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Lo spauracchio parigino. Hollande sarà decisivo per la fine dell’euro?

Il 5 maggio in Italia, calcisticamente parlando, è una data che evoca ricordi particolari. Quest’anno però il 5 maggio potrebbe essere ricordato per ragioni diverse. Si tratta infatti della data in cui si svolgerà il secondo e decisivo turno elettorale in Francia per la scelta del Presidente della Repubblica. Il grande favorito é François Hollande, esponente del partito socialista, che dovrebbe scalzare - stando alle proiezioni dei sondaggi - Nicolas Sarkozy, il presidente uscente.

Un affezionato lettore del mio blog, Federico D. Carando, mi chiede se l’elezione di Hollande sarà decisiva per la fine dell’€. Secondo la sua visione, siccome “Hollande è un nemico giurato della Merkel” e soprattutto “ha già annunciato che metterà in discussione tutti i recenti accordi europei, a cominciare dal fiscal compact”, allora gli spread si allargheranno, i bilanci delle banche gronderanno sangue e inevitabilmente si arriverà al break-up dell’area euro.

Le sue osservazioni non sembrano peregrine, e della rilevanza della Francia, anche per l’Italia, ne abbiamo già parlato.

Vediamo insieme quanto sia verosimile questo spauracchio: intanto vi ricordo, con un pizzico d’ironia, come il partito socialista francese si sia ritrovato a candidare Hollande in seguito alla non spendibilità del candidato inizialmente previsto: Dominique Strauss-Kahn. L’ex direttore generale del FMI fu “pizzicato” in uno scandalo a sfondo sessuale, rivelatosi poi una montatura, che ha travolto la sua immagine. Dal direttore generale del FMi il partito é passato a candidare un soggetto che - parole sue - “combatterà il vero avversario: la finanza”. Potere della coerenza zero.

Le promesse di Hollande per la sua campagna sono:

  1. promuovere il supporto statale alle imprese;
  2. promuovere la crescita dell’occupazione (tra cui 60mila posti da insegnante pubblico e 150mila posti di lavoro per i giovani);
  3. riportare l’età pensionabile da 62 a 60 anni;
  4. aumentare la spesa pubblica di 20mld di € entro il 2017;
  5. coprire la spesa pubblica aggiuntiva tassando le banche, i redditi alti ed i patrimoni ingenti.

Pare abbia aggiunto in fondo una postilla: “Se non raggiungerò quattro di questi cinque obiettivi, mi impegno a non ricandidarmi…”, ah no, scusate, mi confondo con un altro…

Purificando le proposte dell’enfasi elettorale, possiamo dire che alla base delle iniziative di Hollande, rispetto a Sarkozy, ci sono una maggiore enfasi a iniziative di crescita economica, di sostegno all’occupazione, una politica energetica europea, regolamenti antitrust più severi. Dal punto di vista finanziario questo si traduce nella richiesta di una BCE meno “tedesca” e più interventista, una maggior spinta verso gli eurobond e maggiori risorse per un firewall che disincentivi la speculazione sui debiti degli Stati europei. La Francia di Hollande, dunque, si potrebbe aggiungere ai firmatari della famosa “lettera per la crescita” firmata da diversi Paesi europei e da cui - insieme alla Germania - era rimasta fuori.

Vi rammento infatti che mentre in casa il Governo italiano bacchetta e chiede rigore, quando si ritrova nelle sedi europee si esprime diversamente: “Se il nostro impegno alla disciplina e alla stabilità non verrà riconosciuto con una maggiore elasticità, e l’atteggiamento dei creditori non dovesse evolvere, finirà per arrivare una fiammata di ritorno su quei Paesi sottoposti a crescente disciplina e di conseguenza anche agli altri”. Insomma, lo sforzo del governo a Bruxelles é quello di non far fermare l’Europa alla teutonica visione di una permanent austerity, ma di evolvere verso una maggiore elasticità per il rilancio della crescita, anche attraverso la BCE.

Ma, ad esempio, la BCE ha potuto calcare un po’ la mano con Draghi proprio ‘spendendo’ l’allineamento di tutti ad una severa austerity. Che la richiesta di maggiore intervento possa arrivare da una Francia che quell’austerity la rinnega (almeno in parte) pur rafforzando un fronte, non faciliterà una risposta positiva.

Insomma l’elezione di Hollande genererebbe cambiamenti, e con ogni probabilità ai mercati i deragliamenti dai malfermi binari che sono stati posti non saranno molto graditi. Le istanze francesi, che nella sostanza chiederanno alla Germania un’Europa meno “teutonica” e un po’ più di tolleranza all’inflazione, metteranno la Germania in una difficile situazione politica: le elezioni incombono anche lì (autunno 2013) e la conservazione del consenso non passa certo per la rinuncia ai principi tanto strenuamente difesi del “più rigore per tutti”.

Una frizzante stagione ci aspetta dunque: una stagione in cui la politica, pur assoggettandosi alle esigenze economiche, proverà a ritrovare una propria identità. Per chi spende il proprio tempo a raccontare gli eventi sembra arrivare un periodo ricco di spunti…

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.4) 19 aprile 2012 14:41

    Mi auguro di si.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.226) 20 aprile 2012 08:53
    Damiano Mazzotti

    In Cina gli uomini vanno in pensione a 60 anni... Le donne dirigenti a 55 e le altre a 50... Per alcuni lavori molto pesanti si va in pensione prima... Vogliamo continuare a fare peggio dei cinesi? Quale nazione fa una guerra mandando una maggioranza di uomini dai 40 ai 65 anni? Nessuna, altrimenti la perderebbe. E l’Economia è una guerra che si combatte senza armi, quindi l’Italia se continua così, farà la fine che ha fatto nella Seconda Guerra Mondiale... E pure l’Europa... E potrebbe andare peggio: fare la fine dell’Europa dopo la caduta dell’Impero Romano

  • Di (---.---.---.185) 6 maggio 2012 10:51

    L’euro in realtà è il marco "travestito", infatti si può notare come la Germania sia il paese europeo che soffre meno la crisi. Altri paesi che non hanno adottato l’euro e fanno parte dell’Ue non soffrono così tanto la crisi. I paesi in cui le economie sono più deboli perchè non hanno mai avuto i conti in ordine ora pagano le conseguenze. Il problema di tali paesi non è da attribuire ai cittadini che non pagano le tasse, ma soprattutto alla pessima gestione che c’è stata negli anni precedenti. In Italia in particolare, bisogna ritornare indietro nel periodo in cui c’erano si facevano delle leggi per mandare in pensione persone all’età di 40 anni (parecchi ferrovieri), oppure i privilegi infiniti dei parlamentari, le pensioni dopo 2 anni, i loro stipendi troppo alti rispetto alla media europea, il numero di parlamentari (945 di cui 630 deputati e 315 senatori), i doppi incarichi, il numero delle auto blu, tutti i servizi e privilegi che non sto qui ad elencare. Poi gli stipendi dei manager pubblici, troppo alti rispetto agli impiegati. Basterebbe eliminare tali sprechi per ripartire, investire sulla ricerca che dapprima potrebbe essere un costo, però farebbe ritornare i nostri cervelli dall’estero e col tempo si vedrebbero i risultati in termini economici. Non si può continuare in questo modo, altrimenti come dice il sig. Damiano Mazzoti nel suo commento ritorneremo come il dopoguerra, praticamente alla fame, faremo la fine dell’Impero Romano, prima grande e potente poi finito nel nulla!!

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