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Liberi o non liberi? Questo è il problema…

In questi giorni di inizio di un nuovo anno può essere utile riflettere sulla libertà nella nostra società e si può farlo attraverso l’analisi dell’opera molto chiara e diretta di tre studiosi che parlano come mangiano: Giulio Giorello, Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe (che ha curato la postfazione).

Nel libro “Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti” (Bompiani, settembre 2008), si apre una sfida tra un filosofo "cattolico" (Antiseri) un “ateo protestante” (Giorello) e un “ortodosso” (Tagliagambe) per l’affermazione del pluralismo e la negazione dell’assolutismo (o dogmatismo teologico). Si confrontano quindi la Scienza, la Religione, la fede e la libertà d’espressione come nel contemporaneo esperimento della nostra “Società Aperta” occidentale (Popper) . La molteplice indagine filosofica, prende in esame il modo in cui ci raffiguriamo noi stessi e gli altri, e la maniera di pensare e creare la rete di relazioni. Ciò è utile per poter costruire uno spazio politico civile di convivenza e cooperazione, e per abbandonare e dimenticare la banale, sterile e opportunistica spartizione del potere (come accade nelle attuali burocrazie partitiche).

Ma veniamo al nocciolo del Relativismo: Giovanni Papini nel suo libro “Sul pragmatismo” (1903-1911) dimostra il suo amore per le “verità provvisorie ma operanti” rispetto all’ebbrezza degli assoluti (irremovibili e quindi ostacolanti), mentre Bruno de Finetti considerava utile il relativismo in quanto “non causa alcun danno, e molti ne evita” (L’invenzione della verità, 1934-2006, Raffello Cortina). Perciò il relativismo si può paragonare al corridoio che all’interno di una casa permette la libera circolazione e la globale comunicazione con tutte le altre stanze (Papini) ed evita l’imprudenza di garantire una certa concezione per tutta l’eternità, quando il domani può smentirla e quando nessuna bacchetta magica può trasformare una verità in una verità assoluta valida per tutti gli spazi sociali (de Finetti). L’apparente disordine epistemico garantisce una libera competizione di idee, tenendoci lontani da ogni discriminazione, compiuta in nome di un Dio o di nessun Dio. Del resto “che cosa ha reso le nazioni europee un settore dell’umanità che si evolve e non resta statico? Nessuna loro intrinseca superiorità, ma piuttosto la notevole diversità di caratteri e culture. Individui, classi e nazioni... diversi gli uni dagli altri: hanno tracciato una gran quantità di vie, che portavano tutte a qualcosa di valido; e anche se in ogni epoca chi percorreva vie diverse non tollerava gli altri, e avrebbe giudicato ottima cosa costringerli tutti a seguire la sua strada, i tentativi reciproci di impedire il successo altrui hanno raramente avuto un successo definitivo, e a lungo andare tutti hanno avuto la possibilità di recepire i risultati positivi altrui… Ma è una dote che si sta già riducendo in misura considerevole” (John Stuart Mill, Saggio sulla libertà).

Lo spirito critico e lo scetticismo sono quindi le armi del nostro sistema immunitario psicologico che ci consentono di sopravvivere agli attacchi dei fondamentalismi religiosi e dei totalitarismi politici e pseudoscientifici. Inoltre questa filosofia si può poi estendere anche all’economia. Infatti il Premio Nobel John Harsanyi afferma: “gli interessi di ciascun individuo devono essere definiti… nei termini delle sue proprie preferenze personali e non nei termini di ciò che qualcun altro pensa sia bene per lui” (Comportamento razionale ed equilibrio di contrattazione, 1977).

Pure il filosofo cattolico Dario Antiseri è dell’idea che “nel campo di coloro che cercano la verità non esiste autorità umana, e chiunque tenti di fare il magistrato viene travolto dalle risate degli dei (Einstein), anche se ritiene giusto “accettare il pluralismo senza accettare quella forma di relativismo intesa quale non fondabilità razionale dei diversi sistemi etici” (p. 53). La sua storia di filosofo “è quella di un uomo che è vissuto da cattolico sincero e sincero liberale; che quindi ha rinunciato a tutto quello che nel cattolicesimo non era compatibile con la libertà, e a tutto quello che in politica non era compatibile con la cattolicità” (Lord Acton). Infatti la complessità della storia e delle culture umane si può sintetizzare nel pensiero di Pascal sulla giustizia: “Ho veduto tutti i paesi e gli uomini cambiare; e così, dopo molti cambiamenti di giudizio nei confronti della vera giustizia, mi sono convinto che la nostra natura è continuo mutamento, e da allora non ho più mutato (giudizio). E se mutassi ancora, confermerei con ciò la mia opinione” (Pensieri, 300°). In realtà l’uomo non conosce ancora la vera giustizia, poiché “se la conoscesse egli non avrebbe certo stabilita questa massima, la più generale tra quante han corso tra gli uomini: ognuno si attenga alle costumanze del proprio paese” (Pascal riprende quindi le idee di Montaigne).



Al di là di questa norma di condotta, non esiste una legge naturale e generale, anche se, su questa Terra, le culture evolvono e si contaminano a vicenda, anche se, alcune culture creano identità più aperte e tolleranti nei confronti degli altri. Però la cultura europea sembra più portata a cambiare e migliorare: “L’ideale umanitario dell’Europa appare veramente e indissolubilmente legato alla libera espressione delle proprie opinioni, in certa misura al libero arbitrio degli individui, allo sforzo verso l’obiettività di pensiero esente da considerazioni di puro tornaconto, e all’incoraggiamento delle differenze in materia di idee e di gusti” (Einstein). E anche un pensatore laico come Popper riconosce che è stata la forza dello spirito cristiano a far diffondere il principio che “non esiste uomo che sia più importante di un altro uomo” (alcuni Papi a volte sembrano pensare e agire diversamente). La dottrina centrale del cristianesimo (al di fuori di tutte le dottrine manufatte dalla Chiesa di Roma) “Ama il prossimo tuo come te stesso” è il fondamento di tutte le dottrine etiche attuali (nell’ipocrita Italia in realtà è stato trasformato in ama la tua famiglia come te stesso). Di certo nella teologia cattolica “occorrere riabilitare la regola di Ignazio di Loyola, affermando che quello che la chiesa gerarchica stabilisce nero, lo si deve dire bianco, se la nostra indagine nella ricerca della verità e del bene ci porta a vederlo bianco” (Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, Raffaello Cortina, 2007).

Invece Silvano Tagliagambe ci parla degli effetti positivi e negativi della tecnologia nella società della conoscenza e dell’immagine che rende sempre più evidenti i limiti dei sensi umani che sono predisposti ad essere ingannati e quelli della razionalità a cui non viene lasciato il tempo per riflettere. Poi c’è la manipolazione delle circostanze che vengono create sempre più spesso ad arte dai detentori del potere attraverso la “tecnica spin” che utilizza immagini vere estrapolate da altri contesti o da fonti falsate e da situazioni confuse. C’è però anche l’aspetto positivo della tecnologia come quello determinato dall’economia dell’informazione in rete che aumenta “l’efficacia della produzione non di mercato… l’ambiente di rete rende possibile una nuova modalità di organizzare la produzione radicalmente decentrata, collaborativa e non proprietaria, basata sulla condivisione delle risorse e degli output tra individui dispersi… che cooperano senza dipendere né dal mercato né dagli ordini dei manager” (Yochai Benkler, La ricchezza della rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta la libertà, Bocconi Editore, 2007). E’ la “produzione orizzontale basata su beni comuni” delle comunità aperte, non gerarchiche e non strutturate, come l’enciclopedia on line Wikipedia e i fenomeni di scambi di informazioni culturali da parte di blog, community e network (la “wikinomics”).

Infine è utile riportare la riflessione che Norberto Bobbio fece sulla religione: “La religione c’è: perché c’è? Perché la scienza dà risposte parziali e la filosofia pone solo domande senza dare risposte. E segnalo pure l’affermazione di Wittgenstein: “Credere in Dio vuol dire vedere che i fatti del mondo non sono poi tutto”.

Comunque ci sono anche strani modi di vivere la libertà, perché, “a volte vince davvero la verità: qualche errore ha lottato per lei (Friedrich Nietzsche, Aurora, 1881). E sono i fondamentalismi religiosi e politici che non ammettono errori i primi a crollare quando emergono i limiti dei loro dogmi e delle loro imposizioni.

P.S. Conclusione finale: è nella natura degli uomini sparare stupidate ed è nella loro seconda natura crederci (e questo vale per i cittadini, gli scienziati, i politici e le innumerevoli personalità religiose). E nella società occidentale che ha preso il Babbo Natale della Coca-Cola e lo ha trasformato in tradizione, l’interesse non mente mai e ha sempre ragione (Babbo Natale nasce da una pubblicità della famosa bibita).

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