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Lampedusa, in morte delle spirito italiano

Non piangiamo i morti in mare; vale loro meglio il silenzio della nostra vergogna. Piangiamo lo sfregio alla nostra storia; l’anima perduta del nostro paese. 

Troveremo un modo di assolverci. Sarà colpa di questo e di quello. Degli scafisti criminali, giustamente. Dell’Europa, ovviamente; dell’orribile lontana Europa a cui diamo tutte le colpe. Tireremo in ballo la necessità di proteggerci dall’invasione, anche contro la minima logica (650 mila stranieri entrano in Italia ogni anno dalle frontiere; 30 mila, si stima, dal mare); parleremo di fatalità. Troveremo, certo che le troveremo, ci stiamo già lavorando, le maschere dietro cui nascondere la nostra codardia. E per continuare a commuoverci senza fare nulla.

Penso a Giulietta. Era stata fascista lei. Fascistissima. Per lei il duce aveva voluto dire 40 ore la settimana in tessitura, il sabato libero e la colonia estiva per il figlio. Non ha avuto dubbi, però, nel novembre o dicembre del '44, su un tram di Legnano, quando le SS sono salite a controllare i passeggeri. Ha sollevato la gonna: come lei han fatto le compagne sedute al suo fianco, e hanno lasciato che sotto la panca s’infilasse un ragazzo morto di paura. Un ebreo, un partigiano o quel che fosse: comunque un povero cristo. Un episodio? Uno dei mille che ci permettevano fino a ieri di girare a testa alta. Un governo infame aveva emanato le leggi razziali, ma il popolo italiano nel suo complesso (basta leggere Hannah Arendt a riguardo) fu tra i pochissimi a non rendersi complice dell’olocausto. E poi? Volete ridere? Quando i tedeschi si ritirarono, Giulietta e le compagne andavano a portar loro da mangiare. Glielo lasciavano, anzi, lungo i bordi della strada; perché saranno stati sconfitti, ma restavano tedeschi e facevano paura. Ma erano anche figli di mamma e si vedeva che avevano fame.

Non avevano letto molto quelle donne, non sapevano cosa fosse la televisione e saranno andate ben poche volte al cinema, ma sapevano riconoscere l’umanità degli altri. Noi non ne siamo più capaci perché abbiamo perso la nostra, spazzata via da una squallida modernità d'accatto assieme alla nostra identità e alla nostra storia. Alienati da noi, come Pasolini aveva predetto, ci siamo ridotti a monadi: televisive, interconnesse, o quel che volete, ma comunque solo micragnosi individui ciechi a tutto. Che tutto guardano, lontano, sugli schermi, e niente vedono.

Comunisti, azionisti, cattolici o addirittura fascisti che fossero, i nostri nonni erano poveri ma non miserabili. Avevano poco, quegli italiani, ma erano capaci di rischiare la propria vita per un sogno, un ideale, una bandiera. O, come Giulietta, solo per aiutare uno sconosciuto.

Miserabili siamo noi, vaga associazione dei consumatori che convivono sul suolo della Repubblica, capaci di ridurre tutto ad una questione di entrare ed uscite. E neppure di farlo bene. Solo così, abbiamo potuto accettare che fossero approvate, in nome e per conto nostro, le leggi per i respingimenti in mare.

Il nostro silenzio, mentre le nostre navi riportavano quella gente a morire in Libia, ci vale questa condanna. L’applauso di alcuni sciacalli tra noi, ci copre oggi d’infamia. 

 

Foto: Carlo Alfredo Clerici/Flickr

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