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Maria Cipriano

Maria Cipriano

Storica non professionista specialista in Storia del Risorgimento e dell'Irredentismo.
Appassionata di Astronomia.

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  • Primo articolo lunedì 02 Febbraio 2016
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Ultimi commenti

  • Di Maria Cipriano (---.---.---.251) 31 gennaio 2016 11:27
    Maria Cipriano

    Ma fatemi il piacere.

    Le Camere farebbero meglio ad occuparsi d’altro, piuttosto che della Storia che non conoscono, o, peggio, della repressione dei reati di opinione, quindi non passibili di nessuna reprimenda, tanto meno del carcere. Tutto questo iperattivismo giustizialista ingenera piuttosto il sospetto che si abbia paura delle contro-argomentazioni altrui, delle idee non conformi, e in definitiva di chi non la pensa alla stessa maniera. Il che è il modo di procedere delle tanto deprecate dittature. In democrazia, a meno che non si tratti di una falsa democrazia, le opinioni vanno dibattute con la forza delle argomentazioni, della logica, e del possesso delle nozioni storiche, quando si parla di Storia. Esattamente come avviene nel mondo della Scienza, dove non si compì nessun progresso fino a quando fu impedito di parlare. E se non vi sono certezze assolute nella Scienza, figuriamoci nella Storia. C’è chi ha messo in dubbio la forza di gravità e la relatività di Einstein, e non è stato incarcerato o multato per questo. Io non mi sognerei mai d’impedire a Marco Barone di scrivere ciò che vuole, anche se in molte cose non la penso affatto come lui. Non mi sognerei mai di denunciare qualcuno per le sue idee, e mi fa ribrezzo pensare che altri lo possa fare. Voltaire ci ha insegnato la libertà di parola e di espressione, è stata questa la grande rivoluzione che ha mandato a gambe all’aria l’ancient regime e il Medio Evo. Ora qui si vogliono ripristinare i “roghi” mediatici, e non importa se dall’altra parte della barricata ci sono omosessuali, gente di sinistra, ex deportati di Auschwitz, o parlamentari ansiosi di compiacere l’europa.

    La libertà di espressione è sacra, e chiunque l’attacca è un traditore dei diritti fondamentali dell’uomo. Questi esagitati agitatori di pene reclusorie, multe, risarcimenti e gogne contro chi non la pensa come loro, imparino piuttosto a difendere in modo più consono, obiettivo e civile le proprie posizioni, senza sbatterle in faccia agli altri e senza pretendere a tutti i costi che gli altri le debbano accettare a scatola chiusa, senza nemmeno il diritto di replica. 

    Maria Cipriano 

  • Di Maria Cipriano (---.---.---.236) 2 dicembre 2015 22:11
    Maria Cipriano
    Solo un’osservazione sull’ultima parte dell’articolo. L’autore dice che da oltre un quarto di secolo c’è un’aggressione della destra contro la Resistenza che si cerca di criminalizzare.
    Il fatto è che la Resistenza, diciamo la verità, non ha mai riscosso fin dall’inizio le simpatie del popolo italiano inteso come maggioranza, e solo forzando i dati della Storia si può sostenere il contrario e parlare di un "popolo alla macchia". Se così non fosse, il popolo italiano avrebbe manifestato anche verso la Resistenza ciò che manifestò a larga maggioranza verso il Risorgimento e i suoi protagonisti. Ma così non è, e gli "addetti ai lavori" devono farsene una ragione. Che poi la Resistenza si autoincensi da sola in una continua autocelebrazione dei suoi alti meriti, non fa che accentuare il vuoto e la pressochè totale indifferenza di cui è circondata da parte della stragrande maggioranza della popolazione. Siamo sicuri che la colpa di tutto questo sia dei malvagi fascisti o di una non meglio precisata destra? O non è invece proprio della Resistenza medesima che sfugge ostinatamente a ogni giudizio e critica? Che valore ha una Resistenza che continuamente incensa se stessa demonizzando l’avversario? E’ il popolo italiano che la dovrebbe incensare, che la dovrebbe amare, che la dovrebbe stimare: spontaneamente. E ciò non avviene. Anzi avviene il contrario: c’è un vero e proprio rigetto e una vera e propria diffidenza e antipatia diffusa verso la Resistenza. E non da 25 anni, ma da sempre.
    Maria Cipriano
  • Di Maria Cipriano (---.---.---.37) 29 ottobre 2015 23:40
    Maria Cipriano
    Ma le stupidaggini vi vengono in mente spontaneamente o c’è qualcuno che ve le suggerisce? A che serve guardare i comici quando ci sono articoli si storia (si fa per dire) che fanno sbellicare dalle risa?
    Cataste di fiori dovremmo portare a chi ci ha liberato dal papato, e, purtroppo, evidentemente, non c’è riuscito, sennò non leggeremmo nel XXI° secolo simili strafalcioni da far accapponare la pelle.
    La città di Roma si segnalò per i suoi travolgenti festeggiamenti, al punto che le novelle autorità del Regno d’Italia dovettero fare affiggere degli avvisi in cui pregavano la cittadinanza di tornare alla vita normale.
    In quanto ai nobili papalini,alcuni fecero un pò di scena, ma mi risulta che un certo principe Pallavicini fosse nella Giunta Comunale, che un certo principe Ruspoli divenne ben presto sindaco della città, e che gli succedette un altro principe, Prospero Colonna, che baciò solennemente il Tricolore in Campidoglio accanto a Gabriele D’Annunzio che snudava la spada di Nino Bixio, nei giorni frementi della dichiarazione di guerra all’Austria.
    Il governo del Regno d’Italia, nell’intento di evitare l’ennesima guerra risorgimentale, per anni aveva condotto estenuanti trattative con il papa, ma aveva a che fare con fanatici e invasati, come il superbo ministro francese Eugene Rouher secondo il quale "l’Italia può fare a meno di Roma. Noi dichiariamo che non s’impadronirà mai di questa città! ", e con una bigotta incallita qual’era la moglie spagnola di Napoleone III, il quale invano elemosinò gli aiuti militari dall’Italia per le sue guerre contro la Prussia. Non li ricevette, e fu miseramente sconfitto a Sedan.
    La città di Roma parla da sola, giacchè fu praticamente edificata e rimessa a nuovo dal Regno d’Italia, che da un misero borgo di pastori pieno di catapecchie, punteggiato qua e là di palazzi edificati per il papa e i suoi amici, la trasformò in una capitale europea perlomeno decente.
    L’abissale ignoranza, vera o finta che sia, di questo articolo, mi costringe a precisare che la "presa di Roma" fu condotta con mille cautele, e i comandanti militari ricevettero ordini sverissimi di far sì che nessuna insurrezione scoppiasse, in quanto non si voleva gettare benzina sul fuoco, ma al contrario sbrigare la faccenda nel modo più indolore possibile per rispetto al papa. E così fu.
    Maria Cipriano
  • Di Maria Cipriano (---.---.---.121) 18 ottobre 2015 18:58
    Maria Cipriano
    Il dottor Achille Ragazzoni: una delle pochissime persone che oggi in Italia riesce ancora a parlare del Risorgimento senza scadere nel qualunquismo, nel pressapochismo e nella superficialità. Siamo subissati da una marea di dilettanti della Storia, e della Storia del Risorgimento in particolare, che sparano revolverate di sciocchezze su quel fondamentale periodo che, piaccia o meno, liberò l’Italia da austriaci, duchi e granduchi vari, Borboni, nonchè da uno spropositato numero di conventi e istituti religiosi che soffocavano a vario titolo la penisola.
    Oggi assistiamo al "revisionismo anti-Risorgimentale" da parte di un variegato stuolo di detrattori: orfani di Francesco Giuseppe, cattolici di comunione e liberazione, neoborbonici, papisti, venetisti, liberisti, pseudogramsciani, neofascisti, c’è di tutto, chiunque può suonare la sua campana contro il Risorgimento, magari avendone leggiucchiato in giro qua e là. Le mode sono facili, si sa. Molto più difficile è studiare, analizzare e confrontare i documenti, prendersi la briga di leggere decine di migliaia di pagine. Il Risorgimento non fu una favoletta, ma una tragedia eroica.
    Non fu solo tre guerre d’indipendenza, ma molto e molto altro.Nelle università straniere lo si studia molto più che in Italia. All’estero ci invidiano Mazzini e Garibaldi.Più di settanta nazioni hanno dedicato a Garibaldi un monumento o una strada. Solo noi siamo capaci di sputarci addosso, solo noi siamo stati capaci di rovinare anche questa splendida pagina della nostra lunga e difficile Storia.
    Maria Cipriano
  • Di Maria Cipriano (---.---.---.35) 16 agosto 2015 13:43
    Maria Cipriano

    I Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, certo, come no: che manco esisteva all’epoca e non esiste a tutt’oggi. E del resto lo si evince chiaramente da tutta la Storia del Risorgimento riguardante il Friuli Venezia Giulia, una regione che ha sempre brillato per la sua adesione anima e corpo all’Austria, e addirittura, secondo l’autore, alla “Jugoslavia”: al punto che il Friuli fece atto di dedizione alla Serenissima fin dal lontano 1420, e comprendeva allora un territorio molto vasto che arrivava a sconfinare nella Carinzia e nella Carniola: non a caso il Risorgimento di quelle terre brilla per la lunga lista di cognomi chiaramente di origine slava e austriaca (Oberdank compreso), i quali si sentivano chiaramente italiani, a dispetto delle proprie origini biologiche.

    Se i Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, immagino Trieste volesse stare gli austriaci, ed è per questo che Francesco Giuseppe nel 1915 la dichiarò “territorio nemico”, molto prima che gli italiani “invasori” ci arrivassero. Analogamente Zara -dove i soldati italiani furono accolti in ginocchio nel 1918-, bramava stare con gli slavi (o con gli austriaci?), e quel gesto fu male interpretato in quanto la popolazione zaratina, disgustata dal ben noto imperialismo italiano, si era inginocchiata in realtà per pregare gli italiani di andarsene, e mettersi in ginocchio fa sempre il suo bell’effetto. E che dire di Trento, dove fu mandato al confino dagli austriaci anche l’arcivescovo? E della Dalmazia, dove nel 1861 tutti i sindaci dei suoi 84 comuni erano italiani, e, di colpo, pochi anni dopo,si ridussero a uno solo?

    L’autore dell’articolo, nella smania di sfatare il “mito” della Grande Guerra, dimentica di considerare che questa è strettamente connessa al Risorgimento, e quest’ultimo a tutta la Storia precedente, dunque non se ne può parlare separatamente. Mettendo in mostra una raccolta di firme di decine di migliaia di sloveni smaniosi di stare con la “Jugoslavia” dopo la Grande Guerra, dimentica per strada pezzi interi di Storia, e soprattutto dimentica di spiegare ove siano le firme delle decine di migliaia di italiani deportati nei campi di concentramento austriaci da tutte le terre irredente -dunque anche dal Goriziano-, ben prima della presunta raccolta di quelle firme, sulle quali mi permetto di avanzare qualche dubbio, non foss’altro perchè gli “jugoslavi” sono assai propensi all’inventiva, come il Marco Polo trasformato nell’avatar slavo Marko Polo ha recentemente dimostrato, nell’ilarità generale.

    In questa totale smemoratezza, non di rado venata di comicità, l’autore dimentica altresì di raccontare al suo vasto uditorio che gli “jugoslavi” in generale -dei quali solo i serbi in realtà avevano una reale coscienza nazionale-, per decenni nella totale impunità pestarono, aggredirono, minacciarono e perseguitarono costantemente gli italiani delle terre irredente, sfasciando negozi, distruggendo insegne e vetrine, non di rado ferendo e uccidendo con veri e propri progrom, sotto lo sguardo complice degli austriaci che avevano ricevuto ordini precisi di snazionalizzare e sradicare l’elemento italiano fin dal lontano 1866, tant’è che fu proprio allora che si verificò il primo esodo.

    Ma il politicamente corretto europeista-buonista dei nostri tempi -di sinistra e di destra-, impone che si faccia largo alla nuova Storia, onde confutare finalmente le sciocchezze di questi Italiani che vogliono sempre appropriarsi di terre che non sono loro: e Gorizia
     dove i patrioti italiani erano infiltrati anche dentro la Polizia e dove nottetempo durante il Risorgimento fu issato sul Sabotino un enorme Tricolore in una notte di tempesta che costò la vita a uno dei suoi esecutori- è in cima a tutte, come no, ci mancherebbe!

    Maria Cipriano

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