Lo spazio politico dei cattolici nel nuovo Parlamento
Questo nuovo Parlamento appare, al netto delle premesse traballanti sulla formazione del governo, il meno clericale da decenni. Gli approcci dei commenti hanno sfumature diverse, ma sembrano convergere su questo punto. Già l’Uaar aveva commentato positivamente questa ‘anomalia’, mentre Famiglia Cristiana dal canto suo parlava con preoccupazione di “un’Italia con i cattolici relegati ancora in un ruolo marginale“, visto il modesto risultato della lista post-democristiana di Mario Monti. Anche l’Osservatore Romano e il cardinale Angelo Bagnasco lamentavano la scarsa rilevanza dei cattolici. Posizioni diverse nella sensibilità ma che arrivavano a conclusioni simili, non a caso messe a confronto anche da Rainews24.
La maggioranza dei cattolici impegnati in politica non si manifesta più
Arcigay, dopo il buon risultato tra i parlamentari del suo appello ‘Tempo Scaduto’, ha spronato la “maggioranza laica in Parlamento” e in particolare il leader Pd Bersani. Dai giornali e media di destra serpeggia d’altronde la percezione di un pericolo di deriva “zapaterista” e pro-gay. Proprio sul tema dei matrimoni omosessuali si soffermava Franco Bechis su Libero, paventando una maggioranza parlamentare ormai a favore.
Tra gli altri giornali che fanno riferimento alla destra, più esplicito è stato Gennaro Malgieri su Il Tempo. Malgieri, già deputato di Alleanza Nazionale e del Popolo delle Libertà, sostiene che nel nuovo Parlamento “nessun soggetto si richiama più, nel declinare i valori di riferimento, al cattolicesimo”. Addirittura, il voto cattolico sarebbe “affogato nella palude laicista” e la maggioranza dei cattolici impegnati in politica non si manifesta più, “temendo forse la censura del progressismo che ha egemonizzato culturalmente ogni aspetto della vita associata, veicolato soprattutto dal relativismo e dal secolarismo che hanno aperto la strada al nichilismo”, recita Malgieri ripetendo la vulgata cara all’ex papa Benedetto XVI che sprona(va) alla “nuova evangelizzazione”.
D’altronde se i parlamentari sembrano ostentare meno clericalismo, è anche perché sta cambiando la stessa società italiana e la politica ne sta lentamente prendendo atto. A poco a poco aumentano infatti coloro che si dichiarano apertamente atei e agnostici, mentre cala la pratica religiosa e la fiducia nella stessa istituzione Chiesa, come rilevato con preoccupazione anche da ricerche commissionate dalle diocesi. Anche le ultime elezioni hanno mostrato, stando a una indagine Ipsos, una crescente incidenza dei non credenti.
Nonostante il tentato ritorno di fiamma di Todi e poi del governo clerical-tecnico
A livello istituzionale poi, dopo il crollo della Democrazia Cristiana nei primi anni Novanta, i tentativi di riaggregare i clericali e i centristi - come quelli di Mariotto Segni e Sergio D’Antoni - sono falliti. I cattolici dichiarati si sono sparpagliati a livello bipartisan, ma il loro peso specifico va negli anni scemando. C’è forse uno spazio per i clericali “edonisti” alla Berlusconi, ma un esteso cuneo cattolico sembra ormai tramontato con la fine della Dc. Nonostante il tentato ritorno di fiamma di Todi e poi del governo clerical-tecnico di Monti, con successiva Lista elettorale di scarso successo.
Uno degli alfieri del confessionalismo italico, Pierferdinando Casini, lo ha ammesso e sembra propenso ad archiviare l’Udc dopo il minimo storico raggiunto con le recenti consultazioni. I suoi emigreranno però in altri lidi, come già accaduto col crollo della Dc: rischiando così di provocare anche in questo caso più danni che altro alla laicità politica, come ha rilevato l’Uaar nelle sue Tesi.
D’altronde, nonostante le rassicurazioni ’spirituali’, sono nati per il potere e anche il potere spirituale cattolico è nato, in Italia, grazie al potere politico. Fin dall’apertura dell’imperatore Costantino e passando per l’imposizione del credo cristiano come unica religione da Teodosio in poi. Difficile che mollino la presa, dunque, come si può per esempio notare dalle avances dell’Udc al centro-sinistra per le imminenti amministrative a Roma. E non hanno nemmeno fretta: in fondo, al momento, l’Italia è ancora diretta dal ‘governo Bagnasco’.
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