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Lettera ai giovani

Noi generazioni di sessantenni, figli del dopoguerra.

Quando da consumare c’era ben poco, e per moltissime famiglie il problema era mettere insieme il pranzo con la cena. Quelli che hanno visto partire, in cerca di lavoro, intere generazioni in Germania, Belgio, Australia, ecc. Noi che siamo rimasti in Italia per cambiare le cose. Che abbiamo attraversato gli anni della contestazione. Noi giovani, all’ora, che cominciavamo a prendere coscienza di noi stessi, a scoprire il legame imprescindibile che legava la nostra realtà interiore a quella esteriore, a trasformare il bisogno personale in pratica politica diretta, in aperto contrasto con quella che era stata la generazione dei nostri padri. “Noi sessantottini”. Tutta una giovane generazione che straripava impetuosamente e simultaneamente dai vecchi argini, compresi confini geografici e frontiere politiche. Illusione, utopia, immaginazione al potere. Fu da questa forte spinta ideale che partì la contestazione del ’68, esplosione incontenibile di idee e di creatività, “folle”, utopica voglia di libertà e felicità, carica di grandi speranze in un futuro diverso.

Anche nei dibattiti e informazione, era tutto un incontro e scontro su punti di vista diversi. Oggi il dibattito è tutto rinchiuso dentro una scatola luminescente, accesa svogliatamente la sera. Ed una società, che gli sta al cospetto, che assiste silente. 


C’è una domanda che oggi ricorre spesso, ed è quella che ci chiediamo “se” e “come mai” i giovani di oggi si dimostrino indifferenti verso un cambiamento generazionale? In quest’Italia che avrebbe bisogno di un forte rinnovamento politico e culturale. Forse una chiave di interpretazione può rintracciarsi proprio nella post-rassegnazione e revisione concretizzata nelle figure di noi Padri, con la caduta delle illusioni. Hanno visto noi venire a patti con la realtà, e i giovani, si sa, amano il sogno. Occorre, dunque, dare a loro una nuova utopia da rincorrere? Un nuovo sogno da realizzare? Se sì, chi dovrà dare l’input? Forse è la rivoluzione dimenticata? Quel rapporto tra autorità e base che oggi sembra non esistere più.

Il ragionare, ad esempio, sul perché della nostra presenza in Afghanistan, sull’economia sostenibile, sul futuro del nostro paese, sui massimi sistemi ecocompatibili, verso la riscoperta di un nuovo umanismo ed un diverso risorgimento. Tutti temi che aspettano una risposta, una nuova utopia da rincorrere, basata sull’abilità di determinare giusto o sbagliato, che affermano la dignità e il valore di tutte le persone. Cari giovani, il futuro è vostro, forse noi, figli del dopoguerra, ci siamo distratti, confusi, dispersi. “Noi che eravamo quattro amici al bar”… Provateci anche voi a cambiare il mondo! Non è un rimprovero ma, una speranza, lo stato d’animo di chi è fiducioso negli avvenimenti futuri.

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