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Lo spread e l’ora delle decisioni revocabili

Verso la legge di bilancio 2024 con mercati globali molto tesi, rendimenti in risalita, scenari recessivi o stagflazionistici. Serviranno sobrietà e morigeratezza sui conti pubblici ma potrebbero non bastare: prepariamoci a vittimismo e diversivi

 

I mercati finanziari vivono di narrazioni, si dice con espressione logora. Nel senso che a volte cadono brutalmente dal letto nel cuore della notte. Sta accadendo qualcosa del genere dopo l’ultima riunione della Federal Reserve, che ha evitato di alzare per l’ennesima volta i tassi ma ha fatto soprattutto altro: ha disegnato, col famigerato dot plot (quel diagramma che esprime le attese dei governatori sui tassi ufficiali americani), una traiettoria più aggressiva sui rendimenti, e il forte ridimensionamento delle prospettive di riduzione, il prossimo anno.

SUONA LA SVEGLIA

Meno di mezzo punto di ribasso atteso negli USA, nel 2024. La precedente divinazione ipotizzava un punto pieno. È bastato questo per suonare la sveglia ai mercati, che hanno iniziato a prezzare questo nuovo scenario, cioè a far risalire i rendimenti lungo tutta la curva ma soprattutto sulle scadenze lunghe. Quello che in gergo si chiama bearish steepening, irripidimento ribassista: un aumento del cosiddetto premio a termine che di solito si manifesta quando le aspettative di inflazione aumentano.

Non scenderò in ulteriori dettagli e tecnicismi, perderei la quasi totalità dei lettori di questo post (e forse non solo di questo). Come ho segnalato più volte, i flussi di mercato plasmano la narrazione e la successiva razionalizzazione per opera degli analisti fondamentali. Anche narrazione e razionalizzazione sembrano palline di un flipper impazzito: ho letto di scenari, realizzati da prestigioso think tank americano, dove è compreso tutto e il suo contrario, e senza neppure appiccicare a ognuno uno straccio di probabilità, fatalmente soggettiva ma che almeno alimenterebbe il chiacchiericcio.

La situazione dell’Eurozona resta delicata: manifattura in manifesta e vistosa contrazione, primi segni di cedimento dei servizi, Germania in crisi esistenziale, la wildcard dei prezzi dell’energia, col greggio aumentato del 30% da giugno per il combinato disposto di una domanda globale ancora molto forte e di scorte altrettanto limitate. Arabia Saudita e Russia hanno avuto buon gioco a spingere le quotazioni annunciando la proroga a fine anno di tagli volontari alle rispettive produzioni. O almeno, fin quando non compariranno dati manifestamente recessivi negli Stati Uniti e la molla dei mercati verrà rilasciata con violenza, facendo scendere precipitosamente quello che si era in precedenza gonfiato: i rendimenti obbligazionari e le quotazioni del greggio.

In questo contesto, i vasi di coccio restano i paesi più indebitati. Il nostro, nella fattispecie. E infatti lo spread sta riscaldandosi, superando quota 190. So quello che alcuni tra voi stanno pensando: ma durante il governo Draghi è stato ben superiore! Certo, ma considerate quello che ho appena scritto: i mercati si muovono per scatti. Citando Hemingway, si finisce in bancarotta in due modi: lentamente, poi improvvisamente. Anche senza scomodare la bancarotta, diciamo che sui mercati finanziari si tende a finire nei guai con questa velocità variabile.

Perché ribadisco l’ovvio? Perché avere uno spread a 200 con i tassi a zero è meglio che averlo a 200 coi tassi al 5%, avrebbe detto Max Catalano. E la pressione della spesa per interessi sul nostro bilancio è destinata a diventare oppressiva e politicamente esplosiva.

CERCASI LEGGE DI BILANCIO MORIGERATA, AMMESSO CHE BASTI

Provo a ribadire l’ovvio: servirà una legge di bilancio molto morigerata. Non nel senso restrittivo, ci mancherebbe, ma in quello di non lanciarsi in richieste di allargamento del rapporto deficit-Pil che eccedano il normale operare del ciclo economico. Diversamente, con questi mercati, qualcuno potrebbe cadere dal letto una notte, svegliarsi urlando che il rischio-Italia è fortemente sottostimato a questi livelli di spread, e tirarsi dietro il resto della compagnia globale di investitori e speculatori, come li chiamano da noi.

Ma vi dico di più: questo scenario potrebbe materializzarsi anche se facessimo una finanziaria sobria e morigerata. Sono cose che accadono, quando sei un paese che non cresce, invecchia e accumula debito per il combinato disposto di queste due condizioni.

Ignorerò le solite accuse di disfattismo perché hanno un po’ stancato, dopo tutti questi lustri. Attendo gli ululati al complotto delle forze del Male, che attentano a un paese tornato protagonista. Nel senso che torna sotto i riflettori per le ricorrenti ricadute che un pensiero magico bipartisan le infligge. Moltiplicatori meravigliosi, lato spesa e lato tagli di tasse, crescite prodigiose mai accadute, riforme destinate lasciare il segno solo sulle lingue dei cortigiani.

Quindi, riepilogando: mi sento di dire che Giorgia Meloni è stata “sfortunata”, nel senso che è arrivata nella stanza dei bottoni in tempo per prendersi sui denti una recessione con contorno di destrutturazione dei rapporti economici internazionali. Vorrei poter dire che se lo merita, come vindice contrappasso a tutte le fregnacce propagandistiche berciate in lunghi anni, ma non sarebbe elegante né generoso verso i numerosi innocenti che ancora popolano questo paese, malgrado tutto.

Dovremo sorbirci ancora per qualche tempo questo mix invero sgradevole fatto di vittimismo e autocelebrazione ossessivo-compulsiva, che sta all’incrocio di propaganda e pesante deficit di autostima. Una sindrome di Calimero in piena regola, direi. “L’Italia quest’anno cresce più dell’Eurozona! Anzi, che dico? L’Italia nel primo trimestre di quest’anno è cresciuta più della media dell’Eurozona! Ancor meglio: per una settimana, intorno al Carnevale, l’Italia è cresciuta più della media dell’Eurozona!”

Però non temete: di crisi ne abbiamo superate tante, questo Seminerio rompe i coglioni da decenni con queste tesi disfattiste eppure non siamo ancora morti. Siamo un paese con molte risorse, una cultura millenaria che il mondo ci invidia, e una non comune abilità a creare sanatorie e condoni, per ridare serenità ad una parte imprescindibile del nostro operoso e meraviglioso popolo.

Non dovrebbe essere troppo difficile, comunque: basta rimettere nel cassetto le promesse elettorali più costose, e dire che quelle sono collocate in una prospettiva di legislatura. Si spolvera il tutto con qualche complotto esterno, e si serve a temperatura ambiente.

Adelante, Giorgia, con juicio.

Photo by Palazzo Chigi on flickr – (CC BY-NC-SA 2.0)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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