idee non conformi, e in definitiva di chi non la pensa alla stessa maniera. Il che è il modo di procedere delle tanto deprecate dittature. In democrazia, a meno che non si tratti di una falsa democrazia, le opinioni vanno dibattute con la forza delle argomentazioni, della logica, e del possesso delle nozioni storiche, quando si parla di Storia. Esattamente come avviene nel mondo della Scienza, dove non si compì nessun progresso fino a quando fu impedito di parlare. E se non vi sono certezze assolute nella Scienza, figuriamoci nella Storia. C’è chi ha messo in dubbio la forza di gravità e la relatività di Einstein, e non è stato incarcerato o multato per questo. Io non mi sognerei mai d’impedire a Marco Barone di scrivere ciò che vuole, anche se in molte cose non la penso affatto come lui. Non mi sognerei mai di denunciare qualcuno per le sue idee, e mi fa ribrezzo pensare che altri lo possa fare. Voltaire ci ha insegnato la libertà di parola e di espressione, è stata questa la grande rivoluzione che ha mandato a gambe all’aria l’ancient regime e il Medio Evo. Ora qui si vogliono ripristinare i “roghi” mediatici, e non importa se dall’altra parte della barricata ci sono omosessuali, gente di sinistra, ex deportati di Auschwitz, o parlamentari ansiosi di compiacere l’europa.
La libertà di espressione è sacra, e chiunque l’attacca è un traditore dei diritti fondamentali dell’uomo. Questi esagitati agitatori di pene reclusorie, multe, risarcimenti e gogne contro chi non la pensa come loro, imparino piuttosto a difendere in modo più consono, obiettivo e civile le proprie posizioni, senza sbatterle in faccia agli altri e senza pretendere a tutti i costi che gli altri le debbano accettare a scatola chiusa, senza nemmeno il diritto di replica.
Maria Cipriano
I Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, certo, come no: che manco esisteva all’epoca e non esiste a tutt’oggi. E del resto lo si evince chiaramente da tutta la Storia del Risorgimento riguardante il Friuli Venezia Giulia, una regione che ha sempre brillato per la sua adesione anima e corpo all’Austria, e addirittura, secondo l’autore, alla “Jugoslavia”: al punto che il Friuli fece atto di dedizione alla Serenissima fin dal lontano 1420, e comprendeva allora un territorio molto vasto che arrivava a sconfinare nella Carinzia e nella Carniola: non a caso il Risorgimento di quelle terre brilla per la lunga lista di cognomi chiaramente di origine slava e austriaca (Oberdank compreso), i quali si sentivano chiaramente italiani, a dispetto delle proprie origini biologiche.
Se i Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, immagino Trieste volesse stare gli austriaci, ed è per questo che Francesco Giuseppe nel 1915 la dichiarò “territorio nemico”, molto prima che gli italiani “invasori” ci arrivassero. Analogamente Zara -dove i soldati italiani furono accolti in ginocchio nel 1918-, bramava stare con gli slavi (o con gli austriaci?), e quel gesto fu male interpretato in quanto la popolazione zaratina, disgustata dal ben noto imperialismo italiano, si era inginocchiata in realtà per pregare gli italiani di andarsene, e mettersi in ginocchio fa sempre il suo bell’effetto. E che dire di Trento, dove fu mandato al confino dagli austriaci anche l’arcivescovo? E della Dalmazia, dove nel 1861 tutti i sindaci dei suoi 84 comuni erano italiani, e, di colpo, pochi anni dopo,si ridussero a uno solo?
L’autore dell’articolo, nella smania di sfatare il “mito” della Grande Guerra, dimentica di considerare che questa è strettamente connessa al Risorgimento, e quest’ultimo a tutta la Storia precedente, dunque non se ne può parlare separatamente. Mettendo in mostra una raccolta di firme di decine di migliaia di sloveni smaniosi di stare con la “Jugoslavia” dopo la Grande Guerra, dimentica per strada pezzi interi di Storia, e soprattutto dimentica di spiegare ove siano le firme delle decine di migliaia di italiani deportati nei campi di concentramento austriaci da tutte le terre irredente -dunque anche dal Goriziano-, ben prima della presunta raccolta di quelle firme, sulle quali mi permetto di avanzare qualche dubbio, non foss’altro perchè gli “jugoslavi” sono assai propensi all’inventiva, come il Marco Polo trasformato nell’avatar slavo Marko Polo ha recentemente dimostrato, nell’ilarità generale.
In questa totale smemoratezza, non di rado venata di comicità, l’autore dimentica altresì di raccontare al suo vasto uditorio che gli “jugoslavi” in generale -dei quali solo i serbi in realtà avevano una reale coscienza nazionale-, per decenni nella totale impunità pestarono, aggredirono, minacciarono e perseguitarono costantemente gli italiani delle terre irredente, sfasciando negozi, distruggendo insegne e vetrine, non di rado ferendo e uccidendo con veri e propri progrom, sotto lo sguardo complice degli austriaci che avevano ricevuto ordini precisi di snazionalizzare e sradicare l’elemento italiano fin dal lontano 1866, tant’è che fu proprio allora che si verificò il primo esodo.
Ma
il politicamente corretto europeista-buonista dei nostri tempi -di
sinistra e di destra-, impone che si faccia largo alla nuova Storia,
onde confutare finalmente le sciocchezze di questi Italiani che
vogliono sempre appropriarsi di terre che non sono loro: e Gorizia
dove i patrioti italiani erano infiltrati anche dentro la Polizia e
dove nottetempo durante il Risorgimento fu issato sul Sabotino un
enorme Tricolore in una notte di tempesta che costò la vita a uno
dei suoi esecutori- è in cima a tutte, come no, ci mancherebbe!
Maria Cipriano
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