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Mali, la peggiore crisi dei diritti umani da 50 anni

 

Cinque mesi maledetti, tra penuria alimentare, rivolta armata e colpo di stato militare, stanno producendo la peggiore crisi dei diritti umani in Mali dall’anno dell’indipendenza, il 1960

Da un lato, la fame sta colpendo milioni di persone in tutta la regione del Sahel.

 

Dall’altro, la rivolta armata nel nord è per il momento vincente grazie a un’opportunistica alleanza tra gli indipendentisti tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e le milizie islamiste di Ansar Eddin, di al-Qaeda nel Maghreb Islamico e del Movimento per l’unione e il jihad nell’Africa occidentale. Quest’ultima fazione è sospettata del rapimento della cooperante italiana Rossella Urru.

L’offensiva dei ribelli e i combattimenti che ne sono seguiti hanno costrettocentinaia di migliaia di persone a fuggire nella capitale Bamako (a sua volta in piena turbolenza a causa del colpo di stato militare) o nel vicino Niger (vedi foto). Decine e decine di coloro che non ce l’hanno fatta sono stati uccisi. Molte donne sono state orribilmente stuprate, anche in gruppo.

Le loro testimonianze, raccolte da una missione di Amnesty International che ha visitato il Mali e il Niger nelle ultime tre settimane, sono terribili:

Ecco quella di una studentessa di 19 anni rifugiatasi a Bamako:

“Erano le 8 di sera, stavo andando a casa di un’amica con una compagna di scuola. Siamo state bloccate da una motocicletta con due tamasheq (i tuareg) e un’automobile piena di uomini armati e di donne fatte prigioniere. Uno dei due a bordo della moto indossava una divisa militare. Ci hanno detto che dovevamo andare con loro al campo perché avevano bisogno di donne. Abbiamo detto di no. La mia amica ha provato a dire una bugia, che era incinta. Uno dei tamasheq mi ha costretto a seguirlo in una casa disabitata. Gli ho detto che avevo le mestruazioni. Mi ha ordinato di stare zitta. Gli ho mostrato il sangue e mi ha chiesto ‘Che è quella roba?’ e poi mi ha stuprata”.

E quella di una ragazza di 16 anni, stuprata a Gao non appena la città era stata conquistata dai ribelli:

“Sono arrivati in cinque, alcuni parlavano tamasheq e altri songhay. Mi hanno portato con la forza tra i cespugli e mi hanno stuprata. Mi hanno tenuto lì due giorni e mi hanno violentato molte volte”.

Incinta di quattro mesi, una ventiduenne di Gao racconta il suo incubo:

“La mattina dopo l’attacco, ci hanno detto che potevamo andare alla sede dell’Ufficio per la distribuzione degli aiuti alimentari. Sono andata lì insieme a un’altra donna. All’arrivo, un ribelle ha iniziato a sparare in aria e la gente è scappata in tutte le direzioni. Alcune di noi sono state prese dai ribelli. Uno di loro parlava tamasheq, gli altri arabo e songhay. Hanno stuprato tante donne ma loro non hanno il coraggio di denunciare, si vergognano”.

Sia le forze armate regolari che i ribelli si sono resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

Nella città di Sevare, 630 chilometri a nord di Bamako, i soldati dell’esercito del Mali hanno compiuto pestaggi ed esecuzioni extragiudiziali contro civiliaccusati di essere spie dell’Mnla. Altri sospetti sono stati portati in locali non registrati come centri di detenzione, come la Direzione generale per la sicurezza dello stato.

Soldati maliani catturati dai gruppi armati sono stati a loro volta sottoposti amaltrattamenti e a esecuzioni sommarie. Due soldati catturati a gennaio, prima di essere rilasciati nel corso di uno scambio di prigionieri, hanno descritto le torture subite dai loro commilitoni, ad alcuni dei quali è stata squarciata la gola.

I delegati di Amnesty International hanno riscontrato la presenza di bambini soldato, alcuni anche di 12 anni di età, tra le fila dei gruppi armati tuareg e islamisti che hanno assunto il controllo del nord del Mali.

Una donna di Gao, madre di due figli di 16 e 14 anni, ha raccontato:

 “Ho visto ragazzini più piccoli dei miei figli andare in giro armati a bordo di automobili. Altri stavano ai posti di blocco”. 

Amnesty International ha chiesto a tutte le parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario e di prendere tutte le misure necessarie per proteggere i civili e i combattenti fatti prigionieri durante il conflitto. In particolare, ha sollecitato i gruppi armati che controllano il nord del Mali a porre fine alla violenza sessuale contro le donne e le ragazze e al reclutamento dei bambini soldato.

È indispensabile, sottolinea l’organizzazione per i diritti umani, che le autorità del Mali e i gruppi armati consentano l’accesso illimitato delle Nazioni Unite e delle altre agenzie umanitarie alla regione settentrionale e nelle zone dove hanno trovato riparo i profughi interni e ai rifugiati.

Senza un’azione coordinata per proteggere i diritti umani, garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario e assistere i rifugiati, l’intera regione dell’Africa occidentale rischia la destabilizzazione a causa dell’instabilità politica, del conflitto armato nel nord e della crisi alimentare nel Sahel. La comunità internazionale sarà disposta ad ascoltare?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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