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Le nuove norme anti-corruzione – I pubblici appalti

Le nuove norme anti-corruzione – I pubblici appalti

In tema di normativa anti-corruzione non si può certo prescindere dal settore dei pubblici appalti, purtroppo da sempre al centro di illegalità di vario tipo; e, per farlo con cognizione di causa, è utile risalire ai tempi della Prima Repubblica e valutarne l’evoluzione.
 
A quei tempi ben pochi erano i lavori pubblici non “assegnati”, dove per “assegnato” si intende un lavoro il cui affidamento in appalto è fatto ad un soggetto predeterminato. Diciamoci sino in fondo la verità delle cose, senza sconto alcuno.
Solitamente il lavoro era in perdita: con questo artificio si tenevano lontane le imprese non concordi con l’“assegnazione”, ossia si metteva un forte freno alla concorrenza.
 
Una delle battute correnti nelle grandi famiglie di imprenditori era quella sulle nuove generazioni di figli e di nipoti, i quali, affacciatisi per la prima volta in azienda, cominciavano a far conti su conti sui lavori da acquisire (facevano quella che si chiama contabilità industriale) ed arrivavano alla conclusione che non era possibile proporsi per nessuno di essi. Preso il lavoro, o meglio avutolo “assegnato”, ci si cominciava a lavorare sopra; immancabile la perizia di variante e suppletiva (questo termine equivale a “con aumento di spesa per l’Amministrazione”). Si attuava così una trasformazione dell’appalto, da cui veniva fuori l’utile. All’utile, poi, si attingeva per gli oneri del politico “assegnatario”; ed anche per gli oneri dei funzionari preposti a vario titolo alla gestione dell’appalto; ed anche per gli oneri di cantiere di tipo straordinario, se vogliamo così chiamare il pagamento del pizzo alla malavita organizzata.
 
Con Tangentopoli e con le conseguenti profonde riforme della normativa sui pubblici appalti, posti sotto il diretto controllo dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti della Pubblica Amministrazione, le cose sono cambiate. Qualcuno ha detto che i politici hanno risolto il problema della tangenti mediante i pubblici funzionari.
 
Chissà cosa voleva dire. Il fenomeno dell’“assegnazione” è venuto meno; il resto, invece, è rimasto; anche il fatto che tutti i lavori sono in partenza in perdita.
 
Cosa ha comportato tutto ciò? Innanzitutto una immane moria di imprese: cambiato il sistema, quasi nessuno dei soggetti che operavano nella Prima Repubblica si è adattato a quello nuovo. Si è avuto così un ricambio ed i nuovi venuti si sono rapidamente suddivisi in tre categorie:
 
1. Quelli che ricorrevano ancora alle mazzette per riportare in utile le commesse;
 
2. Quelli che ottenevano quel che volevano dai pubblici funzionari facendo uso di metodi illegittimi e sbrigativi, che il lettore può ben immaginarsi;
 
3. Quelli che, alla fine, si arrendevano e chiudevano l’attività o cambiavano settore.
 
E’ nato così, ad esempio, il fenomeno dei malavitosi non più dediti alla raccolta del pizzo, ma diventati imprenditori essi stessi, vedi punto “2”; come ad esempio nel litorale domiziano, a Casal di Principe e dintorni; ed anche in Sicilia alcune località hanno visto un incremento esponenziale di aziende del settore dei pubblici appalti con la sede sociale nel loro territorio (praticamente una impresa ad ogni porta).
 
Oggi non vi è sequestro di beni a soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, in cui non si registrino fra i beni sequestrati impianti di betonaggio, ditte di movimento di terra, imprese edili e così via. Tutte aziende floride; e come potrebbe essere il contrario, attesi i metodi utilizzati nella loro gestione?
 
In ogni caso, come un cancro che si espande in un organismo raggiungendolo a poco a poco in ogni sua parte, le imprese, diciamo così, normali sono state a poco a poco soppiantate da imprese che ricorrono alla corruzione, all’estorsione ed anche ad entrambe. A tal punto che non è irreale ipotizzare una crisi sistemica, una vera e propria implosione del settore dei pubblici appalti. E la cosa è così grave che persino i politici, solitamente in tutt’altre faccende affaccendati, se ne cominciano a preoccupare.
 
Nella confusione del momento, una certezza sta facendosi strada: aumentare le pene per i reati relativi alla corruzione è del tutto inutile, da sola è una misura demagogica in vista delle prossime elezioni. Sono ben altre le norme anti-corruzione di cui ha bisogno il settore dei pubblici appalti. Forse si dovrebbe ascoltare quanto ha da dire l’Autorità di Vigilanza, che è stata formata proprio con questo scopo.

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