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 Home page > Attualità > Cultura > Lo sberleffo antiracket - intervista all’attore Giulio Cavalli

Lo sberleffo antiracket - intervista all’attore Giulio Cavalli


Giulio Cavalli, attore e autore teatrale, è uno di quegli artisti che non hanno paura di usare la propria arte per raccontare la società. Lo ha fatto con lo spettacolo "Linate" e poi con "bambini a dondolo". Da poco è andato in scena "Do ut des", alla stesura del quale hanno partecipato magistrati, politici anomali come il sindaco di Gela Crocetta e giornalisti sul campo come Pino Maniaci. Da subito la mafia lo ha minacciato tentando di intimidirlo. Ma lui, sin silenzio, ha continuato a lavorare al suo spettacolo fino a quando, sabato scorso, un giornale locale ha svelato le minacce di cui era oggetto. Per questo oggi ha deciso di parlare. 
 
Tu sei stato minacciato qualche mese fa, eppure hai scelto di stare in silenzio pur continuando a lavorare sul tuo spettacolo sulla mafia. Per quale ragione?

Innanzitutto perché le forze dell’ordine (che fin dall’inizio mi sono state vicine) stavano prendendo le misure delle varie intimidazioni per poter percepire il reale pericolo e la provenienze delle minacce, poi perché lo pettacolo è in una fase embrionale, con tutte le pecche di forma e la coscienza in fieri che le opere acerbe si portano dietro. Credo che, anche se passati dalle lupare ai colletti bianchi, questi pessimi operai della manifattura della paura possano, nella loro zotica deviazione, trovare soddisfazione nel leggersi protagonisti sulle pagine dei quotidiani. La nostra (dico nostra perché con me ci sono Crocetta, Pino Maniaci, Giovanni Impastato e tanti altri che questo spettacolo l’hanno coccolato e allevato) operazione è ben diversa: coltivare la cultura dello sberleffo antiracket, un’antimafia estetica e di contenuti uncinettata sulla loro imbecillità (che non per niente partorisce come punto più alto bare mal disegnate).

La notizia delle minacce è trapelata d’improvviso. E alla tua insaputa. E’ accettabile che i media utilizzino informazioni delicate che possono mettere a rischio la vita e il lavoro di chi è stato minacciato?


Qui devo fare un appunto importante. Lavoro con amici che tra le altre cose sono giornalisti e che, inevitabilmente, si ritrovano "dentro" la notizia che decidono di tacere o raccontare. L’impacchettamento della notizia poi segue regole che inseguono l’eco con dinamiche che non conosco perfettamente e non giudico. Certo viviamo in un periodo in cui qualcosa succede solo quando diventa notizia, con una prostituzione dei fatti necessaria alla consapevolezza. Certo subito dopo la notizia sono bengodiane le sciantose che si spintonano per artefatti attestati di stima e sono desolanti i deserti dei tartari che intanto sotto germogliano inaspettati. In una situazione del genere cambiano i decibel del chiasso intorno ma è intatta la solitudine di fondo che le intimidazioni creano sempre "intorno" al destinatario.


Tu hai collaborato attivamente con Rosario Crocetta e Pino Maniaci. Condividendone la passione per la verità e la libera informazione. Cosa pensi di questa ondata di intimidazioni che si sono scatenate negli ultimi mesi?

Sul dovere di legalità, onestà intellettuale, e libertà di informazione non possono esistere obiezioni. Possiamo solo aspettarci la goffaggine di un esercito di quaglie che ancora ottuso pretende di volare. Se rumoreggiano le quaglie vuol dire che si sta lavorando bene. La tattica della paura è comica com’è la loro tragica comicità.


Lo spettacolo andrà vanti? Continuerai ad andare in scena sfottendo la mafia e i suoi riti?
 
Certo. Questo spettacolo e i miei compagni di viaggio per me sono un privilegio. Vivo tutto questo come uno stanislavskijano percorso di avvicinamento alla messa in scena. C’è di buono che almeno dei graffiti non dovremo pagare i

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