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 Home page > Tribuna Libera > La soluzione al problema dell’immigrazione

La soluzione al problema dell’immigrazione

La soluzione al problema dell’immigrazione non passa solo attraverso una conversione culturale e sociale, che permetta la vittoria della civiltà del riconoscimento su quella della chiusura mentale, alimentata dalla paura di perdere bisogni primari e identità di appartenenza. La paura del diverso, in tempo di crisi economica e quindi sociale, emerge nella popolazione più soggetta alla perdita di ciò che faticosamente ha conquistato; è la parte più irrazionale. Invece di prendersela con chi ha creato la crisi e con il dolore che essa procura, se la prende con altri disperati in una lotta tra poveri per la difesa della sopravvivenza.

Sono decenni che il problema immigrazione non trova soluzione da parte di governi di destra e di sinistra. Ancora oggi si da attenzione agli effetti e non alla causa primaria, al motivo che provoca il flusso inarrestabile di persone disperate che vogliono giustamente trovare un futuro nel nostro paese, in quanto nel loro non esiste nessuna possibilità. E' venuto il momento di affrontare il problema, là dove inizia, perché altrimenti tutto quello che viene fatto per accogliere e salvare i disperati servirà solo sotto il profilo umanitario, ma gli sbarchi a Lampedusa non cesseranno mai.

L’Italia deve cambiare la strategia, ma è indubbio che da sola non può affrontare un problema umano così gigantesco. I governanti italiani devono fare proposte alternative, chiedendo risorse economiche da indirizzare verso quei paesi dove la povertà e la fame sono un problema endemico che i governi di questi martoriati paesi da soli non possono affrontare. L’Europa tutta deve farsi carico di una nuova strategia che dia alle popolazioni un motivo per non scappare dalla miseria e restare, per costruire un futuro migliore invece di intraprendere un viaggio infernale senza la certezza di arrivare vivi alla meta.

I punti di questa nuova strategia, sono: 


1) dare un reddito di sopravvivenza che garantisca una vita migliore. 
2) Sostenere con il micro credito lo sviluppo lavorativo per creare attività individuali e collettive e iniziare così un percorso evolutivo socio-economico-produttivo.

La strategia deve distinguere chi scappa dalla guerra da chi scappa dalla fame e dalla povertà. Per i primi il reddito non serve ma servirà l’accoglienza, come avviene da sempre garantendo ciò che prevede la legge italiana sui profughi e rifugiati politici. Quello che avviene da decenni è che nei barconi pieni di persone non si distingue tra le due tragedie, in quanto tutti scappano da qualcosa e non è facile distinguere per trovare le soluzioni. Le leggi italiane tutelano chi scappa dalla guerra, mentre chi scappa dalla fame è considerato un clandestino e quindi non ha gli stessi diritti e rischia l’espulsione e di dover ritornare all’inferno dove è partito. 


I due punti sono l’unica soluzione ragionevole e funzionale per dare una speranza di vita a chi non possiede niente, al tempo stesso sono un investimento economico e culturale che investe sulla promozione dello sviluppo nei paesi d'origine. Non si tratta di assistenzialismo senza responsabilità per chi riceve un reddito di sopravvivenza, ma di investire sul capitale umano dandogli gli strumenti economici e organizzativi per rendere le persone capaci di costruire da sole il loro futuro.

Certamente questo richiede lo sforzo dei paesi che compongono la comunità europea e il parlamento è la sede ufficiale per dare a questi punti il via libera e per stanziare i soldi necessari per attuare un piano economico e umanitario di questa portata epocale. L’Europa non può continuare a fregarsene dei disperati di cui solo l’Italia si fa carico, da troppo tempo; il tempo delle emergenze deve finire e bisogna passare ad un piano più ampio per salvaguardare la stessa comunità europea da divisioni e razzismi e per evitare che un continuo esodo verso l’Italia e l’Europa possa minare la convivenza civile, come sta già avvenendo da tempo.

Foto:  noborder network, Flickr

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.49) 30 luglio 2014 13:30

    Salvo eccezioni, tutti vorrebbero continuare a vivere dove sono nati. Tutti, in genere, amano il loro Paese e in quello vorrebbero che si svolgesse la propria vita. 
    E’ una delle verità più note e banali, ma è anche una delle meno considerate nei tanti ragionamenti che si fanno in merito al fenomeno dell’immigrazione.

    Se la si considerasse si dovrebbere prendere in esame i motivi che spingono le persone a lasciare il loro Paese, spesso rischiando la vita, e ad ingrossare il numero dei migranti che bussano alla nostra porta.

    Allora si dovrebbere anche prendere atto che tra i motivi più forti ve ne sono alcuni determinati dalle nostre azioni, dalle azioni dei Paesi cosiddetti progrediti. Gli stessi che poi si lamentano del fenomeno dell’immigrazione.

    Basterebbe evitare di fare guerre "umanitarie" che distruggono la struttura e gli equilibri interni di certi Stati e che sono la causa prima e diretta dell’emigrazione in massa dai medesimi.

    Basterebbe evitare di corrompere le classi dirigenti di certi Paesi per facilitare lo sfruttamento delle loro risorse naturali, causando in tal modo miseria nella popolazione e violenza repressiva che la spinge ad emigrare.

    La cattiva coscienza del cosiddetto occidente si manifesta soprattutto nell’ipocrisia di chi tenta di disconoscere le proprie responsabilità.

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