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Mafie, la Dia sul Veneto: segnali di operatività della ‘Ndrangheta

Dal più recente rapporto dell’organismo interforze emerge anche la presenza, nel territorio regionale, del clan dei Casalesi e di persone legate a Cosa nostra. La criminalità organizzata foggiana arriva per compiere furti e rapine. 

Questo è il quadro sulle infiltrazioni mafiose in Veneto tratteggiato nell’ultima relazione semestrale disponibile della Dia (Direzione investigativa antimafia) riferita al primo semestre 2016.

‘NDRANGHETA. La criminalità organizzata calabrese, in particolare quella catanzarese e reggina, anche se non radicata nel Nordest, «continua a far emergere, soprattutto in Veneto, chiari segnali di operatività». Nel documento, inoltre, si legge: «Si sono registrate, infatti, qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti su Padova, nell’ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Cutro, Delianuova, Filadelfia ed Africo Nuovo». Tali manifestazioni sarebbero affiorate nel traffico di stupefacenti e anche nell’ambito della ristorazione, del turismo e dell’edilizia. Con riferimento a quest’ultimo settore, viene ricordata l’operazione conclusa, nell’aprile dello scorso anno, dalla Guardia di finanza con l’arresto, per bancarotta fraudolenta, di tre imprenditori del ramo della fabbricazione di infissi metallici nel Trevigiano. Uno degli imprenditori, «originario della provincia di Parma, sarebbe risultato in contatto con esponenti della cosca Grande Aracri». Nello stesso mese, il Centro operativo Dia di Padova terminò l’operazione "Amaranto 2" con l’arresto di alcune persone «appartenenti ad un’associazione criminale di matrice ‘ndranghetista insediatasi in Veneto, in particolare a Padova e Vigonza (Pd), diretta da soggetti collegati alla cosca Giglio ed attiva prevalentemente nel traffico di sostanze stupefacenti».

COSA NOSTRA. Da varie attività di polizia giudiziaria risulta, da tempo, che nel Veneto «si sarebbero registrate presenze di soggetti legati a Cosa nostra che tenderebbero, innanzitutto, a radicarsi economicamente sul territorio con una presenza stabile, ma non tale da assumere le connotazioni tipiche della regione di provenienza». Gli obiettivi principali sono: il riciclaggio, il reinvestimento di capitali illeciti, anche attraverso l’acquisizione di attività commerciali ed imprenditoriali, sfruttando, se necessario, l’opera di gruppi delinquenziali del luogo. L’organizzazione criminale siciliana possiede una forte disponibilità di liquidità che la spinge «a sostituirsi al sistema del credito legale e a praticare l’usura».

CAMORRA. In Veneto si segnalano «presenze di gruppi camorristici casertani, specialmente del clan dei Casalesi e del capoluogo campano». Nel rapporto della Dia sta scritto: «Tali presenze sarebbero concentrate soprattutto sul litorale veneziano, nell’area compresa tra San Donà di Piave e Jesolo, con soggetti che oltre ad aver assunto, in alcuni casi, comportamenti minacciosi tipici degli ambienti malavitosi, sono stati segnalati quali autori di risse nella zona del sandonatese e di incendi dolosi ai danni di imprenditori locali». Viene citato, poi, un episodio di rilievo come l’arresto, a Chioggia (Ve) nel marzo 2016, del capo del gruppo napoletano Cimminoil pregiudicato si era reso latitante dopo che la Cassazione, a febbraio 2016, aveva ripristinato il provvedimento cautelare a suo carico»).

SACRA CORONA UNITA. Per quanto riguarda la criminalità organizzata pugliese, invece, è ribadita la forte tendenza «dei gruppi dell’area foggiana a spingersi verso le regioni del centro-nord per commettere furti e rapine». Si rammenta l’operazione "Wolkenbruch" con cui la Dia ed i Carabinieri, nel marzo 2016, hanno smantellato una banda di soggetti originari di Cerignola (Fg), stanziatisi a Chioggia, che avevano fatto un bottino di circa 5 milioni di euro compiendo «importanti furti ad attività imprenditoriali impiantate in diverse città del nord Italia ed operative nel settore dell’abbigliamento griffato, delle calzature, della rubinetteria e perfino dei fitofarmaci».

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