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Libertà, diritti e democrazia. Intervista al dissidente Wei Jinsgheng.

Qualche estratto di una lungimirante intervista realizzata da Harry Kreisler al più famoso attivista cinese per i diritti umani.

Tempo fa, curiosando tra gli archivi dell’Institute of International Studies dell’Università della California (IIS), mi imbattei negli estratti di un’interessante intervista attuata dal Professor Harry Kreisler (direttore dell’Istituto e presentatore del programma “Conversation with History“) ad una delle icone più rappresentative dell’attivismo cinese per i diritti umani e per la democrazia, Wei Jingsheng.

Principale leader d’opposizione contro la dittatura comunista di Pechino, per la sua attività antiregime Wei Jingsheng (oggi sessantaduenne) è stato condannato al carcere due volte per un totale di diciotto anni. Autore del saggio “La quinta modernizzazione“, pubblicato nel 1978, e dell’opera “Il coraggio di Stand Alone – Lettere dal carcere e altri scritti“, che raccoglie i suoi articoli scritti inizialmente sulla carta igienica della prigione, Jingsheng è stato ritratto da numerosi opinionisti con vari titoli, da “padre della democrazia cinese” a “Nelson Mandela della Cina”.

L’intervista, pubblicata il 18 novembre 1998, ripropone numerosi punti di riflessione, all’indomani del diciottesimo Congresso del partito comunista cinese, sulle tante peculiarità che non hanno smesso di investire il delicato tema delle libertà e dei diritti umani in Cina. Nonostante la conversazione risalga a quattordici anni fa, le parole e le considerazioni esposte nella seguente testimonianza da Wei Jinsgheng ad un anno dalla sua scarcerazione (avvenuta il 16 novembre 1997) rimangono molto attuali.

Ho deciso di tradurre una parte delle conversazioni, quelle che a mio avviso offrono una chiave di lettura decisamente pertinente alle contingenze attuali sotto una vasta gamma di fattori: da quelli politici, a quelli sociali per arrivare alle condizioni degli individui.

 

Harry Kreisler – Quali sono state le letture che ti hanno maggiormente influenzato da giovane?

Wei Jinsgheng. Non ricordo un libro in particolare, sono state tante le letture che mi hanno ispirato in gioventù. Per esempio, due antichi manuali cinesi, come La vita del generale Yue Fei e Tutti gli uomini sono fratelli, mi appassionavano parecchio. Alcune delle più importanti opere straniere che mi hanno colpito sono state quelli di Gorky, lo scrittore russo. Ma il mio libro preferito è Tess of the D’Urbervilles dall’autore inglese Thomas Hardy. Gli scrittori americani che ammiro di più sono Jack London e Mark Twain.

H.K. – E quali testi di London e Twain ti sono piaciuti in particolare?

Wei Jinsgheng. In particolare, mi piacciono i “duri” nei libri di Jack London, ammiro molto la descrizione di quei personaggi. Quello che mi piace di più in Mark Twain è il suo umorismo. Il suo umorismo è davvero meraviglioso. Ho scoperto che Mark Twain vede il mondo in maniera molto ottimista e divertente. Per questo mi piace tanto come autore.

H.K. – Pensi di essere stato influenzato dalle ribellioni e dalle politiche di riforma degli altri paesi?

Wei Jinsgheng. Naturalmente abbiamo tutti sentito parlare di loro. Tuttavia, la condizione della Cina non è esattamente la stessa di altri paesi. Per adattarci al nostro contesto abbiamo dovuto creare delle nostre idee e delle nostre motivazioni, che non sono state influenzate da altri. Certo, sono rimasto molto colpito dai discorsi di Vaclav Havel e dalle sue attività in Cecoslovacchia, così come dalle figure di Solzhenitzen e Sakharov. Ci hanno dato la grande speranza e un deciso incoraggiamento che il comunismo potesse essere rovesciato. Del resto, anche gran parte del nostro lavoro ha dato loro un’esortazione fondamentale. In realtà, i cambiamenti avvenuti in Europa orientale e in Russia non sarebbero mai cominciate senza il nostro importante contributo dalla Cina in chiave di attivismo per i diritti umani. È interessante notare come Havel e i suoi sostenitori siano stati arrestati e detenuti per la stessa durata di tempo in cui lo sono stato io. Sono stati arrestati solo due mesi dopo di me. E così, quando i comunisti in Europa e in Cina cominciarono le loro politiche di oppressione con la detenzione di queste persone, noi attivisti ci trovavamo nella stessa condizione, condividendo le stesse terribili esperienze, imparando gli uni dagli altri.

H.K. – Il saggio sulla quinta modernizzazione appare così semplice, eppure così potente a giudicare dal suo impatto. Cosa ne pensa?

Wei Jinsgheng. Penso che occorra interrogarsi su quali siano le vere paure dei comunisti. Allora si scoprirebbe che il sensore delle loro paure scatta nel momento in cui la gente comincia a capire, a condividere e a conoscere. La più grande minaccia per il partito comunista è che se la gente conosce i propri diritti, riesce immediatamente a comprendere la forza reale del proprio potere. Con “Le quattro modernizzazioni” i comunisti intendevano dire “Ascoltaci, ti daremo questa modernizzazione in cambio del tuo consenso”. Nel mio saggio ho semplicemente voluto interpretare la modernizzazione nel modo che ritengo più giusto. Così ho scritto “L’unico modo per modernizzare la Cina consiste nell’ascoltare le vere preoccupazioni della gente.” Per questo concetto i comunisti mi odiano.

H.K. – Quali sono le origini delle vostre battaglie per la democrazia? Si tratta di una vostra formazione permanente?

Wei Jinsgheng. In realtà, le richieste da parte della società cinese per la democrazia non sono iniziate ieri. I cinesi hanno incominciato ad interrogarsi sulla democrazia quasi un centinaio di anni fa. Il pensiero democratico ha influenzato un sacco di cinesi fino al punto da diventare popolare, così oggi tutti vogliono la democrazia. Quindi è stato un processo graduale. Tuttavia, si è trattato di un processo diverso per gli attivisti precedenti: nel 1950, la gente chiedeva la democrazia attraverso il comunismo. Ma oggi viviamo sotto il regime comunista, tuttavia della democrazia non vi è traccia.

H.K. – E che cosa ti ha dato il coraggio di mettere i tuoi documenti sul Muro della democrazia?

Wei Jinsgheng. Non è facile per me specificare una ragione. Sicuramente ho pagato un prezzo. E’ lo stesso che si paga in tutto il mondo, ma sotto il comunismo risulta essere un prezzo particolarmente pesante. Molte persone hanno cercato di parlare liberamente in Cina, pagando un prezzo maggiore del mio, visto che hanno perso la vita.

H.K. – Quindi, l’individuo può fare la differenza nel corso di storia. E’ la tua filosofia?

Wei Jinsgheng. Credo onestamente che ci siano poche possibilità per una persona di influenzare la storia. Le opportunità sono molto rare. Penso che nemmeno diventando presidenti si sarebbe in grado di cambiare la storia. Ma se si offrisse alla gente un nuovo modo di pensare al cambiamento, questa opportunità contribuirebbe sicuramente a cambiare il mondo. Se vuoi che la gente presti attenzione al tuo pensiero e che creda in te, la migliore alternativa a tua disposizione è quella di praticare liberamente senza desiderio di imposizione. Il carattere, la personalità e le capacità sono fondamentali per conquistare la fiducia delle persone. Un bugiardo non potrà mai conquistare la fiducia di nessuno.

H.K. – Quali sono allora le caratteristiche essenziali che dovrebbe avere buon leader politico?

Wei Jinsgheng. La gente riveste tantissime aspettative sulla figura del leader, ma realisticamente un “capo” non può essere in grado di soddisfare tutte le esigenze. Credo che ogni leader dovrebbe esaminare le condizioni di ciascuna richiesta. Ogni situazione è determinata da una particolare circostanza o da un particolare contesto; un vero leader non può permettersi di agire come se tutte le situazioni fossero uguali. Nessuna contingenza può essere la stessa.

H.K. – Quindi, per sua stessa natura, la leadership di un paese comunista sarebbe una leadership fallita?

Wei Jinsgheng. Sì, il partito comunista è una leadership non riuscita. Non a causa della personalità o delle caratteristiche dei suoi leader, ma perché il sistema di ideologia si impone intrinsecamente e, allo stesso tempo, opprime e soffoca le persone. Si tratta di un sistema guasto.

H.K. – Sei stato in carcere per quasi venti anni da prigioniero politico. Che cosa ti ha permesso di sopravvivere a quella prova?

Wei Jinsgheng. Beh, ciò che ha contribuito in maniera determinante alla mia sopravvivenza è stato credere in me stesso. Non importa quello che stai facendo, se credi in te stesso, ogni difficoltà non appare così grave. Le persone che si mettono in dubbio o che non sono sicure di se stesse saranno facilmente sconfitte da altre persone.

H.K. – Che cosa ha contribuito a fare nascere nella tua personalità questa presa di coscienza?

Wei Jinsgheng. Alcuni degli insegnanti che ho avuto – non mi ricordo nemmeno quali fossero i corsi – ma ricordo che tutti avevano una cosa in comune: si prendevano cura del prossimo. Non avevano soltanto a cuore i loro studenti, ma anche le altre persone. La loro preoccupazione per la gente ha avuto un grande impatto su di me. Quindi, il lavoro che sto svolgendo ora consiste, in primo luogo, nel prendersi cura di tutte le persone.

H.K. – Ad un certo punto della tua vita hai smesso di avere paura di ciò che i tuoi oppressori ti avrebbero potuto fare. In poche parole, hai cessato di avere paura della morte. E’ corretto?

Wei Jinsgheng. Ciascuno può avere paura della morte. Nessuno è un’eccezione. Ma ad un certo punto si deve fare una scelta. A volte è necessario scegliere di vivere, ma non come un individuo senza valore né ossa, come un traditore che rinnega i propri amici. Che senso c’è in questo tipo di vita? A volte è necessario fare una scelta: avrei preferito morire piuttosto che tradire i miei amici o vivere senza senso. La gente, a volte, avrebbe bisogno di trovarsi davanti a questa scelta.

H.K. – Scrivere in prigione è stato molto importante per la tua sopravvivenza?

Wei Jinsgheng. La più grande motivazione che mi spinse a scrivere quelle lettere era il fatto che molti leader comunisti, come Deng Xiaoping, Zhao Ziyang, Hu Yaobang, erano disposti ad ascoltarmi ed erano disponibili a leggere la verità in quello che stavo scrivendo. Perché non utilizzare questa occasione per fare qualcosa per il mio popolo? Questo è stato il principale fattore stimolante.

H.K. – Come vivevi la routine quotidiana che ti ha aiutato a sopravvivere alla prigionia?

Wei Jinsgheng. Durante il periodo in cui sono stato in isolamento, la missione più difficile era quella di non pensare ad una cosa per troppo tempo. In isolamento, così come in solitudine, pensare ad un fatto o ad una vicenda per diversi giorni può essere l’inizio di numerosi problemi mentali. Così, ho messo in pratica il mio stesso metodo di sopravvivenza per combattere questa tendenza, inventando costantemente creazioni scientifiche, scrivendo libri o cantando nella mia mente. Dato che non mi permettevano di cantare ad alta voce, ho cercato di cantare nella mente per portare le canzoni nel cuore. Queste attività sono molto efficaci per aiutare le persone a mantenere in uno stato positivo i loro spiriti. Dopo essere rimasto in prigione per più di dieci anni, sono venuto a conoscenza che molte delle invenzioni che avevo pensato in carcere erano già state ideate da altre persone. Mi trovavo un po' in ritardo.

H.K. – Hai studiato e imparato qualcosa di nuovo in prigione?

Wei Jinsgheng. In prigione non è stato possibile studiare qualcosa di nuovo, visto che la lettura di libri o giornali era strettamente controllata. Ma ho sempre cercato di tenermi aggiornato.

H.K. – Non pensi che i governi stranieri dovrebbero fare pressione sul governo cinese per far sì che questo cominci ad adottare un sistema democratico?

Wei Jinsgheng. Credo che questo sia l’unico modo in cui il governo comunista possa lasciare il suo potere. Negoziare con i governanti molto potenti non funziona, bisogna costringerli a rinunciare al loro controllo. Non importa se l’input proviene dal popolo cinese o da governi stranieri, occorre fare pressione sul governo cinese.

H.K. - Gli Stati Uniti hanno un ruolo particolare in questo processo?

Wei Jinsgheng. Credo che gli Stati Uniti siano il paese più importante del mondo. Le loro posizioni sono estremamente importanti. Il governo statunitense dovrebbe fare pressione sui comunisti cinesi per chiedere di prestare attenzione all'utilizzo del loro potere, questo tipo di approccio sarebbe in linea con gli stessi interessi economici e politici degli Stati Uniti in Cina.

H.K. - Pensi che gli americani siano troppo ossessionati dal potenziale del mercato cinese al punto da aver dimenticato il rapporto tra mercato e democrazia che così dettagliatamente descrivi nel saggio "La quinta modernizzazione"?

Wei Jinsgheng. Il problema è che gli americani hanno sempre creduto erroneamente che esista un enorme mercato attraente in Cina. Questa è una menzogna creata da uomini d'affari americani per ingannare il popolo degli Stati Uniti. Perché lo fanno? Deng Xiaoping una volta disse: "Lasciamo che tutti i capitalisti occidentali vengano a investire in Cina. Una volta che lo avranno fatto, saranno al nostro fianco." Ma dietro questa frase si nasconde, tra le righe, un'altra verità ben più agghiacciante: "Se non saranno al nostro fianco, potremmo sempre confiscare i loro beni" Questo rappresenta a tutt'oggi la più grande minaccia per i capitalisti americani.

H.K. - Questa intervista sarà messa su Internet. Quale messaggio vorresti dare al popolo cinese se dovessero leggere queste conversazioni, dalla Cina, su Internet?

Wei Jinsgheng. Direi loro la cosa più importante: di non avere paura. Chi non si decide ad unirsi per la difesa dei diritti e degli interessi collettivi, in uno stato di totale mancanza di libertà, non sarà mai davvero libero. Esistono tanti cinesi che hanno una sorta di dipendenza fatalistica dalla fortuna. Pensano: "Se mi assumo un rischio che mi condurrà al successo, potrò certamente beneficiare di questo, ma se il rischio mi porterà al fallimento non voglio perdere." In realtà, qui non si tratta di successo o fallimento. Fino a quando tutti i cinesi non potranno godere della libertà e dei diritti, nessuno sarà in grado di proteggere la propria libertà e i propri diritti. Questo ragionamento è molto semplice.

H.K. - Un tema che emerge anche nei tuoi scritti. Se l'individuo si preoccupa consapevolmente per i suoi interessi, questi si potranno conciliare con gli interessi del bene comune.

Wei Jinsgheng. Sì, occorre avere assolutamente fiducia in se stessi e occorre persistere per raggiungere i propri obiettivi. Se davvero si crede in un determinato obiettivo, si giungerà sicuramente al successo. Sarebbe un peccato rinunciarvi a metà strada.

H.K. - Quali sono gli insegnamenti che ti senti di offrire agli studenti sulla vita, sul tuo impegno e sulla tua lotta per i diritti umani in Cina?

Wei Jinsgheng. Tutto dipende da loro. Se vogliono veramente fare qualcosa per il futuro del popolo cinese e per l'umanità, penso che potranno imparare molte cose. L'aspetto più importante è legato al proprio carattere e alla conduzione di se stessi. Non fate affidamento sulla tua fortuna. Formate la vostra determinazione partendo con il creare una forte fiducia in voi stessi. Se un obiettivo è motivato e legittimo, non importa quanto sia grande il sacrificio, va raggiunto. Se tutti, nella nostra società, riusciranno ad impegnarsi con questa consapevolezza, l'umanità potrà soltanto progredire.

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