• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Mangiare viaggiando on the road

Mangiare viaggiando on the road


Nel nostro Paese, scrivevo tempo fa, la piazza è ancora un luogo in cui passare del tempo: c’è un mondo dei sapori, una cartografia del gusto tutta da riscoprire per chi ha deciso di percorrere le strade del Belpaese quest’estate. Viaggiando lungo lo stivale sono molti i piatti tipici che troviamo “sulla strada”. Con un po’ di fortuna potete ancora gustare gli autentici würstel dell’Alto Adige, bollenti e salsati anche d’estate, o gli stuzzicanti arrosticini abbruzzesi (spedini di pecora venduti a numero), i corposi arancini siciliani o, ancora, i fritti romani (supplì, carciofi e fiori di zucca con la mozzarella e l’acciuga).

In Emilia se capitiamo nei posti giusti potremmo trovare lo gnocco fritto ripieno di coppa e salame, in Romagna la piadina riempita con l’insalata o con la salsiccia arrosto e, scendendo via via nella penisola, si spalanca il mondo delle pizze e delle focacce. In alcune zone dell’Umbria ci sono ancora chioschetti che vendono la “torta”, una specie di pizza povera cotta sotto la cenere.

Nelle Marche poi sopravvivono i banchetti con la porchetta farcita di pepe e finocchietto e le friggitorie ambulanti di San Benedetto del Tronto: cucinano pesce fritto e olive ascolane. E’ nei quartieri popolari di Napoli che invece ancora resiste la tradizione della pizza a taglio come cibo di strada: costa poco, si usa il vero fior di latte e la pasta per la sera viene preparata al mattino; a volte si portano gli avanzi per farsi farcire la pizza, che viene piegata in quattro per poter essere consumata in piedi. Un vero rituale cui abbandonarsi. Un viaggio nel gusto che consiglio a tutte le amiche di valigia…

Vittime, ma solo per un po’ di tempo, delle conseguenze della mucca pazza alcune ricette del Sud: è il caso dell’“u morzeddu” calabrese servito nella pitta, una ciambella di pane morbido, i cui ingredienti principali sono le interiora di vitello: polmone, milza, lingua, trippa. Anche i siciliani hanno rischiato un pezzo forte della loro gastronomia, quel “pani cà meusa” (pane con la milza) che da secoli viene venduto nei banchi del mercato palermitano della Vucciria.

Piatti che raccontano storie antiche della nostra terra, a cui oggi si aggiungono specialità importate dalle comunità straniere in Italia, in un affascinante viaggio gastronomico che sa trasportarci fin nei vicoli di paesi arabi, balcanici, asiatici, latini e africani. Senza andare lontano. Un viaggio a volte si compie anche attraverso i mille sapori del cibo da strada. Gustare per credere.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares